Germania, la locomotiva a due velocità
Pubblicato il 20 dic 2013
di Jacopo Rosatelli – il manifesto – Bisogna fare come in Germania». Lo ripetono tutti i fautori delle cosiddette «riforme strutturali», ignorando le voci di quanti (economisti critici, sindacati e sinistre di alternativa) provano a mettere in discussione il dogma dell’infallibilità teutonica. Se è vero che l’economia della Repubblica federale gira molto di più di quella di tanti altri paesi, è altrettanto certo che non è tutto oro quel che luccica. Se n’è avuta un’ulteriore conferma ieri: una delle principali organizzazioni tedesche del «privato sociale», il Paritätischer Gesamtverband, ha presentato il suo annuale «Rapporto sulla povertà», da cui si ricava un’immagine della «locomotiva d’Europa» tutt’altro che esemplare. I numeri, infatti, dicono che il disagio sociale continua ad aumentare anche da quelle parti.
Nella ricca Germania contemporanea esiste un 15,2% della popolazione che si trova in condizioni di povertà. È una cifra — record negli ultimi 10 anni — che comprende tutte le persone che, vivendo da sole, guadagnano meno di 869 euro al mese, o le famiglie di quattro componenti (con due bambini sotto i 14 anni) che dispongono di meno di 1.800 euro mensili. A crescere è anche il divario tra le regioni. Mentre nei Länder meridionali tradizionalmente più benestanti, e cioè la Baviera e il Baden-Württemberg, la quota di poveri è in lieve diminuzione (si attesta all’11%), piove sul bagnato nelle zone più svantaggiate, che corrispondono — con l’eccezione della città–Land di Brema, prima nella triste classifica dell’indigenza — alla Germania orientale.
L’ex Repubblica democratica tedesca (Ddr), nonostante gli innegabili progressi dalla riunificazione, resta un’area di malessere: si annoverano oltre il 20% di poveri in Meclemburgo (regione d’origine della cancelliera Angela Merkel), a Berlino e nella Sassonia-Anhalt (il Land di Magdeburgo). Si tratta di territori dove — non a caso — l’estrema destra raccoglie il massimo dei suoi consensi: la Npd (su cui da un paio di settimane pende una richiesta di messa fuorilegge) alle ultime regionali ha ottenuto il 6% in Meclemburgo e il 4,6% in Sassonia-Anhalt, e nei quartieri economicamente depressi di Berlino est, come Lichtenberg e Marzahn, supera il 5% insieme alla lista xenofoba Pro Deutschland. Un arcipelago, quello neonazista, che resta minaccioso, come dimostrato dalle numerose manifestazioni anti-immigrati organizzate durante la campagna elettorale degli scorsi mesi di agosto e settembre.
L’organizzazione che ieri ha presentato il rapporto chiede al governo di sostenere i comuni delle aree più disagiate e di investire in un pacchetto di misure per combattere la povertà: impegni che, sulla carta, figurano nel programma del neonato esecutivo di grosse Koalition fra democristiani (Cdu-Csu) e socialdemocratici (Spd). Dove manca, però, quella tassa patrimoniale che sarebbe servita proprio a reperire risorse utili a tali scopi. Un’imposta che la Spd aveva promesso, come sottolinea in ogni occasione utile la Linke.
La principale forza di opposizione — in un parlamento dominato per tre quarti dalla maggioranza di governo — ha voluto ricordare che proprio ieri cadeva una ricorrenza non felice: il decennale dell’approvazione delle «riforme» conosciute come Hartz IV. Volute dal governo di Gerhard Schrö-der (una coalizione Spd-Verdi), ma sostenute anche dal centrodestra, quelle misure ridussero le prestazioni dello stato sociale tedesco nei confronti dei disoccupati, al fine di «modernizzare il mercato del lavoro». Per la Linke non hanno rappresentato altro che «decretare la povertà per legge».
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