Angela Merkel, atto terzo

Angela Merkel, atto terzo

di Jacopo Rosatelli – il manifesto

Angela Mer­kel, atto terzo. Oggi la lea­der dell’Unione cristiano-democratica (Cdu) si pre­senta di fronte al Bun­de­stag, la camera dei depu­tati tede­sca, per essere nuo­va­mente inve­stita can­cel­liera della Repub­blica fede­rale di Ger­ma­nia. Accade per la terza volta: nel 2005 era alla guida di un governo di grosse Koa­li­tion, quat­tro anni dopo a capo di un’alleanza con i libe­rali (Fdp), e ora di nuovo «grande coa­li­zione» con il par­tito social­de­mo­cra­tico (Spd), ma a con­di­zioni molto diverse dalle pre­ce­denti. Al suo debutto da can­cel­liera, Mer­kel veniva da una non-vittoria «alla Ber­sani»: par­tita con il vento in poppa nei son­daggi, perse ter­reno in modo cla­mo­roso nel corso della cam­pa­gna elet­to­rale e arrivò al punto di farsi supe­rare da una Spd con­dotta da Gerhard Schrö­der.

Ora il diva­rio fra i due par­titi è di enormi dimen­sioni: 16 punti di distacco alle ele­zioni dello scorso set­tem­bre, con la Cdu-Csu tor­nata alle cifre sopra il 40% dei tempi glo­riosi di Hel­mut Kohl, men­tore poli­tico della can­cel­liera. La prima donna alla guida del governo tede­sco è ora una lea­der molto popo­lare fra i cit­ta­dini, rispet­tata e temuta dagli avver­sari, deten­trice del con­trollo asso­luto del par­tito di cui è l’indiscutibile capo. E soprat­tutto la Mer­kel di oggi ha in mano il pal­lino del gioco della poli­tica tede­sca. Se la base della Spd avesse detto di no all’accordo con lei, si sarebbe potuta tran­quil­la­mente rivol­gere ai Verdi per for­mare una coa­li­zione di governo: ope­ra­zione resa più facile dal fatto che nel Land dell’Assia i demo­cri­stiani sono in trat­ta­tiva pro­prio con gli eco­lo­gi­sti per dare vita al nuovo ese­cu­tivo regio­nale.

Men­tre la Cdu può pra­ti­care la cosid­detta «poli­tica dei due (o addi­rit­tura dei tre) forni» di andreot­tiana memo­ria, i social­de­mo­cra­tici hanno mar­gini di mano­vra infe­riori, per­ché si sono sino ad ora osti­na­ta­mente rifiu­tati di pren­dere in con­si­de­ra­zione l’ipotesi di for­mare un’alleanza tri­par­tita con i Verdi e la Linke. La chiu­sura nei con­fronti di quest’ultima forza sta venendo len­ta­mente meno, ma di acqua sotto i ponti dovrà ancora pas­sarne molta prima di una vera e pro­pria nor­ma­liz­za­zione delle rela­zioni a sini­stra. Nel frat­tempo, le linee fon­da­men­tali della poli­tica eco­no­mica di Ber­lino rimar­ranno le stesse, nono­stante l’esistenza di una mag­gio­ranza nume­rica Spd-Verdi-Linke già nell’attuale par­la­mento.

Fra i ban­chi del governo che si pre­senta oggi al Bun­de­stag sie­de­ranno pure molti social­de­mo­cra­tici (6 su 16), ma quel che conta è che il mini­stro delle finanze sia rima­sto il vete­rano demo­cri­stiano Wol­fgang Schäu­ble. Colui che, negli scorsi quat­tro anni, ha gestito i dos­sier più impor­tanti nei ver­tici di Bru­xel­les con­ti­nuerà nel posto-chiave da cui dipen­dono quasi tutte le deci­sioni sulle spese, in Ger­ma­nia e in Europa. Inol­tre, come sot­to­li­neato dalla diret­trice del quo­ti­diano pro­gres­si­sta die taz, Ines Pohl, la nomina per la prima volta di una donna a mini­stro della difesa, la demo­cri­stiana Ursula von der Leyen, aiuta Mer­kel a raf­for­zare la pro­pria imma­gine di (pre­sunta) «moder­niz­za­trice»: una delle ragioni che spie­gano il suo suc­cesso presso fasce di elet­to­rato mode­ra­ta­mente pro­gres­si­sta. La contro-mossa della Spd è stata la scelta di Aydan Özo­guz, diri­gente social­de­mo­cra­tica di ori­gine turca, per rico­prire il ruolo di Segre­ta­ria di stato all’integrazione: è il debutto di un tede­sco con ori­gini stra­niere in un ruolo di governo.

La legi­sla­tura che di fatto comin­cia oggi vede il peri­me­tro delle oppo­si­zioni ridotto ai minimi ter­mini: meno del 25% della camera. A con­tra­stare la grosse Koa­li­tion solo i Verdi e la Linke. E pro­prio quest’ultima for­ma­zione nei giorni scorsi ha pre­sen­tato il pro­gramma con il quale si pre­sen­terà di fronte agli elet­tori tede­schi alle pros­sime euro­pee: una sorta di contro-programma di governo su scala con­ti­nen­tale. Fra i punti prin­ci­pali: un red­dito minimo garan­tito pari al 60% del red­dito medio in cia­scun paese; un livello minimo comune di tas­sa­zione dei pro­fitti d’impresa; la pos­si­bi­lità di con­ces­sione di cre­diti da parte della Bce diret­ta­mente agli Stati; i pac­chetti di aiuti vin­co­lati a memo­ran­dum sociali (il con­tra­rio delle riforme richie­ste ora); l’umanizzazione della poli­tica verso i migranti attra­verso l’abolizione dell’agenzia Fron­tex. Deci­sa­mente un’altra musica rispetto a quella suo­nata da Mer­kel e soci.


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