«Il Cpn di gennaio? Serve per eleggere gruppi dirigenti adeguati alla nuova fase»

«Il Cpn di gennaio? Serve per eleggere gruppi dirigenti adeguati alla nuova fase»

di Romina Velchi – liberazione.it – Intervista a Gianluca Schiavon, presidente del collegio di garanzia, unico dirigente del Prc eletto dal congresso.

Gianluca Schiavon – veneziano, 39 anni, dottore di ricerca in storia amministrativa e costituzionale – è stato riconfermato presidente del collegio nazionale di garanzia, ancora nel delicato ruolo di presidente. Ed è l’unico dirigente nazionale eletto dal congresso. Il collegio di garanzia è l’organismo che serve a dirimere tutte le controversie di natura amministrativa e disciplinare, in qualche caso anche economico-finanziaria all’interno del partito. E’ l’ultimo grado di giudizio per i provvedimenti disciplinari. Il parere del collegio di garanzia, inoltre, è obbligatorio per i commissariamenti; parere senza il quale la direzione non può votare. E’ anche l’organismo che viene chiamato in causa per l’interpretazione dello statuto. Insomma, «una specie di Cassazione, Corte costituzionale e Consiglio di stato insieme», scherza Schiavon. Del collegio di garanzia (che è stato ridotto a nove componenti) fanno parte anche Stefano Alberione e Cesare Mangianti (riconfermati); Stefania Brai, Eliana Ferrari, Yassir Goretz, Enzo Jorfida, Pietro Paolo Piro, Alessio Vittori.

Bell’onore e grande responsabilità

E’ un onore e ringrazio davvero tutti. Ho visto, andando in giro, la generosità di tanti uomini e donne di questo partito, che si prodigano nelle attività politiche, nelle feste, nelle lotte e, quando ci siamo, anche nelle istituzioni. Per questo considero un onore essere dirigente del Prc. Per parte mia auguro a tutti i compagni e alle compagne un buon lavoro. Grande responsabilità perché prima di me hanno fatto parte di questo organismo personaggi di altissimo profilo come Guido Cappelloni, Bianca Braccitorsi, Salvatore Bonadonna, e ora vengo confermato ma in una condizione un po’ particolare perché non ci sono altri eletti e toccherà a me convocare il Comitato politico nazionale di gennaio.

Che sarebbe quello decisivo e delicato che dovrà sciogliere i nodi che il congresso non è riuscito a sbrogliare

E’ del tutto evidente che non siamo riusciti ad eleggere subito il segretario. Però per come si sono messe le cose, a Perugia ma anche nei congressi di circolo e di federazione, a fronte di una situazione politica interna oggettivamente non semplice ma anche esterna molto complicata, si è deciso di fare questa scelta. Che non è una scelta di semplice rinvio, ma significa porre la necessaria attenzione alla composizione di gruppi dirigenti adeguati alla nuova fase. E’ sotto gli occhi di tutti che non siamo in una fase ordinaria, se non altro perché, banalmente, non ci possiamo più permettere un partito nemmeno con una quindicina di funzionari come prima e dunque dobbiamo ripensare il nostro funzionamento. In questo quadro prendere tempo serve, sì certo, per scegliere la figura del segretario, ma anche e soprattutto per pensare a come una direzione politica collegiale possa maturare nel modo migliore.

E tu che idea ti sei fatto, quali sono secondo te i criteri migliori per arrivare a questo obiettivo?

Il messaggio che viene dal congresso è molto chiaro. Dai circoli viene forte la richiesta che ci sia meno distanza e discontinuità tra i livelli territoriali e il livello centrale. In questa direzione va l’introduzione nello statuto dell’assemblea nazionale dei segretari di circolo, che è un’innovazione importante: almeno una volta l’anno, i segretari di circolo potranno dialogare senza mediazioni con i regionali e il nazionale. Questa è la strada, a fronte di un partito che, ripeto, non potrà permettersi un apparato centrale forte. Dobbiamo fare di necessità virtù e costruire dei gruppi dirigenti molto rinnovati ma anche molto aderenti alle realtà locali. Possiamo anche ispirarci ad altri Partiti fratelli della Sinistra europea con i quali avrò la fortuna di confrontarmi da domani al congresso di Madrid.

Come si ottiene concretamente, nella pratica del funzionamento del partito, questo avvicinamento?

Beh, intanto i componenti del Cpn, il nostro piccolo parlamentino, sono stati scelti dai delegati regione per regione: oltre il 70% è stato scelto su proposta dei territori, persino riuscendo ad avvicinarci alla parità di genere. Questo è il criterio, per altro abbastanza semplice, che secondo me si deve continuare a seguire: rappresentare le lotte, e più in generale le esperienze dei territori.

Però non è passata nello statuto l’obbligatorietà del referendum tra gli iscritti sulle questioni importanti, come per esempio la collocazione alle elezioni

E’ vero, ma è comunque previsto nello statuto che la direzione stessa possa promuoverlo in caso di grave conflitto nei territori tra organismi dirigenti in merito alla collocazione politica del partito. A questo scopo la direzione dovrà dotarsi di un apposito regolamento.

Non c’è il rischio che il tutto resti una buona intenzione, un alibi; che l’assemblea dei circoli risulti solo un rituale?

Il rischio c’è, ma estendendo la possibilità di promuovere i referendum tra gli iscritti alla direzione, che può imporlo ai territori, abbiamo dato un segnale forte che la volontà c’è. E certo, l’assemblea dei circoli non deve essere solo un rituale buono per lavarsi la coscienza, senza che le indicazioni lì emerse poi non abbiano ricadute sulle scelte del partito.


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