La lotta di Genova per i beni e i servizi comuni
Pubblicato il 26 nov 2013
di Antonio Bruno, capogruppo Federazione Sinistra Comune di Genova – I quattro giorni di sciopero dei dipendenti AMT di Genova hanno un significato fondamentale per chi è impegnato nella lotta per i beni e servizi comuni. Una vertenza sindacale ha avuto un respiro più ampio, contestando le politiche di privatizzazioni contro le quali il popolo italiano si era espresso inequivocabilmente nel giugno 2011. Pur con limiti evidenti (possibilita’ di esternalizzazione di alcune linee collinari, invece che corsie protette per autobus che avrebbero lo stesso impatto ecnomico), l’accordo firmato era impensabile solo alcuni giorni or sono. La strada era segnata: la vendita di una quota significativa di azioni di AMT a privati era stata approvato con i voti di PD e Lista Doria nel luglio 2012. L’inerzia della Giunta nel favorire una politica della mobilita’ la rendevano ancora piu’ probabile. Invece, e le reazioni stizzite di opinionisti liberisti e del principale partito al governo in citta’ e regione, questo processo sembra essersi arenato.
Da piu’ parti si segnalava la difficolta’ per investimenti come alibi per una forzata apertura ai privati: l’impegno della Regione Liguria per l’acquisto di 200 nuovi autobus disinnesca questa motivazione. Ovviamente non basta: e’ necessario che si apra una vertenza nazionale per il finanziamento completo del Trasporto Publio Locale, sottraendo risorse a sprechi, spese militari e Grandi Opere. A livello locale si privilegino interventi per favorire il trasporto pubblico.
Contrastiamo a tutti i livelli le politiche del governo delle larghe intese che vogliono pagare i puffi del sistema finanziario con le privatizzazioni, come quella della Fincantieri.
Alcune riflessioni per far memoria di 15 anni di politiche di privatizzazione a Genova
Se vogliamo capire cosa significhi privatizzare, anche parzialmente, anche al 49%, basta guardare all’ esperienza diretta: Iride, controllata dalla Finanziaria FSU.
Ebbene, a differenza di quando c’era AMGA (tutta del Comune) e nonostante 12 milioni di dividendi, nelle casse comunali non e’ arrivato niente, a causa dell’ammortamento di debiti contratti per scelte sbagliate non discusse in Consiglio Comunale e per derivati spazzatura dal buco di oltre 20 milioni di euro.
L’occupazione in questi anni e’ diminuita, i consigli comunali sono di fatto esautorati, i sindaci ostaggi dalla quotazione in Borsa.
A proposito poi del Patto di Stabilità: la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 229 del 2013 ha annullato l’art 4 dl 95 spending review.
La disciplina sui spl (anche sui servizi strumentali) rimane quella europea. Il governo sta lavorando a un provvedimento per estendere il patto di stabilità a società in house e aziende speciali ma ancora non è in vigore.
Inoltre la Corte dei Conti sez. giur. Campania ha sentenziato che i diritti primari non sono finanziariamnete condizionati neppure dal patto di stabilità che può essere derogato, a proposito della sentenza riguardante l’assunzione di circa 350 insegnanti nelle scuole comunali napoletane con contratti a tempo determinato. Tale scelta del Comune è maturata lo scorso anno e si contrapponeva alle rigide politiche di bilancio imposte dalla spending review e dal patto di stabilità. La Corte dei Conti ha però posto fine alla querelle, dando ragione all’amministrazione comunale e convalidando le assunzioni.
Una mossa coraggiosa, in deroga ai vincoli imposti dalle politiche di austerity in vigore in questi anni di crisi economico/finanziaria, la cui conclusione dinanzi alla magistratura contabile crea un importante precedente. Le amministrazioni potranno “osare” e agire in deroga al patto di stabilità, utilizzando la liquidità disponibile per intervenire a sanare situazioni critiche in questioni inerenti servizi di pubblica utilità, come nel caso della scuola.
Senza una lettura della trappola del debito e dell’attacco agli enti locali come presidi della democrazia di prossimità degli abitanti di un territorio, si finisce per divenire gli esecutori terminali delle dottrine monetariste e delle politiche liberiste europee e nazionali; cui si aderisce senza quasi rendersene conto, continuando invece a raccontarsi che stia cambiando la città.
Non vorrei che il risultato finale fossero delle giunte nuove, pure e “primaverili” che gestiscono privatizzazioni dei beni comuni e dei servizi pubblici e l’espropriazione di democrazia.
Mi sembra di essere in una nave che ha innestato la marcia indietro, con il timone guasto e la rotta verso una diga. Prima o poi andremo a sbattere, perche’ ce lo impongono le regole, il mercato, le leggi, gli equilibri economici complessivi.
Visto che non mi consolerebbe dire “io l’avevo detto”, anche se non ce lo impone la procedura. “spegniamo i motori e invertiamo la direzione”.
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