Cassa Depositi e Prestiti, il babbo natale delle banche
Pubblicato il 30 ago 2013
di Marco Bersani, Attac Italia -
Tra il 2006 e il 2011, il valore dei mutui ipotecari era di 55 miliardi di euro annui. Tale valore è sceso a 26 miliardi nel 2012, paralizzando di fatto il mercato immobiliare. Con l’approvazione in questi giorni del nuovo «piano casa» da parte del Governo, scende in campo ancora una volta la Cassa Depositi e Prestiti, che con uno stanziamento di 4 miliardi di euro interverrà per favorire l’erogazione di mutui alle famiglie.
Il vizio di fondo del ragionamento sta nella determinazione della causa della paralisi del mercato immobiliare, che, essendo dovuta, secondo il Governo, alla scarsa disponibilità di liquidità delle banche, necessita di una forte iniezione di carburante da parte di Cassa Depositi e Prestiti.
Peccato che con le operazioni di rifinanziamento da parte della Banca Centrale Europea tra fine 2011 e fine 2012, le banche dell’eurozona siano state già rifocillate con ben 1000 miliardi di euro e che questi fondi (con interessi all’1%), invece di essere utilizzati per riaprire i rubinetti del credito siano serviti all’acquisto dei titoli di stato (con interessi al 6%) permettendo alle banche un enorme, facile e sicuro guadagno.
La verità è che oggi le banche italiane, pur potendo finanziarsi sui mercati, preferiscono non farlo, creando la paralisi del sistema creditizio al preciso scopo di far intervenire il «babbo natale» della situazione : Cassa Depositi e Prestiti, ovvero il risparmio postale dei cittadini.
È quanto succede da tempo sia per quanto riguarda le piccole e medie imprese (Pmi), sia per quanto riguarda gli aiuti alle popolazioni vittime del terremoto: sui giornali leggiamo che Cdp eroga aiuti alle une e alle altre. Quello che di fatto avviene è che Cdp eroga aiuti a tasso basso di interesse alle banche, le quali girano gli aiuti a tasso di interesse più alto ai destinatari, realizzando profitti da una semplice e garantita partita di giro.
Con il nuovo «piano casa», i mutui concessi dalle banche per l’acquisto della casa avranno la garanzia di Cassa Depositi e Prestiti, la quale potrà anche acquistare obbligazioni bancarie nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione di crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali.
Detta in altri termini, le banche potranno liberarsi dei vecchi prestiti, trasformandoli in prodotti finanziari dei quali Cdp garantirà l’acquisto. Su scala enormemente ridotta, è lo stesso processo che ha innescato negli Stati uniti la crisi dei mutui subprime nel 2007-2008.
Il nodo di fondo è tuttavia un altro. Il mercato immobiliare nel nostro paese non è bloccato per una vera o presunta crisi di liquidità delle banche; è fermo perché le politiche di austerità dei governi di «larghe intese e stretto consenso» hanno drasticamente ridotto le capacità di reddito e di acquisto delle famiglie, oltre ad aver reso «non bancabili» milioni di nuovi disoccupati e precari. E non saranno certo i 200 milioni -bontà loro- previsti dal suddetto piano per rendere più sostenibili gli oneri del mutuo e dell’affitto a risolvere il problema.
Che da qualunque parte lo si prenda riporta al medesimo nodo di fondo: la società deve essere messa a disposizione della finanza o quest’ultima deve servire alla società? Se vale la seconda, alcune misure di rivoluzionario buon senso diventano sempre più ineludibili: il controllo dei capitali finanziari, la riappropriazione sociale della Cassa Depositi e Prestiti, la nascita di una banca pubblica per gli investimenti, la fuoriuscita dalle politiche di austerità. In una parola, la democrazia.
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