«In parlamento non bastano gli slogan»
Pubblicato il 31 mag 2013
Intervista a Carlo Freccero di Carlo Lania -
«Grillo non ha capito l’importanza di aver portato la protesta da fuori a dentro il Palazzo, e quindi ha perso un’occasione. Per questo i suoi elettori lo hanno abbandonato, perché hanno capito che è diventato inutile». Per un esperto di comunicazione come Carlo Freccero il modo in cui il leader del M5S ha reagito al tracollo elettorale è solo l’ultimo di una lunga serie di errori. «Voglio fare una premessa», dice: «La crisi economica ha ridotto la politica a un mero curatore fallimentare incapace di risolvere i problemi, come dimostra il fatto che a Roma il 50% degli elettori non ha votato. Però alle elezioni politiche c’è stato un evento particolare: il 25% degli elettori ha votato per Beppe Grillo, fatto che giudico molto positivo perché penso che l’M5s abbia dato voce alla protesta. Penso però questo successo sia dovuto al fatto che a febbraio Grillo è stato vissuto come qualcosa di nuovo, dove per nuovo si intende quasi una categoria del marketing.
Sta dicendo che è come uno slogan per vendere un prodotto.
Esatto. La forza di Grillo è stata nella sua capacità di suscitare curiosità nelle persone e di lanciare il suo movimento come uno spot commerciale basato più che su un progetto, su un linguaggio binario ed estremamente semplice: buono-cattivo, si-no, mi piace-non mi piace. E questo grazie anche alla rete, che Grillo cavalca con abilità alimentandone la dimensione complottistica e promettendo sempre di svelare segreti. Ma un altro elemento fondamentale del suo successo è stata la frammentarietà. Grillo e i suoi non scrivono saggi ma denunciano malaffare, disservizi, privilegi. Lavorano per frammenti e non su teorie, con un’attenzione particolare al dettaglio come reazione alla complessità, perché il complesso è brutto a partire dalla casta. Questo semplifica tutto.
Ma se la frammentazione è la sua forza, per chi fa politica l’assenza di un progetto è una debolezza.
Sì, ma un progetto complessivo non ce l’ha nemmeno la sinistra.
E’ vero ma dire: rifiutiamo il finanziamento pubblico è un fatto importante per la moralità della politica, però non aiuta chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese.
Ma questo è il fatto interessante, perché spiega molto bene cosa è oggi la Rete, di cui Grillo è una sintesi dell’uso buono e cattivo. Perché il pubblico della rete è abituato al linguaggio semplice. Il problema è che se tu vai in parlamento questo modello è inadeguato, perché il sistema della politica è l’opposto di quello binario.
Quindi l’M5s è entrato in crisi.
Naturalmente. E cosa è avvenuto allora? Che il 25% che aveva votato Grillo come gesto di distanza dalla politica ha capito che anche lui non serve. E lui ha perso un’occasione. Poteva complicare le cose scendendo nell’arena, trovando un compromesso con il Pd e non lo ha fatto. Ecco perché Bersani ritorna a fare il pavone. Ha perso un’occasione e adesso se la prende con le persone che ha appoggiato, come Gabanelli e Rodotà, perché lo criticano. Chi lo ha votato lo ha fatto per dare una scrollata al sistema, per aprire il parlamento come una scatola di tonno e invece ha capito che non serve a niente.
Anche perché quelle persone chiedevano in cambio risposte ai propri bisogni.
E non le hanno avute. Guardi, io sono convinto che la situazione stia cambiando enormemente e che la gente non ne può davvero più. Ma cerca sempre di vedere qualcosa di nuovo che oggi sono Grillo, Renzi o Marchini come una volta era la Lega. Però il nuovo rappresentato da Grillo ha deluso e questo nonostante avesse una sua contemporaneità, perché i social network non sono i medium delle rivoluzioni su tempi lunghi ma delle rivolte immediate, perché il tempo della protesta è ora.
Sembra l’immagine di una politica da consumarsi subito.
Ed è così. Il tempo della protesta è ora e ora dobbiamo coordinarci per fare. In parlamento Grillo ha invece continuato a muoversi con la solita logica buono-non buono, mi fate schifo, siete morti… E allora? E’ qui il suo limite, perché la politica è ragionamento, analisi delle cause, progettualità, non complotto. Grillo non dà uno sbocco ai suoi elettori, che lo hanno abbandonato. E infatti si sta creando una frattura tra i suoi parlamentari, con quelli che hanno visto Grillo come un modo per obbligare i partiti a fare ciò che devono fare che scalpitano. Guardi, io credo che la sinistra debba creare un dialogo con queste persone, perché hanno già selezionato gli elettri intercettando quelli che chiedono un cambiamento.
La semplificazione di cui parla non rischia di portare all’autoritarsmo?
Porta naturalmente all’autoritarismo, ne sono convinto. Grillo usa la rete come Berlusconi fa televisione, per rendere coeso il suo gruppo.
Ma quando parla di golpe o invita a una nuova marcia su Roma lo fa solo perché così sa di agitare le piazze?
Sono solo slogan. Grillo capisce che la rabbia sta salendo e parla alla pancia della gente. Ma lui stesso fa un’affermazione molto interessante quando dice che senza il M5s anche in Italia la protesta si sarebbe riversata nelle piazze. Così ci dice due cose: che paradossalmente è un moderato, pur nelle urla e nel suo autoritarsimo. Ma anche che non ha compreso la potenzialità rappresentata dall’aver portato la protesta da fuori a dentro il parlamento.
Da qui l’occasione persa.
Completamente. Non ha fatto altro che rifiutare tutto per conservare la sua purezza. E perché fa questa cosa? Perché il programma di Grillo è fare le pulci ai programmi degli altri, non avendone uno suo. I suoi obiettivi sono lo spreco e criticare gli altri, non il sistema.
Che consiglio gli darebbe?
Di trovarsi oltre a Casaleggio anche degli altri autori. Casaleggio è stato buono per quanto riguarda il web ma adesso ha bisogno di un buon economista e anche di un buon politico che non sia contaminato dal passato ma che dia un progetto al movimento.
Il Manifesto – 31.05.13
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