Una prima riflessione sul voto amministrativo
Pubblicato il 29 mag 2013
di Gianluigi Pegolo -
Il dato più clamoroso di questa tornata di elezioni amministrative è l’incremento dell’astensionismo. Il dato è in sé sorprendente: rispetto alle precedenti elezioni l’aumento è stato di quasi il 15%, anche se va un po’ ridimensionato, per l’effetto distorcente prodotto in quell’occasione dall’abbinamento con le politiche. In ogni caso, il logoramento del rapporto dei cittadini con la politica è del tutto evidente e che in questo la nascita del “governissimo” abbia agito come acceleratore è evidente. La dinamica dell’astensionismo richiederà un’analisi approfondita perché va chiarito chi ne è stato maggiormente penalizzato. Sono le forze politiche di governo, o qualcuna di queste in particolare o si è trattato di un fenomeno trasversale?
Le domande sono pertinenti, a maggior ragione nel momento in cui dal voto emerge un altro fatto eclatante e cioè il calo vistoso di consensi subìto dalle liste del Movimento 5 stelle rispetto alle politiche. Si tratta di un dato generale che tocca anche realtà dove Grillo aveva investito molto, come nel caso di Siena, ma anche altri comuni dove il movimento era diventato il primo partito. Per avere un’idea di ciò che si è verificato si tenga conto che in tutti i comuni capoluoghi di provincia dove si è votato (una quindicina) in nessun caso il Movimento 5 stelle è arrivato al ballottaggio. E’ senz’altro vero che il voto amministrativo presenta caratteri peculiari rispetto a quello politico, ma è pur vero che nelle precedenti amministrative casi come quello di Parma avevano indotto a ritenere possibile uno sfondamento nei livelli locali, che ora non si è più prodotto.
Accanto a questi fatti, va segnalato il successo del centro sinistra sul centro destra. Si tratta di un successo molto segnato dal risultato di Roma. Il vantaggio di Marino al primo turno sul sindaco uscente Alemanno è di tale ampiezza da non prestarsi a discussioni, ma questo risultato può spiegarsi sia con il giudizio negativo sull’operato del governo di centro-destra, sia col profilo autorevole del candidato del centro-sinistra. Potrebbe trattarsi, quindi, di un caso particolare se non fosse che anche in tutti gli altri comuni capoluoghi di provincia i risultati al primo turno sono migliori per il centro-sinistra. Solo un’analisi più dettagliata dei risultati consentirà di capire perché ciò si sia prodotto. Si noti, fra l’altro, che i sondaggi nazionali in quest’ultima fase davano in crescita il centro destra, ormai in vantaggio sul centro-sinistra. E se è pur vero che il centro sinistra ha sempre avuto nel locale il suo punto di forza, non era per nulla scontato che andasse a finire così. Si pensi al caso clamoroso di Siena dove il candidato sindaco del centro sinistra dopo il primo turno resta in vantaggio. A tale riguardo, si possono formulare più ipotesi, ivi compreso il rientro nel centro sinistra di una parte di consensi strappati da Grillo nelle scorse politiche, ma si tratta per l’appunto d’ipotesi che andranno verificate.
Questa dinamica complessiva costringe le forze di alternativa a una riflessione. In primis, è necessario un bilancio dei risultati ottenuti in questa consultazione elettorale. Mi limito per il momento a un esame dei comuni capoluoghi, riservandomi in un’altra occasione di intervenire sull’insieme dei comuni maggiori. Il caso più significativo è quello di Roma, dove il risultato della coalizione formatasi intorno alla candidatura di Sandro Medici è stato al disotto delle aspettative, nonostante la qualità della proposta politica e la generosità dello stesso candidato sindaco. E’ evidente che la contrapposizione fra un sindaco uscente dichiaratamente di destra e uno schieramento di centro sinistra, per di più guidato da una personalità prestigiosa, ha penalizzato in modo rilevante lo schieramento alternativo. Questo risultato influenza in modo negativo il giudizio complessivo sulle performance della sinistra di alternativa in queste elezioni, ma è necessario estendere l’analisi anche agli altri comuni capoluoghi.
La dinamica del voto utile, infatti, non ha sempre agito nello stesso modo a livello nazionale. In alcuni casi, infatti, si sono avuti risultati positivi, laddove il PRC insieme con altre forze si collocava in alternativa al PD. E’ il caso di Imperia, dove la lista SEL-PRC ottiene con il suo candidato sindaco l’11,2%, di Siena dove la coalizione di tre liste raggiunge il 10,2%, di Ancona dove la alleanza fra la lista PRC-PDC e quella di SEL ottiene il 9,5%, di Pisa, dove la coalizione fra PRC e una lista di movimento raggiunge l’8%. Nel complesso, quindi, la possibilità di dar vita a poli autonomi di sinistra nelle elezioni amministrative in grado di ottenere risultati non marginali, trova una conferma in questo voto amministrativo, ma con alcune doverose precisazioni. La prima è che la qualità politica del polo alternativo e la sua dimensione sono essenziali ai fini del risultato. Dal voto, infatti, emerge che nel caso in cui il PRC scelga una collocazione alternativa in solitaria, cioè con la propria lista e senza un sistema minimo di alleanze, è penalizzato in alcuni casi anche duramente.
Naturalmente in queste elezioni le forze alla sinistra del PD hanno spesso partecipato ad ampie coalizioni di centro-sinistra in diverse realtà. Rispetto ai comuni capoluoghi, il PRC era presente in circa un terzo dei casi nel centro sinistra. Il vantaggio principale ottenuto nella presentazione nelle coalizioni di centro sinistra è il beneficio derivante in caso di vittoria dalla spartizione del premio di maggioranza, ma al momento mi è impossibile quantificare i risultatai ottenuti dal PRC in termini di seggi. Il giudizio sui risultati ottenuti in questi casi è inoltre reso problematico dal fatto che il PRC era sempre presente in liste unitarie di sinistra, se si esclude il caso di Massa. In ogni caso, dal punto di vista delle percentuali ottenute dalle liste unitarie, mediamente positive, va segnalato in particolare il buon risultato delle liste unitarie di Barletta e Lodi dove si supera, in entrambi i casi, l’8%.
Questi primi elementi emergenti dall’analisi del voto attendono di essere integrati con un’analisi più puntuale (partendo dai valori assoluti, anziché da quelli percentuali) e più complessiva (investendo anche il resto dei comuni superiori), ma già ora indicano quale sia il problema politico di fronte al quale si viene a trovare la sinistra di alternativa nei governi locali. Essa non solo deve fare i conti con una maggiore articolazione politica a seguito dell’affermazione accanto ai due poli principali del Movimento 5 stelle, ma non può facilmente contare sul logoramento del centro-sinistra a seguito della sua collocazione politica nazionale. L’ambito locale rimane una realtà con peculiarità particolari e il PD conserva una forza considerevole. Una sinistra può però affermarsi. E non solo se converge in alleanze di centro sinistra, ma anche se si pone in alternativa esplicita al PD, a condizione che essa sia effettivamente rappresentativa.
Per il PRC, la scelta della costruzione dell’unità della sinistra di alternativa è una strada obbligata. Non si tratta solo di una scelta politica in sé necessaria, dettata dalla situazione politica e sociale, ma anche di un’esigenza reale, in particolare in presenza di competizioni elettorali, ivi comprese quelle locali. I dati elettorali parlano chiaro: il potenziale elettorale delle sole liste del PRC o del PRC/PDCI non è sufficiente a garantire una rappresentanza nella maggior parte dei governi locali. L’unità è pertanto obbligata nei casi di collocazione alternativa al centro-sinistra, ma lo è ormai in molti casi anche quando viene scelta una collocazione interna al centro sinistra. Non è un caso se spesso in questa tornata elettorale si sono costruite liste unitarie di sinistra con biciclette o sottoforma di liste civiche. La costruzione di questa sinistra può partire dalle realtà locali, ma va proiettata in una dimensione nazionale. Le esperienze unitarie che sono state attivate in queste elezioni ce ne offrono un’occasione.
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