Destra e sinistra: vecchi arnesi?

Destra e sinistra: vecchi arnesi?

di Roberto Gramiccia -
La questione se i termini “destra” e “sinistra” indichino categorie ormai superate sembrerebbe tipica dei giorni nostri. In realtà non è esattamente così. Basti pensare che il breve ma fondamentale libretto di Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, fu pubblicato per la prima volta quasi venti anni fa. Si trattò di un testo spartiacque sull’argomento, che rispondeva a una domanda già allora cruciale. Talmente cruciale da indurre il filosofo torinese ad affermare perentoriamente, nel corso di un’attenta e analitica disanima della questione: «In quanto termini antitetici (destra e sinistra ndr) sono, rispetto all’universo cui si riferiscono, reciprocamente esclusivi e congiuntamente esaustivi: esclusivi, nel senso che nessuna dottrina, nessun movimento può essere contemporaneamente di destra e di sinistra; esaustivi, nel senso che, per lo meno nell’accezione forte della coppia, (…) una dottrina o un movimento possono essere soltanto o di destra o di sinistra». Rileggendo queste parole – pensate un po’ – mi è venuta in mente la reiterata dichiarazione televisiva di Giovanni Favia, transfuga del Movimento 5 stelle e approdato a Rivoluzione civile, il quale affermava il suo assoluto disinteresse per queste due categorie, nonostante che il raggruppamento politico che lo aveva (inopportunamente) accolto fra le sua fila, si collocasse decisamente  alla sinistra del Pd e comprendesse partiti come Rifondazione comunista e i Comunisti italiani.
A parte l’involontaria comicità del siparietto di Favia, immancabile preludio di una  cocente quanto annunciata sconfitta, evidentemente le predicazioni di Bobbio sono cadute nel dimenticatoio. Nel senso comune, dal 1994 ad oggi, infatti, la distinzione fra destra e sinistra ha – ancora di più – perso il suo significato, con conseguenze negative pesanti soprattutto per la sinistra, viste le caratteristiche di un elettorato, quello di destra, molto più attento a questioni  diciamo così – per essere eleganti -   extraideologiche.
Le ragioni sono molteplici e attengono non solo alla persistenza dei problemi interpretativi in ragione dei quali Norberto Bobbio decise di scrivere quel suo magnifico libretto, ma anche e soprattutto alla crisi della politica che ha finito per trascinare con sé, come un fiume limaccioso, tutto ciò che la riguarda. E quindi anche le categorie destra e sinistra  hanno finito per confondersi e mescolarsi in un unicum a dir poco esecrabile. I politici, cioè, indipendentemente dall’appartenenza ad un’area  o ad un’altra, sono diventati nel loro complesso “casta”, una casta corrotta e corruttrice da condannare in toto e “a prescindere”.
Che alla base di questa condanna ci siano solide ragioni non ci sono dubbi. Basta dare uno sguardo alla cartografia della corruzione  nel nostro paese o alla difesa bipartisan di privilegi e prebende che ha accomunato la destra e la cosiddetta sinistra con microchirurgica precisione (vedi le crisi della Regione Lazio e della Regione Lombardia, come ultimi clamorosi esempi). Ma oltre a ciò – che già non è poco – si è aggiunta negli ultimi decenni una novità che si è venuta radicalizzando nell’ultimo periodo. E cioè mentre la destra, la sua cultura e la sua politica si modellavano sul profilo populistico del suo grottesco caudillo, la cosiddetta sinistra, per lo meno quella che avrebbe dovuto essere rappresentata dal Partito democratico, ha finito per assumere posizioni che storicamente sono patrimonio di un pensiero conservatore e moderato (privatizzazioni, flessibilità, scarso interesse per i beni comuni, mancata difesa del welfare, riduzione degli spazi di democrazia, mancata difesa dell’articolo 18, acquiescenza nei confronti dei diktat della troika, sostanziale sostegno alle imprese belliche di Stati Uniti, Francia e Regno Unito).
Insomma, il combinato disposto della politica neoliberista del Pd, appena temperata dalle divagazioni inconcludenti della sua ala sinistra e non esente da cedimenti corruttivi, e del lievitare di una comprensibile collera popolare hanno infilato in un frullatore devastante le idee guida care a Bobbio e, come al solito, a uscirne a pezzi è stata soprattutto quella di “sinistra”. Dal suo canto, la sinistra alternativa, nella sua oggettiva incapacità di raccogliere il testimone lasciato a terra dal Pd, nella sua marginalità e ininfluenza, non è stata in grado di rappresentare un’alternativa valida. A trarne beneficio sono stati il populismo mediatico di Grillo ma anche quello dello stesso Berlusconi.
La situazione che è venuta creandosi, quindi, non solo non ha ridotto ma ha moltiplicato le ambiguità politiche e semantiche, perché ancora continua ad essere usata del tutto impropriamente l’espressione  sinistra per ricondursi a un Pd la cui crisi attuale, oltre al resto, non ha fatto che peggiorare la sua già logorata immagine. Il fatto di continuare a identificare, in buona o in cattiva fede, la sinistra con il Pd non fa altro che  imbastardire ulteriormente il problema. Sarebbe il caso di chiarire una volta per tutte che la sinistra con questo Pd non ha niente a che vedere. Sebbene i fermenti all’interno di questo partito e soprattutto le contestazioni della sua base vadano evidentemente rispettati e osservati attentamente nei loro sviluppi.
E’ troppo presto per capire se l’enorme spazio lasciato dal Pd alla sua sinistra potrà essere occupato, né è facile fare previsioni rispetto a Sel, il cui leader si trova in una posizione veramente singolare, essendo passato dall’essere a un passo col “mischiarsi” col Pd ad un precipitoso smarcamento da esso nel momento in cui questo partito ha toccato il fondo (elezioni presidenziali).  Quello che voglio dire è che alla abituale resistente incertezza interpretativa fra destra e sinistra, nonostante il contributo di Norberto Bobbio, si è aggiunto un sovrappiù di confusione che rischia di liquidare una volta per tutte la questione, nel senso della definitiva archiviazione dei due termini.
Proprio per scongiurare quello che ritengo un grave pericolo, a questo punto del ragionamento, mi sembra utile ribadire l’ossatura del ragionamento di Bobbio per chiarire gli elementi di distinzione fra queste categorie e consentire a ciascuno di stabilire quali partiti o movimenti possano essere considerati di sinistra e quali no. E anche per dare un piccolo contributo teorico al chiarimento della questione. Il libro di Bobbio, che ha avuto una recente ristampa nel settembre 2011 (Donzelli) così come è chiarito nella presentazione: “affronta la questione a partire dal suo più profondo nucleo teorico. L’essenza più intima della distinzione consiste nel diverso atteggiamento che le due parti – il popolo di destra e il popolo di sinistra – sistematicamente dimostrano nei confronti dell’idea di uguaglianza. Naturalmente, eguaglianza e diseguaglianza sono concetti relativi: né la sinistra pensa che gli uomini siano in tutto eguali, né la destra pensa che essi siano in tutto diseguali. Ma coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini uguali, o ai modi di ridurre le disuguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili  e che non se ne debba neanche auspicare necessariamente la soppressione».
Insomma, alla sinistra appartiene la categoria dell’eguaglianza da sostanziarsi con la soddisfazione dei diritti sanciti dalla costituzione come inalienabili, alla destra appartiene piuttosto quella del darwinismo sociale. E cioè la valorizzazione delle diseguaglianze intese addirittura come motore di una selezione naturale delle qualità umane, di cui la collettività beneficerebbe. Tradotto: se uno nasce più forte fisicamente, più ricco e con maggiori possibilità è giusto che sfrutti queste sue “fortune” per affermarsi e, facendolo, contribuire a produrre più ricchezza e opportunità per tutti. Che questo significhi lasciare indietro chi nasce meno fortunato è assolutamente irrilevante. Al contrario, la sinistra intende garantire a tutti analoghe possibilità di affermazione, indipendentemente dalle condizioni di partenza. La differenza può capirla chiunque. E c’è sicuramente una grande dose di malafede in chi non contribuisce a fare chiarezza su questo punto.
Del resto, come potrebbe il Pd conservare il suo elettorato di sinistra senza godere della rendita che deriva dal permanere di una confusione interessata? Come potrebbe spiegare la sua posizione sull’articolo 18, sul pareggio di bilancio, sul fiscal compact, sui tagli alla sanità e alla scuola resi inevitabili dai diktat della troika ecc. ecc.? Ecco perché penso che sia utile rileggere Norberto Bobbio.


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