Italiani che emigrano in Cina: scambio e cooperazione

Italiani che emigrano in Cina: scambio e cooperazione

di Fabio Marcelli -

Il Progetto A.M.I.C.O., Analisi della Migrazione degli Italiani in Cina Oggi, finanziato dalla Fondazione Migrantes, è frutto dell’inventiva della giovane sinologa Giovanna Di Vincenzo e della dottoranda di ricerca in diritto internazionale Maria Francesca Staiano, cui si è accodato il sottoscritto. Tale progetto si propone di effettuare un’analisi approfondita delle caratteristiche, motivazioni e prospettive dell’emigrazione italiana in Cina. Si tratta di un fenomeno molto interessante che presenta aspetti vari, molteplici e complessi. Intervistando numerose persone di origine italiana che hanno deciso di trascorrere vari anni della loro vita nell’affascinante e dinamica realtà cinese, ci siamo resi conto di quanto importante e feconda di positivi risultati possa rivelarsi la relazione fra le due culture.

Una motivazione di particolare interesse viene manifestata dai giovani italiani, i quali, spinti inizialmente da un acuto desiderio di conoscere, approfondire e praticare la lingua e la cultura cinese, pervengono al fine a costruirsi in questo ambiente una vera e propria prospettiva di vita, a fronte anche delle difficoltà di vario tipo in cui si imbattono in patria, specie a causa dell’attuale devastante crisi economica. Lo sforzo di innovazione e miscela culturale che queste persone riescono ad effettuare porta loro un arricchimento personale che costituisce una carta di notevole valore nell’attuale mondo globalizzato, dato anche il ruolo di crescente importanza che la Cina è destinata a svolgere in tale contesto. Da questo punto di vista, essi manifestano un peculiare apprezzamento per i livelli di intreccio cosmopolitico che le megalopoli cinesi riescono ad offrire in modo sempre più sostenuto. Le esperienze concretamente portate a termine sono della natura più svariata: dal piccolo imprenditore che mette su, insieme a partners di origine geografica più disparata, luoghi di ricreazione e socialità, al “cinese di ritorno” che apre un locale à la page di impronta nettamente italiana, all’artista affermato che entra in contatto con i settori più dinamici degli ambienti culturali. Ci si rende conto di quanto essenziale e da promuovere possa risultare la miscela tra l’impronta italiana e quella cinese.

Un discorso a parte va svolto per i rappresentanti del mondo accademico e della ricerca, i quali danno un apporto davvero notevole al trasferimento di know-how tra i due paesi in differenti campi.

Analogo ruolo di messaggeri della cultura italiana latu sensu va attribuito poi a molti operatori professionali ed economici, specie in settori strategici per l’Italia come la moda, il design, la gastronomia, la sostenibilità ambientale, il turismo, ma anche altri, come il calcio, fenomeno in forte espansione in Cina, ben rappresentato dal vecchio leone Marcello Lippi, allenatore dell’Evergrande di Guangzhou vincitore l’anno scorso del campionato e della Coppa di Cina. Per quanto riguarda la gastronomia, basti citare l’apostolo della cucina partenopea, Rino De Feo, chef presso il ristorante Anema e core di Guangzhou, che produce sul posto mozzarella di bufala e altri ingredienti tipicamente italiani, offrendo un menù che fa davvero onore al nostro Paese nel suo complesso.

Il mondo delle Ong, inoltre, appare in tale contesto destinato a fornire contributi progressivi sul piano delle relazioni sociali, con particolare riguardo a settori sensibili come quello della disabilità, dando un contributo importante al raggiungimento dell’obiettivo dell’inclusione sociale, come pure più in generale al fenomeno, che è in corso tra varie difficoltà, dell’emersione piena della società civile cinese come interlocutore del sistema politico istituzionale basato sul partito comunista.

Le dimensioni quantitative del fenomeno dell’immigrazione italiana sono di tutto rispetto. Secondo i dati più recenti dell’A.I.R.E. (Anagrafe italiani residenti all’estero), che pure per vari motivi non rappresentano una fotografia completa della situazione, gli italiani residenti in Cina sono circa 6000, il che ne fa l’ottava meta per quantità dell’attuale emigrazione italiana all’estero. Una  comunità dotata anche di varie realtà associative  come l’Associazione dei giovani italiani in Cina (AGIC), e le varie strutturate su base locale fra le quali voglio ricordare le due esistenti a Guangzhou (Italiani  nel Guangdong e Italiani nel Sud della Cina), con le quali abbiamo avuto incontri molto interessanti.

Il generoso impegno delle istituzioni italiane, rappresentate da elementi sovente di elevato spessore personale, sconta però i limiti di un approccio ancora eccessivamente frammentario e mirato sulla contingenza e sul breve periodo. Un abisso ci divide, purtroppo, da altri Stati europei, ben più abili e organizzati nella costruzione della presenza del loro sistema-Paese in Cina. Alcuni giovani imprenditori italiani hanno inoltre espresso il loro malcontento per forme di rappresentanza degli interessi economici spesso incapaci di cogliere effettivamente le problematiche locali dando voce  a chi opera sul terreno. Difetti, entrambi questi ora accennati, che rinviano ovviamente a storiche carenze dell’Italia in quanto tale, aggravate dall’attuale momento di crisi anche politica permanente.

Ci sembra, quindi, che molto possa e debba essere fatto per cogliere a pieno i frutti del rapporto fra Italia e Cina in termini di reciproche migrazioni. Il quale costituisce un aspetto per nulla secondario di un rapporto di scambio e cooperazione bilaterale da condurre sempre su di un piede di parità e nel reciproco rispetto, per una crescita non solo economica comune e condivisa.

ilfattoquotidiano.it


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