La lista Ingroia dà fastidio. E si vede
Pubblicato il 30 gen 2013
di Franco Frediani -
Un uomo che ha il coraggio, prima di presentare un accurato dossier sul rapporto stato-mafia (che ha “incentivato” il suo allontanamento dalla Sicilia.) e poi di uscire dall’ambiente professionale in cui opera, per difendere la coerenza e la “bontà” del suo lavoro, non può mai essere apostrofato come “una piccola figura”. Ad usare questi termini è stato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Bocassini. Lo ha fatto all’indirizzo di Antonio Ingroia, reo, a suo dire, di essersi paragonato a Giovanni Falcone.
Non entriamo nel merito delle qualità morali e professionali della giudice milanese, nessuna voglia di metterla in discussione, ma vorremo capire meglio il senso di queste strane esternazioni. Anche un bambino capirebbe il significato delle parole pronunciate dal leader di Rivoluzione civile. Su Antonio Ingroia non si può pensar male né nutrire alcun dubbio. Si è battuto e si batte contro un mostro che ha dimostrato di avere mille tentacoli, ma soprattutto evidenziando collegamenti sui quali è d’obbligo fare chiarezza ed ai quali non si può dare alcuna giustificazione, neppure scomodando la lesa maestà! Ha conosciuto la trincea della Magistratura siciliana e si è addentrato in un lavoro che pochi avrebbero portato avanti con tanta determinazione. Chiamare le cose con il proprio nome, così come ha fatto il leader di Rivoluzione civile è sempre sinonimo di chiarezza e trasparenza.
Le parole di Ingroia sono state immortalate in un video e non possono essere cambiate o male interpretate! Alle domande del cronista che gli chiedeva cosa pensava delle critiche ricevute da molti suoi colleghi della Magistratura, l’ex PM, che ha indagato sul rapporto “stato-mafia”, ha semplicemente risposto con una naturalezza disarmante: “Noto che altri colleghi altrettanto in vista, come Piero Grasso, non sono stati oggetto di critica pur svolgendo ruoli delicati a livello nazionale”. Non è forse vero? Cosa avrebbe dovuto dire la giudice Bocassini riguardo alle esternazioni fatte a suo tempo dallo stesso Grasso, allorché si spinse nel dichiarare che avrebbe dato un premio a Berlusconi riconoscendogli meriti per alcuni interventi legislativi fatti contro la mafia(?). Frasi che furono definite “sconcertanti” persino dal segretario generale di magistratura democratica, Piergiorgio Morosini.
Le contraddizioni dell’ex procuratore nazionale si resero subito evidenti, visto che, lo stesso, ebbe modo di dire cose di ben altro tenore nel corso della trasmissione radiofonica “la Zanzara”, andata in onda su Radio 24 il 13 maggio del 2012: “Avevamo chiesto norme anticorruzione, antiriciclaggio, stiamo ancora aspettando”. Da notare che proprio Grasso è stato il primo ad attaccare Ingroia quando questi partecipò ad un congresso dei Comunisti Italiani. Oggi, come sappiamo, ha lasciato la Magistratura ed il giorno dopo si è felicemente accasato “in quel del PD”, con tanto di aspirazione ad ulteriori salti di qualità in caso di vittoria elettorale… Non si può dunque, che registrare sorpresa e incredulità nella stizzita reazione di Ilda Bocassini; una persona nota tra l’altro, per la parsimonia delle sue parole e delle valutazioni fatte fuori dal suo ruolo… Nell’intervista rilasciata al TG La7, Ingroia mette solo in evidenza la strana disparità di trattamento riservata a Grasso, e nella rimembranza delle critiche a suo tempo ricevute, ma anche dispensate da molti altri magistrati, cerca soltanto di offrire la sua “spiegazione”: “Io al contrario di altri ho detto sempre quello che pensavo ricevendo critiche… e anche criticando a mia volta la Magistratura e gli alti suoi vertici”. Ma sono proprio le frasi conclusive di questa intervista, quelle che hanno suscitato l’ira del procuratore aggiunto di Milano; laddove il candidato premier di Rivoluzione civile ricorda come in passato, “trattamenti analoghi”, erano stati riservati anche ad altri “piu’ importanti ed autorevoli Magistrati (piu’ importanti e autorevoli!) a cominciare dallo stesso Giovanni Falcone, al cui indirizzo, al momento in cui iniziò a collaborare con la politica, arrivarono le critiche più pesanti dalla stessa Magistratura”.
Il dato accertato è che Antonio Ingroia rompe con una consuetudine fatta di reticenze e silenzi, di sospetti ai quali non hanno mai fatto seguito i fatti. Rivoluzione civile sta dando fastidio; insegue e propone un cambiamento e lo fa ad alta voce. I poteri forti non gradiscono, gli apparati dello stato, che finora si sono sempre chiusi a riccio, meno che mai.
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