Nazionalismo e sovranità nazionale: una classe politica allo sbando
Pubblicato il 28 mar 2013
di Bruno Steri -
Del ministro degli Esteri dimissionario Giulio Terzi non sentiremo davvero la mancanza. E non semplicemente per quest’ultimo goffo colpo di teatro con cui ha messo in piazza le gravi contraddizioni interne e le inadeguatezze del governo cosiddetto tecnico. L’attenzione quasi esclusiva riservata alle questioni economiche e sociali, divenute comprensibilmente preminenti sotto l’incalzare della crisi, non deve infatti far dimenticare le prese di posizione iper-atlantiche di questo ministro in sede di politica estera: le dichiarazioni in favore dell’ennesimo “intervento umanitario” – questa volta in Siria – e le ripetute sollecitazioni indirizzate ad una Unione Europea ritenuta troppo timida, le pronte giustificazioni in nome della “sicurezza di Israele” davanti all’ennesimo bombardamento su Gaza (novembre 2012) con relativo massacro di civili (giustificazioni inesorabilmente sbugiardate e contraddette dai cooperanti italiani presenti nella Striscia), l’immediata risposta alla richiesta di supporto (logistico e non) in occasione della chiamata alle armi francese nel Mali. Non stupisce poi che il sofferto voto dell’Italia nell’assemblea delle Nazioni Unite a favore del riconoscimento della Palestina quale Paese osservatore, sia stato dato nonostante il dissenso del nostro ineffabile ministro (tecnico) degli Esteri.
Per la verità, a giudicare dalle inesattezze di cui è infarcito il suo discorso di commiato pronunciato alla Camera, questo signore mostra di avere assai poco di tecnico e, in ogni caso, di peccare per eccesso di zelo patriottico. Che i marò Latorre e Girone abbiano sparato e ucciso due pescatori indiani è, a quanto pare, fuori discussione; che l’episodio sia avvenuto in acque internazionali è, al contrario, cosa contestata e nient’affatto riconosciuta dall’India, come l’ex ministro invece afferma. Nei fatti, la petroliera su cui prestavano servizio “di sicurezza” i due marò ha incrociato il peschereccio St. Antony all’interno della fascia di mare estesa fino a 24 miglia nautiche dalla costa: dunque, seppure non in acque territoriali, comunque entro la “zona contigua” che le autorità indiane considerano sottoposta a propria giurisdizione in caso di reati o azioni militari. Si tratta di una controversia troppo delicata, e che pone in tensione le relazioni tra due importanti Paesi, per esser lasciata alle forzature di un malinteso “amor di patria” che pare (giustamente) molto attento ai diritti di due militari italiani, ma disattento e (razzisticamente) alquanto insofferente rispetto a quelli di due pescatori indiani assassinati.
Viviamo tempi pericolosi, segnati dall’incipiente crisi della globalizzazione capitalistica: una crisi che qua e là alimenta il ritorno di pulsioni nazionaliste, isolazioniste, xenofobe. In un tale contesto, non sentiamo affatto il bisogno delle sparate, all’insegna di un patriottismo fascistoide, dei Gasparri e dei La Russa. Ciò tanto più vale nel momento in cui occorrerebbe difendere gli spazi democratici e socialmente progressivi conquistati nell’ambito della sovranità nazionale: spazi che oggi, anziché essere ampliati in direzione di una dimensione democratica (europea) più grande e avanzata, sono essi stessi seriamente minacciati dall’invasività di poteri sovranazionali ademocratici, di tecnocrazie sottratte a qualsiasi legittimazione e investitura popolare. Non dunque di vuota retorica patriottica c’è bisogno, ma di una mobilitazione popolare a difesa degli interessi delle classi subalterne, che – laddove non trovi la forza di esplicarsi a livello continentale – deve intanto esprimersi entro i confini del proprio Paese: come sta accadendo oggi a Cipro, dove un’immediata risposta dal basso ha impedito che le misure già di per sé gravose imposte dall’Unione Europea fossero ancor più pesanti per la parte socialmente più debole della popolazione. Ciò che sta avvenendo nell’isola mediterranea costituisce un monito severo per il resto dell’Europa “periferica”, dunque anche per l’Italia.
Al tempo del Fiscal compact e del Two pack (il patto fiscale e i regolamenti che codificano l’imposizione delle politiche di austerity, irrigidendo ancor più la supervisione di Bruxelles sulle politiche di bilancio nazionali), in attesa di migliori rapporti di forza su scala europea, forse sarebbe il caso che a sinistra si cominciasse a distinguere tra nazionalismo becero e sovranità nazionale. Anche su questo, stretti tra le invettive urlate e un po’ naives di Grillo e le troppo educate intenzioni di Bersani, ci viene a mancare (almeno sin qui) una sinistra di classe che faccia sentire forte la sua voce.
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