Una banca dell’altro mondo è possibile, per lo sviluppo

Una banca dell’altro mondo è possibile, per lo sviluppo

di Rita Plantera -
Mentre i leader politici delle maggiori economie europee stanno cercando di mantenere a galla Cipro e di tenere stabile la moneta unica, i Paesi del blocco Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – si sono incontrati a Durban – 26-27 marzo – per costituire una banca di sviluppo in grado di bilanciare l’influenza della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale e per costruire una riserva comune di cambio. E un accordo, seppure zoppicante, è stato raggiunto dal quintetto. C’è infatti intesa sulla creazione di una banca di sostegno allo sviluppo infrastrutturale delle economie emergenti e dei Paesi in via di sviluppo.
Le divergenze che ancora resistono riguardano soprattutto la quota di partecipazione al capitale iniziale che dovrebbe ammontare a circa 50 miliardi di dollari. Benché gli squilibri di forza tra i cinque ostacolino a livello globale l’affermazione politica del loro peso economico, il processo in questo senso è stato avviato e un forte segnale è stato lanciato agli istituti finanziari internazionali.
Cina e Brasile, le due maggiori economie del gruppo, ore prima dell’inizio del vertice, hanno siglato una swap line che permetterà loro di commerciare l’equivalente di circa 30 miliardi di dollari l’anno per tre anni nelle valute locali, spostando così quasi la metà dei loro scambi commerciali fuori dalla zona del dollaro e segnando con questo accordo un passo fondamentale nel tentativo delle potenze emergenti di apportare modifiche concrete ai flussi di commercio globale a lungo dominati da Stati uniti ed Europa. In un ottica geopolitica va visto anche l’impegno congiunto dei Brics di prendere in considerazione l’appello di Assad loro rivolto per un intervento atto «a fermare la violenza in Siria e favorire l’apertura di un dialogo» e altresì le dichiarazioni di Putin secondo cui i cinque agiranno di concerto «per trovare una soluzione pacifica alla crisi siriana». Soprattutto se si considera il fatto che sia la Russia che la Cina si sono sempre opposte ai tentativi dell’Onu di imporre sanzioni contro il regime di Assad.
Secondo gli economisti della Bank of America Merrill Lynch, se, nel peggiore dei casi, Cipro dovesse abbandonare l’euro, la frammentazione della moneta unica provocherebbe un raffreddamento degli investimenti e ridurrebbe nel periodo 2015-2020 la crescita economica nell’euro-zona di circa un intero punto percentuale. A differenza dei Paesi ricchi, sempre più attanagliati e indeboliti dalla crisi finanziaria, i mercati emergenti invece si presentano più forti e in grado di contribuire in modo più consistente alla crescita globale. Gli scambi commerciali tra le economie avanzate hanno registrato un calo del 6 per cento negli ultimi quattro anni, mentre quelli tra i mercati emergenti sono in crescita del 38 per cento, secondo i dati riportati dagli economisti di Citi Ebrahim Rahbari e Deimante Kupciuniene.
Tuttavia, per il Sudafrica, paese ospitante questo quinto vertice e ultimo dei cinque entrato a far parte del blocco nel dicembre 2010, la debacle di Bangui non poteva cadere in un momento peggiore. Nella settimana in cui Durban ospita il summit, è infatti particolarmente imbarazzante per la nazione arcobaleno rivendicare un ruolo di potenza continentale influente dopo la disfatta subita dai suoi soldati nel tentativo di mantenere al potere Bozize. La vicenda, oltre a un forte imbarazzo sullo scenario internazionale, ha suscitato anche forti critiche interne. In discussione è soprattutto il sostegno militare dato a Bozize, generale sotto l’«impero» di Jean Bedel Bokassa prima di rovesciare Ange-Félix Patassé con un colpo di Stato nel 2003. Con un deficit di bilancio stimato per il 2013 a circa il 4,6% del Pil, per ora il Sudafrica resta il fanalino di coda del gruppo Brics. Prospettive di crescita a medio lungo termine relativamente modeste non aiutano a fare pronostici di riduzione della disoccupazione che, ormai a un tasso persistente del 25%, è considerata la minaccia più grande alla stabilità sociale due decenni dopo la fine dell’apartheid. A differenza della crescita stimata intorno all’8,2% per la Cina, seguita dal 5,9% dell’India e dal 3,5% del Brasile.
In margine al vertice Brics, il Sudafrica ha raggiunto un accordo del valore di diversi miliardi di dollari con la cinese Chery Holdings e ha ricevuto un prestito di circa 5 miliardi di dollari dalla Cina a favore della Transnet, di proprietà statale, per rimodernare le linee ferroviarie. Considerando che la Cina è il più grande partner commerciale del Sudafrica, da cui importa massicce quantità di materie prime, e le difficoltà in cui si trova l’amministrazione Zuma e la sua politica economica, il Sudafrica sta rischiando di diventare la “Cenerentola” dei Brics sotto giogo cinese e questo nonostante sia di fatto la più grande economia dell’Africa.
il manifesto 28 marzo 2013

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