Berlusconi e il fascismo

Berlusconi e il fascismo

«Potevo fare di quest’aula sorda e grigia (il parlamento ndr) un bivacco di manipoli». Lo diceva nel 1922 Benito Mussolini, lo sogna in cuor suo ancora nel 2013 Silvio Berlusconi, convinto di parlare alla pancia nostalgica e ignorante del Paese che ha rovinato. Eppure i parallelismi fra i due suddetti personaggi non si limitano ai richiami di questi giorni. Identico l’amore per fallimentari, costose e cruente imprese belliche, identico il profondo maschilismo, identica la sudditanza ai sempiterni poteri forti, identica la frustrazione di fronte a dittatori più potenti e autorevoli, identici il culto della propria personalità  e del proprio corpo. Identica anche la propensione ad identificarsi con le masse a cui ci si rivolgeva per confermare il proprio carisma, identica anche la calvizie, se non fossero intervenuti i prodigi della scienza odierna a porvi rimedio. Viene da pensare al fascismo come un virus mai debellato totalmente, oggi presente in molte formazioni politiche nelle sue mutazioni storiche e antropologiche. Quella berlusconiana è segnata da sindrome del declino, ricorda molto più il crepuscolo di Salò che i fasti dei sogni imperiali ma non per questo va ignorata o considerata frutto di ennesimo svarione. Oltre ad essere frutto di una subcultura è sapientemente e scientemente studiata per far presa su quella componente nostalgica e assuefatta dell’elettorato e della popolazione che in tali nostalgie ritrova un senso di appartenenza. Un misto di ignoranza (intesa come non conoscenza della Storia), rabbia irrappresentata, livore individuale contro tutto e tutti, in specie contro i propri simili soprattutto se più deboli, frustrazioni personali o corporative, bisogno di deresponsabilizzazione. Ma esiste un altro pezzo di Paese, che ancora si nutre del bagaglio rappresentato dalla Resistenza, dall’antifascismo, da un’altra idea di vita e di relazione col mondo. Per questa maggioranza di Paese, non esiste un “fascismo che ha fatto cose buone tranne le leggi razziali”, esiste un fascismo che in quanto tale non poteva che condurre anche alle leggi razziali, come alla guerra, alla repressione selvaggia degli oppositori, alla privazione di diritti e libertà. Verrebbe da dire allora, “Grazie Silvio, hai volontariamente o meno riaperto i conti  con la storia, costringendo a dire chiaramente e con i fatti, da che parte si sta”. Ma questo grazie non può fuoriuscire, se si pensa alla miriade di organizzazioni che apertamente si rifanno al ventennio, se si pensa alle modalità di agire di una borghesia eversiva in perenne ricerca di una maggioranza silenziosa da circoscrivere attorno a vecchi e nuovi disvalori. Quindi prevale l’indignazione e lo sconcerto, nella speranza che la destra rappresentata dal Cavaliere resti sempre più un misero ricordo del passato.

P.S. Dopo aver rilasciato le ormai note dichiarazioni, ad una cerimonia, quella per la Giornata della Memoria a cui neanche era stato invitato, Silvio Berlusconi si è assopito, a testimonianza che il sonno della ragione genera mostri.

Redazionale


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