Dal no al liberismo all’anti-austerity

Dal no al liberismo all’anti-austerity

di Donatella della Porta – il manifesto

Altermondialismo. Dai social forum agli Indignados, la protesta si è spostata nelle piazze. Ma i movimenti soffrono la mancanza di coordinamento europeo

Le ele­zioni euro­pee saranno le prime ad avere luogo nel pieno della Grande Reces­sione. I son­daggi – inclusi quelli pro­mossi dalla Com­mis­sione Euro­pea per mezzo di Euro­ba­ro­me­ter – mostrano chia­ra­mente gli effetti che la crisi finan­zia­ria ha avuto sulla fidu­cia dei cit­ta­dini euro­pei nei con­fronti delle isti­tu­zioni euro­pee. Fidu­cia che ha subìto un calo dram­ma­tico, pas­sando dal 57% della pri­ma­vera del 2007 al 31% dell’autunno dell’anno scorso. La cre­scente sfi­du­cia nell’Ue va di pari passo con un aumento dram­ma­tico nella per­cen­tuale di cit­ta­dini nei quali l’Ue suscita un’immagine nega­tiva, che è addi­rit­tura rad­dop­piata (dal 15 al 28%), men­tre la per­cen­tuale di coloro nei quali suscita un’immagine posi­tiva è crol­lata (pas­sando dal 52 al 31%). Nel frat­tempo, la por­zione della popo­la­zione che si dichiara otti­mi­sta nei con­fronti degli svi­luppi futuri dell’Ue è scesa da 2/3 alla metà del totale, men­tre la por­zione che si dichiara pes­si­mi­sta ha rag­giunto i 2/3 del totale in Por­to­gallo, Gre­cia e Cipro.
I son­daggi ci rive­lano anche quanto il tra­collo di legit­ti­mità poli­tica delle isti­tu­zioni sia legato alla crisi finan­zia­ria e in par­ti­co­lare alle poli­ti­che di auste­rità. La metà degli inter­vi­stati (e i 2/3 in Spa­gna, Gre­cia, Por­to­gallo, Irlanda e Cipro) pone la disoc­cu­pa­zione in cima alle pro­prie pre­oc­cu­pa­zioni, seguita dalla situa­zione eco­no­mica. Solo il 14% con­si­dera il debito pub­blico un pro­blema. Il calo di fidu­cia va di paro passo col mutato giu­di­zio nei con­fronti della situa­zione eco­no­mica nazio­nale, che regi­stra un aumento signi­fi­ca­tivo nella per­cen­tuale – pari quasi al 100% nei paesi del Sud Europa – di coloro che la con­si­de­rano total­mente nega­tiva. È in rapido aumento anche la per­cen­tuale di inter­vi­stati (2/3) che ritiene di non avere voce in capi­tolo in merito alle deci­sioni prese dall’Ue; per­cen­tuale che aumenta dram­ma­ti­ca­mente (fino a 4/5) nei paesi dell’Est e del Sud Europa.
L’impatto dege­ne­ra­tivo dell’«Europa del mer­cato» in ter­mini di benes­sere eco­no­mico e dell’«Europeizzazione dall’alto» in ter­mini di con­senso poli­tico è oggetto di dibat­titto tra i movi­menti sin dai tempi del primo Forum Social Euro­peo, tenu­tosi a Firenze nel 2002. La spe­ranza di riu­scire a con­tri­buire alla crea­zione di un’Europa più giu­sta e inclu­siva è però andata in fran­tumi nel corso di quel decen­nio, in cui la crisi finan­zia­ria ha dimo­strato sia il radi­ca­mento delle idee neo­li­be­ri­ste all’interno delle isti­tu­zioni Ue che la l’incapacità di que­ste ultime di tenere fede alle loro pro­messe. La crisi finan­zia­ria glo­bale ha infatti accen­tuato gli effetti diver­genti della moneta unica in ter­mini di disu­gua­glianze ter­ri­to­riali. L’assenza di inve­sti­menti fina­liz­zati al miglio­ra­mento delle loro infra­strut­ture socioe­co­no­mi­che ha reso le peri­fe­rie dell’Ue non solo più vul­ne­ra­bili alla crisi, ma anche più dipen­denti. Le poli­ti­che mone­ta­rie (del tutto insuf­fi­cienti) messe in atto in seguito alla crisi finan­zia­ria hanno dimo­strato l’influenza dell’ideologia neo­li­be­ri­sta sull’Ue in gene­rale, e sulla Bce in par­ti­co­lare. L’illusione della fede­ra­zione, e del rico­no­sci­mento dei diritti degli stati più deboli, è sva­nita di fronte alle pesanti con­di­tio­na­li­ties impo­ste ai paesi più col­piti dalla crisi eco­no­mica, che sono stati costretti a sacri­fi­care quel poco di sovra­nità nazio­nale rima­sta in cam­bio di aiuti mate­riali.
Que­sti muta­menti nelle isti­tu­zioni dell’Ue si riflet­tono nell’atteggiamento assunto dai movi­menti pro­gres­si­sti nei loro con­fronti. Lad­dove all’inizio del mil­len­nio il lavoro dei movi­menti per la giu­sti­zia glo­bale si era con­cen­trato sull’elaborazione di una visione cri­tica dell’Europa, oggi le pro­te­ste anti-austerity sem­brano impron­tate alla difesa di ciò che è rima­sto delle sovra­nità nazio­nali, per­lo­meno nelle eco­no­mie più deboli. L’europeismo cri­tico esi­ste ancora, ma la fidu­cia nella rifor­ma­bi­lità delle isti­tu­zioni euro­pee, e nella pos­si­bi­lità di influen­zare le poli­ti­che euro­pee per mezzo delle atti­vità di lob­by­ing e di con­sul­ta­zione, è stata messa a dura prova. Alla base di molte delle pro­te­ste anti-austerity, infatti, sog­giace l’idea che la demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva sia stata irri­me­dia­bil­mente cor­rotta dall’intreccio tra potere eco­no­mico e poli­tico.
Il fatto che le isti­tu­zioni sono con­si­de­rate non-rappresentative si riflette negli studi che indi­cano che coloro che par­te­ci­pano alle pro­te­ste hanno sem­pre meno fidu­cia nelle isti­tu­zioni demo­cra­ti­che, a tutti i livelli ter­ri­to­riali. Se com­pa­riamo, per esem­pio, le rispo­ste date al que­stio­na­rio sot­to­po­sto ai par­te­ci­panti del Forum Sociale Euro­peo del 2002 con quelle date allo stesso que­stio­na­rio dieci anni dopo, in occa­sione del forum Firenze 10+10, notiamo un calo dram­ma­tico nella per­cen­tuale di coloro che dichia­rano di avere fidu­cia nei par­la­menti, nei par­titi e nei sin­da­cati nazio­nale, ma anche nell’Ue e nelle Nazioni Unite.
Allo stesso tempo, notiamo un aumento nella per­cen­tuale di per­sone che riten­gono che, per rag­giun­gere gli obiet­tivi del movi­mento, sia neces­sa­rio aumen­tare i poteri dei governi nazio­nali. Que­sta sem­bra essere una rea­zione dif­fusa all’usurpazione di sovra­nità nazio­nale pro­dotta dalla crisi, in par­ti­co­lare nei paesi della peri­fe­ria euro­pea.
Le moda­lità di mobi­li­ta­zione e di azione dei movi­menti anti-austerity riflet­tono que­sto cam­bia­mento. I contro-summit e i Forum sociali euro­pei sono stati rim­piaz­zati dalle occu­pa­zioni delle piazze pub­bli­che, in cui gli occu­panti pun­tano a rico­struire i pro­cessi demo­cra­tici – dal basso e a livello locale. Le acam­pa­das degli indi­gna­dos e dei movi­menti Occupy pos­sono essere con­si­de­rate una forma di poli­tica pre­fi­gu­ra­tiva, orien­tata a incar­nare i pro­cessi demo­cra­tici in prima per­sona piut­to­sto che a rela­zio­narsi con un sistema con­si­de­rato ormai inca­pace di imple­men­tare la demo­cra­zia.
Se com­pa­riamo i forum sociali con le più recenti pro­te­ste con­tro le poli­ti­che di auste­rità, pos­siamo cogliere delle simi­li­tu­dini nella cri­tica della visione neo­li­be­ri­sta della demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva, ma anche delle dif­fe­renze. In par­ti­co­lare, le ten­sioni nel rap­porto con i par­titi poli­tici (e le isti­tu­zioni demo­cra­ti­che in gene­rale), che erano già pre­senti nei forum, nelle ondate suc­ces­sive di pro­te­sta si sono for­te­mente radi­ca­liz­zate, carat­te­riz­zan­dosi per un rifiuto dif­fuso di strin­gere alleanze con i par­titi e per­sino con le asso­cia­zioni poli­ti­che, con­si­de­rati stru­menti (cor­rotti) di domi­nio. Paral­le­la­mente, se è vero che gli appelli per un’altra Europa sono ancora udi­bili, le cre­scenti disu­gua­glianze ter­ri­to­riali, e l’asimmetria degli impatti della crisi glo­bale, ren­dono più dif­fi­cile il coor­di­na­mento a livello euro­peo. I ten­ta­tivi di strin­gere alleanze di movi­mento a livello trans­na­zio­nale riman­gono spo­ra­dici e sof­frono della man­canza di eventi cata­liz­za­tori, quali sum­mit anti-Ue e Forum sociali euro­pei. Il nuovo con­te­sto poli­tico ci costringe a ripen­sare molte delle stra­te­gie per lo svi­luppo demo­cra­tico delle isti­tu­zioni dell’Ue e pone l’accento sulla neces­sità di ela­bo­rare una stra­te­gia di lotta mul­ti­li­vello se vogliamo inci­dere su un piano isti­tu­zio­nale che si è dimo­strato sem­pre più imper­mea­bile alle forme di pres­sione spe­ri­men­tate in passato.


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