Sulle orme di don Gallo, per decidere da che parte stare

Sulle orme di don Gallo, per decidere da che parte stare

Centinaia di persone a Campo Ligure. Maurizio Landini è con loro. “Rimettere al centro il lavoro”, dice il segretario della Fiom

Il 25 aprile 2013 è stato l’ultimo per don Gallo, sof­ferto, il cuore non lo soste­neva più come avrebbe dovuto. Volle comun­que uscire in una di quelle notti insonni per salire al «Sacra­rio dei Mar­tiri del Tur­chino». «Belin, un 25 aprile così io non lo passo…», per lui abi­tuato a vivere la festa della Libe­ra­zione con lo sguardo rivolto in avanti, coniu­gato con la difesa della Costi­tu­zione e la man­cata attua­zione dei suoi valori fon­danti, era dif­fi­cil­mente con­ce­pi­bile pas­sarlo stando fermo in una stanza. Quando arri­vammo, volle det­tare que­ste righe che ren­demmo pub­bli­che subito su Face­book: «Mi trovo ora (23.45) in loca­lità Fon­ta­na­fredda. Ho scelto di recarmi la notte del 25 aprile al Sacra­rio dei Mar­tiri del Tur­chino, dove il 19 mag­gio del 1944 furono tru­ci­dati dalle truppe nazi­fa­sci­ste 59 civili ita­liani. W la resi­stenza, W i par­ti­giani!». 59 per­sone, molte delle quali non ancora ventenni.

Don Gallo riposa a Campo Ligure, paese di ori­gine della sua fami­glia, del fra­tello Dino, Coman­dante Par­ti­giano nato nel 1922, era stato sot­to­te­nente del genio pon­tieri di Milano quando, l’8 set­tem­bre 1943, scelse di stare con i par­ti­giani, dando vita in Val­pol­ce­vera alla bri­gata Sap, poi chia­mata «Paolo Cozzo». Quando il fra­tello, ven­ti­duenne, nel ’43 decise di arruo­larsi nella Resi­stenza, don Gallo quin­di­cenne ne com­prese il senso di quella scelta che avrebbe cam­biato le loro vite. Ieri siamo tor­nati in tanti a Campo Ligure, cen­ti­naia di per­sone insieme per la prima volta da quel 25 mag­gio quando lo salu­tammo, non solo per cele­brare la memo­ria ma per inter­ro­garci tutti su cosa signi­fi­chi essere par­ti­giani oggi, deci­dere da che parte stare. Per dirla con le parole di Mau­ri­zio Lan­dini, con noi nella gior­nata della festa della Libe­ra­zione, signi­fica: «Met­tere al cen­tro il fatto che l’Italia è un Repub­blica fon­data sul lavoro, che non è pos­si­bile oggi lavo­rare ed essere poveri, che, se il lavoro non dà auto­no­mia e dignità, ci chie­diamo quale senso hanno le parole fon­da­tive della nostra Carta per le nuove gene­ra­zioni e le attuali. Essere par­ti­giani oggi, difen­dere i valori del 25 aprile, signi­fica anche non pen­sare che la Costi­tu­zione va cam­biata, ma che la Costi­tu­zione va espli­cata per tagliare le unghie alla finanza, per rimet­tere al cen­tro un modello sociale che parta dal lavoro. Rimet­tere al cen­tro il lavoro è un pro­cesso che si fa con la par­te­ci­pa­zione, non con le logi­che dell’uomo solo al comando che da oltre ven­tanni imper­ver­sano nel nostro paese, biso­gna invece ria­prire pro­cessi di par­te­ci­pa­zione e di demo­cra­zia che par­tono dal basso. Par­teg­giare, par­te­ci­pare, dob­biamo met­terlo in pratica».

La sen­sa­zione, per noi della Comu­nità San Bene­detto al Porto dopo la «scom­parsa» del Gallo, è quella di avere le scarpe rotte, così come molti, troppi, le hanno oggi nel nostro Paese, «eppure siamo andati, eppur biso­gna andar». W la Resi­stenza, W i Partigiani!

*Comu­nità San Bene­detto al Porto


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