Il miraggio della crescita

Il miraggio della crescita

di Roberto Romano – il manifesto
Un bel giorno una strana cop­pia si trova cata­pul­tata addi­rit­tura nel ‘400, pochi mesi prima della spe­di­zione di Cri­sto­foro Colombo. Ai due non resta che fare buon viso a cat­tivo gioco. È la sto­ria del film Non ci resta che pian­gere con Troisi e Beni­gni. L’incontro con Leo­nardo Da Vinci sarebbe molto più inte­res­sante di una chiac­chie­rata con Olli Rehn, ma forse pos­siamo ten­tare di cata­pul­tare nel ‘400 l’attuale Com­mis­sione Euro­pea. Potrebbe impa­rare qual­cosa. Noi, nel frat­tempo, pro­viamo a cam­biare le cose senza di loro.

La meta­fora non è irri­ve­rente: è lo spec­chio fedele delle sen­sa­zioni del popolo greco, come di larga parte della popo­la­zione euro­pea. Par­ti­co­lar­mente fasti­diosa è l’ipocrisia della poten­ziale cre­scita. Come ogni anno la cre­scita si avvi­cina, per poi per­dersi per strada. La cre­scita euro­pea è sti­mata all’1,2%, in con­tra­zione rispetto alle stime ini­ziali. Restando all’Italia, nel corso di soli 3 mesi, le stime di cre­scita si sono ridotte del 50%, da l’1,1% a 0,6%.

Tra poco il governo Renzi, il 10 aprile, pro­durrà il Def (docu­mento eco­no­mico e finan­zia­rio); valu­te­remo l’impatto eco­no­mico e sociale delle misure. Per il momento la disoc­cu­pa­zione uffi­ciale sale al 13%, la più alta dal 1977, men­tre l’occupazione è agli stessi livelli del 2000. Se poi con­si­de­ras­simo le per­sone che non fanno domanda di lavoro, ma sareb­bero dispo­ni­bili a lavo­rare, gli sco­rag­giati e financo la cassa inte­gra­zione, la disoc­cu­pa­zione reale sali­rebbe al 24%. La disoc­cu­pa­zione gio­va­nile è quella pre­va­lente? Non è sor­pren­dente: la riforma For­nero ha fatto danni ine­nar­ra­bili. Con­si­de­rando, inol­tre, il livello quali-quantitativo della domanda di lavoro delle imprese, i nostri ragazzi e ragazze hanno ben poche pos­si­bi­lità di tro­vare un lavoro coe­rente con il loro livello di formazione.

L’aumento della disoc­cu­pa­zione è coin­ciso con il più basso livello di pro­te­zione dell’impiego e la più bassa pro­dut­ti­vità del lavoro (Paolo Pini). Ma dove sono tutte quelle per­sone che asso­cia­vano la bassa pro­dut­ti­vità del lavoro alla sua pre­sunta rigi­dità? L’Italia è il paese delle mera­vi­glie: il più basso indice di pro­te­zione del lavoro, 1,86 con­tro una media Ocse di 2, con le ore lavo­rate per addetto tra le più alte al mondo. Solo per fare un esem­pio: in Ger­ma­nia si lavora 1397 ore, in Ita­lia 1752. Alla fac­cia della rigi­dità del lavoro.

I pro­blemi che l’Europa deve affron­tare sono enormi. Come può il pil cre­scere se gli inve­sti­menti con­ti­nuano a con­trarsi? Lo spi­rito santo potrebbe anche aiu­tarci, ma più rea­li­sti­ca­mente si potrebbe adot­tare una sana poli­tica eco­no­mica in cui la spesa pub­blica diventi un attore del cam­bia­mento. Si tratta di sce­gliere tra le mise­rie del 3%, il rap­porto tra inde­bi­ta­mento e pil, e del 60%, il rap­porto tra debito e pil, e le annun­ciate poli­ti­che indu­striali che, nono­stante tutto, la Com­mis­sione con­ti­nua a sug­ge­rire.
L’Europa deve sce­gliere tra il pro­getto Europa 2020, con tutte le impli­ca­zioni ambien­tali, ener­ge­ti­che e lavoro buono, e la povertà (pro­cu­rata) nella società dell’abbondanza. Non dovrebbe essere dif­fi­cile scegliere.

Al ver­tice di Atene si spre­che­ranno i richiami all’ordine costi­tuito. Le prin­ci­pali dichia­ra­zioni sono peren­to­rie: l’Italia non sfori i vin­coli di bilan­cio, ma fac­cia le riforme. Il com­mis­sa­rio Rehn è fidu­cioso che l’Italia rispet­terà gli impe­gni; la ripresa si raf­forza, ma pre­oc­cupa l’inflazione bassa.
Porca mise­ria: la defla­zione. Di que­sto passo le imprese non copri­ranno i costi di pro­du­zione e chiu­de­ranno i battenti.

For­tu­na­ta­mente sono vicine le ele­zioni euro­pee. Occorre un oriz­zonte ade­guato. Non basta dire no all’euro. Ser­vono pro­po­ste forti. Almeno due devono essere prese in con­si­de­ra­zione: l’aumento del bilan­cio pub­blico euro­peo al 4% del pil, oggi è all’1,2%; il finan­zia­mento dello stesso via impo­sta euro­pea (tobin tax o impo­sta sul valore aggiunto) per evi­tare lo stra­po­tere dei paesi che finan­ziano diret­ta­mente la Commissione.

La forza delle idee è più forte degli inte­ressi costi­tuiti. Caro Key­nes, spero che la tua fede nella forza delle idee sia travolgente.


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