Povertà, il rapporto Caritas 2014
Pubblicato il 31 mar 2014
Allarmanti i dati del Rapporto. Cresce la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% il 66% di chi chiede aiuto dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. Sono perlopiù italiani, divisi equamente tra uomini e donne. Cresce la povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea.
È stato presentato oggi ill ‘Rapporto 2014′ della Caritas italiana sulla povertà e l’esclusione sociale intitolato ‘False partenze’, in occasione del convegno nazionale delle Caritas diocesane.
La Caritas sottolinea, nel suo studio, come i particolare l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni ai cambiamenti del costo della vita abbiano avuto un impatto negativo sulle famiglie italiane. Questo soprattutto in un periodo in cui i giovani trovano con difficoltà lavoro e sono in gran numero disoccupati (fra i sette paesi analizzati dal rapporto l’Italia ha la percentuale più alta di Neet, giovani che né studiano né cercano lavoro), facendo quindi diventare il contributo dei pensionati ai redditi familiari ancora più importante.
Un record di crescita negativo, l’Italia lo fa registrare per la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% (18,5 milioni), al ventunesimo posto nella classifica dei paesi peggiori per quanto riguarda questo indicatore nell’UE a 28. Fra il 2010 e il 2011, nessuno Stato membro ha registrato una crescita dei poveri alta come quella verificatasi in italia. E fra il 2011 e il 2012, solo la Bulgaria ha fatto peggio di noi. Come se non bastasse, mentre in Italia è molto alto il rischio di trovarsi in situazione di povertà, è molto difficile poi uscirne. E una piaga particolarmente grave è quella della povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea, tanto che l’Italia è a rischio di crescita dello sfruttamento del lavoro minorile.
Infine aumentate del 10%, nel nostro paese, le disuguaglianze di reddito fra il 2008 e il 2011.
La povertà aspetta dopo la rottura dei rapporti coniugali, infatti, il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento.
Altre conseguenze della separazione: aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio come anche la crescita di disturbi psicosomatici (66,7% accusa un più alto numero di sintomi rispetto alla pre-separazione. Inoltre, la separazione incide negativamente nel rapporto padri-figli: il 68% dei padri (46,3% delle donne) intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione; tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,2% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo più un miglioramento).
Tra i separati/divorziati che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c’è una leggera prevalenza delle donne (53,5%), rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un’equa divisione. Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8% in procedimenti di divorzio.
Nel Rapporto un capitolo è dedicato al giudizio della Caritas europea che boccia senza appello la Troika e la politica di austerità imposta da Ue, Bce e Fmi ai paesi travolti dallo Tsunami dei debiti sovrani negli ultimi cinque anni. Il secondo “Rapporto sulla crisi” messo a punto dall’organizzazione cattolica – 114 pagine di analisi sui dati finanziari ed economici dei conti dei cosiddetti Piigs (Italia compresa) – è durissimo. “La politica di austerità non funziona. Serve e presto, un’alternativa”, precisa lo studio. A cinque anni dall’inizio della crisi la disoccupazione è in aumento, 124 milioni di persone (il 25% dei cittadini dei 27) vivono sulla soglia della povertà. Nello stesso tempo i tagli ai servizi sociali riducono molta gente in condizioni molto difficili “colpendo alla fine la parte più debole della società”.
“A Bruxelles continuano a dirci che la crisi è finita – ha raccontato presentando lo studio Thorfinnur Omarsson, portavoce della Caritas -. Ma a noi risulta il contrario. E a pagare il pedaggio più salato alla recessione sono le persone che di sicuro non l’hanno causata”. Come? Il rapporto non lascia dubbi: “L’accesso ai servizi sanitari universali si sta restringendo, con un impatto pesante sulla salute dei cittadini europei. E i paesi in difficoltà sono quelli dove si stanno aprendo i gap maggiori tra ricchi e poveri”. La conclusione è tranchant. La politica lacrime e sangue imposta dalla Troika è “un processo iniquo, sbagliato economicamente e ingiusto”. “L’opposto di quello che prevedeva la strategia di inclusione di Europa 2020″. “Stiamo assistendo a una situazione in cui le disuguaglianze stanno crescendo e si sta creando una classe di nuovi poveri”, ha spiegato Artur Benedyktowitz, responsabile politici sociali della Caritas Ue. Il 20% dei più ricchi d’Europa, spiega il rapporto, guadagna cinque volte quello che entra in tasca al 20% più povero.
Cosa si deve fare ora? Trovare subito una politica alternativa, suggerisce l’organizzazione. “Nessuno dice che non servano riforme strutturali – dice la Caritas -. Ma bisogna implementarle tenendo conto molto di più delle loro conseguenze strutturali”. Le banche – continua iol rapporto – “devono pagare per i loro errori. E le colpe delle loro scommesse finanziarie non vanno scaricate sui depositi dei correntisti”. Se non si puiniscono i colpevoli nel mondo della finanza, “si incentiva il comportamento fraudolento”. La Troika ha prestato grande attenzione agli interventi fiscali – prosegue lo studio – monitorandoli un centesimo per uno, ma non ha previsto alcun indicatore della situazione sociale dei paesi sotto austerity.
I suggerimenti: inserire indicatori sociali oltre il rapporto deficit/ pil per valutare la bontà delle riforme, più trasparenza sugli interventi della Troika, più monitoraggio sociologico per le fasce più deboli e un salario minimo ai disoccupati, più findi per combattere la diosccupazione giovanile.
Sostieni il Partito con una
Appuntamenti