Si chiude la storia Fiat: è nata la Fca
Pubblicato il 30 gen 2014
di Antonio Sciotto – il manifesto
Addio al Lingotto, si «emigra» in Olanda, Gran Bretagna e Usa. Fiom e Cgil preoccupate: «Ora investire in Italia». Marchionne realizza il sogno di essere tra i big globali: con Chysler il gruppo è settimo nel mondo
Ieri è stato un giorno storico: non solo dal punto di vista industriale – con la nascita di un nuovo colosso globale dell’auto – ma soprattutto per l’Italia, e per Torino. Dopo 115 anni di presenza nel nostro Paese, la Fiat ci lascia: si scioglie nella nuova Fca (Fiat Chrysler Automobiles, nome fresco di zecca, come il logo in azzurro), la sede fiscale emigra in Gran Bretagna, quella legale ad Amsterdam, e la piazza principale per il titolo diventerà Wall Street, con Milano solo secondaria.
Le decisioni – di cui si parlava da giorni, se non da mesi – sono state prese dal cda che si è tenuto ieri a Torino, l’ultimo della vecchia Fiat. Sergio Marchionne ha poi annunciato il «verbo»: il manager «dei due mondi» ha compiuto la prima parte del suo percorso, e ora si prepara all’avventura di Fca, prefigurando una successione, quando avrà portato a compimento il piano che presenterà a maggio. Intanto gli ultimi utili hanno deluso, tanto che ieri il titolo ha avuto una giornata difficile in Borsa.
«Oggi è una delle giornate più importanti della mia carriera in Fiat e Chrysler – ha detto Marchionne – Possiamo dire di essere riusciti a creare basi solide per un costruttore di auto globale con un bagaglio di esperienze e di competenze allo stesso livello della migliore concorrenza». In effetti, già dal 2010, dai tempi del famoso piano Fabbrica Italia (di fatto mai realizzato, in parte anche a causa della crisi: i 20 miliardi di euro annunciati non sono mai stati investiti), l’ad di Fiat aveva detto che l’azienda torinese avrebbe potuto sopravvivere solo se fosse diventata una dei pochi gruppi globali («che si conteranno sulle dita di una mano») con risorse tali da reggere la competizione. E così è stato.
Tutte le attività che confluiranno in Fca «proseguiranno la propria missione, compresi naturalmente gli impianti produttivi in Italia e nel resto del mondo, e non ci sarà nessun impatto sui livelli occupazionali», ha poi assicurato Marchionne, sapendo che gli operai e i sindacati al contrario temono che questo sia solo il primo passo di un disinvestimento della Fiat (o meglio, del nuovo gruppo) dal nostro Paese.
Il timore per il futuro è espresso da Fiom e Cgil: i metalmeccanici guidati da Maurizio Landini non sono stati invitati all’incontro di ieri, successivo al cda. C’erano solo i sindacati firmatari del contratto: Landini, significativamente, sarà oggi a Termini Imerese, dove i lavoratori della ex Fiat chiedono di poter tornare a sperare. A due anni dall’abbandono del Lingotto, infatti, il sito siciliano è tuttora con gli operai in cassa e con la prospettiva della disoccupazione.
Sia la Cgil, con Susanna Camusso, che la Fiom, fanno notare che adesso Fiat pagherà le tasse all’estero, e che per l’Italia si tratta di un nuovo impoverimento. Adesso, è la richiesta, il governo faccia di tutto per ottenere impegni chiari dall’azienda, nel piano industriale che verrà presentato (come ha annunciato ieri lo stesso Marchionne) i primi di maggio.
Quindi via dal biglietto da visita quel «Via Nizza 250» – l’indirizzo del Lingotto – che caratterizzava la Fiat. Fca avrà sede in una via olandese. Il fisco inglese è stato scelto invece perché è molto favorevole rispetto ai dividendi (cioè li tassa meno dell’Italia). La storia iniziata l’11 luglio 1899, quando Giovanni Agnelli siglò l’atto di nascita insieme a un gruppo di nobili e borghesi torinesi, nel palazzo dei Bricherasio, si è conclusa. Allora modello incontrastato erano la Ford e le sue linee di montaggio, oggi si guarda inevitabilmente ai gruppi che stanno davanti, aggressivi, come Volkswagen e Toyota.
Fca è settima tra i costruttori d’auto mondiali: 4,4 milioni le vetture vendute. Il giro d’affari 2012 è stato di 84 miliardi di euro; l’utile 3,8 miliardi; 3,3 miliardi investiti in ricerca e sviluppo; 6,6 miliardi l’indebitamento a fine 2013. Realizza il 54% dei ricavi nell’area Nafta (Usa, Canada e Messico), il 14% in America Latina, il 9% in Italia, il 15% in Europa esclusa Italia, e l’8% nel resto del mondo.
Il gruppo, che opera anche nel settore dei componenti con Magneti Marelli e Teksid e nel comparto dei sistemi di produzione con Comau, conta 158 stabilimenti: 48 nel Nord America, Canada e Messico, 19 in America Latina, 44 in Italia, 33 in Europa (esclusa Italia) e 14 nel resto del mondo. I dipendenti sono 215 mila, il 34% nell’area Nafta, il 29% in Italia, il 22% in America Latina. il 12% in Europa, il 3% nel resto del mondo. Sono 77 i centri di ricerca, la maggior parte (37) in Italia), seguita da Nafta (16), Europa (15), America Latina (5) e resto del mondo (4).
I brand del gruppo sono 16: Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Abarth e Fiat Professional; Ferrari e Maserati; Chrysler, Jeep, Dodge, Ram, Street and Racing Technology, Mopar; Magneti Marelli, Teksid e Comau. Il gruppo ha accordi commerciali con 140 Paesi, dalla Turchia alla Serbia all’Ungheria, dalla Cina all’India. Tra i partner ci sono la Tata in India, la Gac in Cina, la Mazda in Giappone, la Psa per i veicoli commerciali.
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