Documento finale del IV Congresso del Partito della Sinistra Europea

Documento finale del IV Congresso del Partito della Sinistra Europea

Documento politico del congresso -

Qui il PDF final political doc European Left – IT

UNITI PER UN’ALTERNATIVA DI SINISTRA IN EUROPA
L’Europa in una crisi profonda, un ruolo cruciale per le forze d’alternativa e della Sinistra Europea

L’Europa attraversa la crisi più grave della sua storia dagli anni 30 e dalla Seconda Guerra Mondiale. Il progetto europeo doveva essere, secondo le forze dominanti, un progetto di pace e di progresso sociale. Si è trasformato in un incubo in cui il solo orizzonte proposto ai popoli europei è una regressione sociale brutale e generalizzata. L’Europa intera è investita da un uragano generato da una crisi del sistema capitalista finanziario – in cui le conseguenze sociali ed ecologiche colpiscono l’umanità e il pianeta con una violenza inaudita – e dalla concezione dell’Unione Europea costruita sul modello ultraliberista e sottoposta al controllo dei mercati finanziari.
La crisi del capitalismo globalizzato, dopo anni di accumulazione dei profitti e di ripartizione delle ricchezze e del potere a favore del capitale, colpisce in un modo o nell’altro ogni paese e ogni aspetto della vita. Le politiche di austerità estrema, la contrazione e la precarietà del lavoro, la privatizzazione dei servizi e delle imprese pubbliche, la distruzione di gran parte delle forze
produttive, la riduzione drammatica della protezione sociale, l’indebolimento delle istituzioni
democratiche, il rafforzamento della repressione e delle misure di « urgenza », sono utilizzate per  mantenere il dominio del capitale e dei profitti.
La situazione è diventata insostenibile per i popoli europei. L’austerità e l’autoritarismo sono gli
strumenti di una strategia delle oligarchie europee per dominare i popoli. Mentre le banche sono state salvate, i dipendenti pubblici vengono sacrificati e la disoccupazione esplode. Mentre le tasse per le imprese e per le grandi fortune vengono sistematicamente ridotte, le tasse ingiuste ricadono sulle popolazioni. I salari si abbassano ma i profitti delle imprese aumentano e con essi la disuguaglianza. A causa della speculazione immobiliare, intere famiglie non hanno più un tetto sopra la testa. L’utilizzo non sostenibile delle risorse continua ad essere praticato, anche con modelli agricoli, di pesca e di allevamento intensivo e con la speculazione sui mercati agricoli, mentre i piccoli contadini e pescatori non hanno di che vivere e il cambiamento climatico minaccia l’umanità. Mentre gli atteggiamenti mentali progrediscono verso l’uguaglianza, vi è una recrudescenza dello sfruttamento, delle violenze e del traffico di donne. Accade lo stesso per tutte le forme di violenza rivolte agli orientamenti sessuali o alle identità di genere. Mentre crescono le aspirazioni a una maggior democrazia, aumentano gli attentati alle libertà e la repressione. E quando la pace sembrerebbe più necessaria che mai, i dirigenti europei scelgono la via dell’atlantismo, della Nato e degli interventi militari.

La strada verso la quale si dirige la UE è una drammatica « impasse ». Trascina tutto il continente in
recessione e provoca una crisi esistenziale dell’Unione Europea. Al di là delle frontiere della UE,
tutti i paesi europei stanno vivendo turbolenze politiche e sociali che 45 riconfigureranno il continente
per decenni. I capi di Stato europei e tutte le forze che hanno sostenuto i loro progetti nei Parlamenti
nazionali e nel Parlamento europeo, spesso con il consenso delle forze della destra conservatrice,
dei liberali, dei social-democratici e dei Verdi, hanno una pesante responsabilità.
Oggi dobbiamo fare delle scelte cruciali. Non ci sarà né status quo né possibilità di tornare indietro.
Se le scelte attuali vengono mantenute, la UE si ridurrà sempre più ad essere direttore autoritario e generatore di regressione sociale in detrimento a qualunque idea di solidarietà o di giustizia europea. Noi proponiamo una rottura e un altro progetto europeo basato sull’interesse dei popoli e il rispetto della loro sovranità, al fine di ridare un senso alla costruzione europea. Per noi non si tratta di aspettare il crollo dell’Unione europea, da cui potrebbero nascere mostri, nè di promuovere
soluzioni nazionaliste mettendo i popoli gli uni contro gli altri. La sinistra europea che noi rappresentiamo è internazionalista e solidale.
Si tratta di un’alternativa socialista, di una civiltà libera dal capitalismo, dallo sfruttamento, dall’oppressione e dalle violenze che ne conseguono. La nostra visione garantirà una ripartizione delle ricchezze in favore del lavoro, un modello di sviluppo avanzato tanto sul piano sociale che su quello ambientale, l’uguaglianza e i diritti democratici di tutti i cittadini e le cittadine europei/e.
È in quest’ottica che noi ci battiamo per una rifondazione dell’Europa, cioè di una nuova definizione dei suoi obiettivi, delle sue politiche e delle sue strutture, un modello economico produttivo, sociale ed ecologico completamente differente, fondato sulla solidarietà, la giustizia sociale e le sovranità popolari.
In questo contesto la responsabilità del Partito della Sinistra Europea è storica poichè la crisi in
Europa agisce in profondità nelle società e libera forze contrapposte. Da un lato la regressione sociale e la negazione permanente della democrazia fanno aumentare la divisione tra popoli e nelle stesse società. Queste forze nutrono una spinta, in numerosi paesi europei, a forme di egoismi nazionali, regionali, approcci anti-femministi, omofobi, transfobi o fascisti e xenofobi. Ma, da un altro lato, le lotte si intensificano e le forze di sinistra progrediscono. Oggi numerose forze critiche sono disponibili a costruire un fronte europeo, permettendo un’alternativa di sinistra per uscire dalla crisi dall’alto, e costruire una cooperazione regionale europea che sia benefica per i popoli d’Europa e del mondo. Vogliamo unirci a queste forze per cambiare veramente in Europa.
È il senso che diamo all’esistenza del Partito della Sinistra Europea (SE). La SE unisce delle forze anticapitaliste, comuniste, socialiste, ecologiste, femministe, ecosocialiste, repubblicane e altre democratiche, e apre allo sviluppo di proposte, di azioni e di spazi di confluenza. È il nostro marchio di fabbrica nell’ambito di un paesaggio politico europeo dominato dalle forze che promuovono il neoliberismo e agiscono al servizio degli interessi del gran capitale. Il nostro obiettivo è di rompere questo consenso attraverso la convergenza nell’azione di forze politiche variegate che esistono nei paesi europei, che lottano nella strada e nelle istituzioni, con una prospettiva anticapitalista.

Il 4 congresso della SE deve costituire una nuova tappa per rispondere meglio a questi obiettivi, non solo nel quadro delle elezioni europee del 2014, ma anche in una prospettiva più larga di lavoro delle confluenze delle diverse lotte popolari a livello europeo. Vogliamo aprire cammini per i lavoratori e i cittadini al fine che possano prendere il potere sulle 90 decisioni politiche, vogliamo costruire una reale democrazia, politica ed economica, per riprendere il potere contro il colpo di Stato finanziario.
I/ L’aggravarsi spettacolare della crisi in Europa : il fallimento di una costruzione ultraliberista e delle risposte « austeritarie »
Siamo di fronte a una crisi del sistema capitalista che tocca tutte le regioni del mondo, senza eccezioni. Ma la crisi nella UE ha un carattere specifico, legato alla sua costruzione e ai dogmi neoliberisti applicati intensivamente prima e dopo lo scoppio della crisi. La « strategia 2020 » e il Piano di Bilancio per 2014-2020 sono chiaramente strumenti di questa politica di distruzione.
La UE è stata costruita su un modello economico e monetario al servizio della finanza e dei paesi più potenti
Questa costruzione è stata fatta su principi di distruzione e privatizzazioni, condivisa dalle organizzazioni politiche socialdemocratiche e di destra ogni volta che veniva firmato un trattato, incluso il pareggio di bilancio. Lo spirito e il vocabolario del consenso di Washington sono stati importati a Bruxelles da quelle organizzazioni politiche che hanno accelerato l’intervento della Troika (FMI, BCE e Commissione Europea).
I trattati europei non hanno come obiettivo quello di servire i popoli ma i mercati. I loro fondamenti rendono impossibile la coesione sociale e territoriale, impediscono il compimento delle aspirazioni immediate dei lavoratori e lo sviluppo dell’impiego, la formazione come emancipazione umana in generale.
L’ideologia neoliberista, dominante in questa tappa dello sviluppo capitalista, ha presidiato la costruzione della UE. La promozione della deregolamentazione dei mercati e del sistema finanziario, la privatizzazione di settori strategici dell’economia, la competizione tra lavoratori per ridurre i salari e le conquiste sociali, l’inesistenza di un budget sufficiente per una strategia di
coesione e di convergenza, così come i compiti attribuiti alla Banca Centrale europea – al servizio dei mercati finanziari e libera da qualunque intervento pubblico – hanno condotto alla crisi.
L’Euro è in crisi per questa ragione. L’architettura economica e istituzionale della UE è stata concepita per proteggere esclusivamente gli interessi del gran capitale, mettendo in sicurezza i propri investimenti. Questo spiega perché dal 2008 la BCE si è dedicata a salvare le banche e non i popoli. Invece di mettere le enormi somme disponibili sotto l’egida della BCE al servizio dello sviluppo sociale ed ecologico e di una convergenza del progresso per i popoli, l’euro ha protetto la reddività degli investimenti finanziari più potenti. Uno dopo l’altro i paesi si sono visti imporre dei veri programmi di aggiustamento strutturale. E quando nel 2008 la crisi è esplosa, la BCE ha salvato le banche e strangolato gli Stati più deboli. Lontano dal creare solidarietà, questa gestione dell’euro ha rafforzato le disuguaglianze a vantaggio della dominazione tedesca della zona euro.
Una delle evidenze della situazione è in effetti un aumento record delle disuguaglianze in seno all’Europa. La costruzione europea è marcata da un disequilibrio strutturale a vantaggio delle esportazioni tedesche. La SE ritiene che sia essenziale e urgente una trasformazione profonda della zona euro, al servizio di una visione solidale dell’Europa. Questa volontà richiede di rompere con i
trattati fondanti della UE e della BCE, che impongono di seguire le dottrine neoliberiste. Questo richiede anche un cambiamento profondo de 135 i rapporti di forza a livello europeo.
Dal 2008 questa crisi è stata non solo gestita in funzione degli interessi immediati dei capitalisti, ma è stata anche l’occasione di accelerare con brutalità un processo di ristrutturazione sociale ed economica nella regione, imponendo aggiustamenti strutturali. La catastrofe attuale non è un “effetto collaterale” della crisi, è il risultato di un processo predatore che mira alla socializzazione delle perdite e alla privatizzazione di tutto ciò che può generare profitti.
Contrariamente alle tesi dominanti, l’origine della crisi non si riscontra nella cattiva gestione degli Stati del sud dell’Europa. Con la finanziarizzazione dell’economia mondiale e l’interdipendenza che essa implica, con la deflazione dei salari che ha colpito i lavoratori americani per decenni, la crisi dei mutui subprime negli Usa ha creato un’onda di shock nel sistema bancario mondiale con effetti su tutte le economie del pianeta. Il mercato interbancario è entrato in crisi e le banche hanno registrato perdite record. Si tratta di una crisi sistemica. Al servizio della finanza, i dirigenti dei paesi europei hanno operato delle ricapitalizzazioni massicce, trasformando così i debiti privati delle banche in debiti pubblici. Quindi la “crisi del debito” è una crisi del debito privato. Ecco l’incredibile impresa dei neoliberisti: hanno socializzato le perdite e hanno fatto pagare ai popoli la crisi della finanza.
Il debito è molto presto diventato la spada di Damocle sulla testa degli Stati europei. Invocando i criteri insostenibili di Maastricht e i cosiddetti “piani di salvataggio” (bail-outs) – che erano in realtà dei piani di salvataggio delle banche creditrici – è cominciato un ricatto incredibile alla Grecia, al Portogallo, alla Spagna, all’Irlanda, all’Italia e a Cipro. Ha prevalso il rifiuto di condivisione o di ristrutturazione dei debiti. La contropartita di questi “aiuti” è stata l’imposizione dei memorandum di austerità e di riforme strutturali volti alla privatizzazione e alla distruzione dei servizi pubblici, dei sistemi di protezione sociale e dei diritti dei lavoratori. Detto in altro modo, la crisi è stata un’opportunità per i neoliberisti di applicare le loro riforme fino alla fine, con una violenza e una rapità spaventose.
Risultato: la recessione è dappertutto in Europa e le strutture economiche dei paesi sono completamente devastate. È particolarmente visibile in Grecia, in Portogallo, in Irlanda, in Spagna, in Italia, a Cipro, così come nella maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale, in cui la crisi economica diventa umanitaria. La grande povertà, la fame, la malnutrizione infantile, l’aumento dei casi di Aids, e di altre malattie sessualmente trasmissibili e le epidemie che credevamo sradicate, risorgono. La crisi colpisce anche i paesi europei non membri della UE. In molti dei paesi dell’Est, la situazione dei lavoratori, dei piccoli agricoltori e dei più deboli si è drammaticamente aggravata e la corruzione tocca tutte le sfere della vita sociale. I paesi più poveri sono nell’Europa dell’Est: Moldavia, Ucraina, Bulgaria, Romania.
Il disastro economico è accompagnato da un enorme deficit democratico. Le prime vittime dei mercati sono le donne, i migranti e i giovani.

La disoccupazione dei giovani supera il 50% in alcuni paesi e progredisce rapidamente in tutta Europa. L’emigrazione dei giovani diplomati e qualificati aumenta. La disoccupazione o l’esilio, è questa la scelta che vogliamo per la gioventù?
Le donne sono colpite in particolar modo dalla crisi per i tagli alla spesa pubblica poiché molte di loro lavorano nel settore pubblico, perché sono le prime che si occupano del lavoro familiare e poiché sono penalizzate dal lavoro familiare non retribuito, hanno bisogno di buoni servizi pubblici e sociali così come di politiche orientate all’uguaglianza di genere.
Le disuguaglianze salariali sono scandalose. I cambiamenti drammatici imposti dalle politiche d’austerità puntano alla distruzione dello Stato sociale e conducono all’aumento del numero delle donne – in particolare le donne migranti sono significativamente vulnerabili – condannate a bassi salari, a impieghi mal o non pagati, alla povertà, e all’aumento delle disuguaglianze uomini-donne.
Per esempio le donne con bambini o con altre responsabilità familiari sono costrette a ritornare al ruolo tradizionale delle donne al focolare, lavorando senza essere pagate, vedendo i loro diritti ridotti o perduti, cosa che rafforza la loro sottomissione al patriarcato: perdita di diritti economici e sociali (abbassamento delle pensioni, etc.), dei diritti sessuali e di riproduzione (criminalizzazione dell’aborto) e dei diritti delle minoranze di genere. In molti paesi le violenze fisiche, sessuali e
simboliche compiute sulle donne aumentano in proporzioni inquietanti. Allo stesso modo il traffico di donne e il business della prostituzione aumenta.
Ugualmente, le persone LGBT sono l’obiettivo di un discorso conservatore e etero-normativo a proposito della salute, della “famiglia normale”. In molti paesi europei le persone LGTB sono perseguitate fisicamente, brutalizzate al lavoro e a scuola, mentre vedono negato il loro diritto a un trattamento sanitario , con la complicità delle autorità degli Stati.
Derive autoritarie molto gravi minacciano la democrazia .
I principali responsabili della conversione dei debiti privati in debiti pubblici, di fronte al rifiuto delle loro scelte politiche da parte dei popoli, cercano a tutti i costi di impedire qualunque dibattito veritiero sulle alternative e di ridurre al silenzio i contestatori.
È la ragione per la quale la Commissione europea ha rifiutato di registrare la proposta avanzata dalla SE nell’ambito dell’ “iniziativa cittadina europea”: “Creare una banca pubblica europea esclusivamente dedicata al finanziamento di investimenti orientati allo sviluppo sociale e alla transizione ecologica” in contro tendenza ai mercati finanziari grazie a prestiti a tasso di interesse basso della BCE. Una proposta che avrebbe potuto essere un primo passo in un processo di intervento dei poteri pubblici nel settore finanziario. Questo rifiuto è un segnale chiaro di ostilità alle idee di progresso sociale, di democrazia e solidarietà.
Le sovranità popolari sono state derise dalla centralizzazione dei poteri nelle istanze tecnocratiche di cui la “Troika” (FMI, BCE e Commissione europea) è stata l’esecutrice. Di fronte alle sanzioni elettorali, agli scioperi e ai movimenti di massa, i governi si mantengono in vita artificialmente attraverso le grandi coalizioni dette di “unione nazionale” o con governi non eletti per continuare ad applicare i memorandum. Negano tutti i messaggi politici espressi dai loro popoli e provocano
continuamente crisi politiche.
In tutti questi paesi dove la contestazione è massiccia, i movimenti sociali sono repressi, le libertà sindacali ridotte, il pluralismo dei media messo in discussione e le operazioni di propaganda mirano a screditare le forze di sinistra.
Il rilancio dell’anticomunismo, particolarmente visibile all’Est, fondato sull’inaccettabile, storicamente ignorante e scandalosa, amalgama tra comunismo, fascismo e nazismo, che mira a screditare qualunque visione alternativa, concorre a questa strategia che si rivela pericolosa per la democrazia. Le istituzioni europee sono antidemocratiche e lontane dalle esigenze dei popoli.
L’intervento cittadino autentico è semplicemente insopportabile per i dirigenti della UE perché incompatibile con la loro visione di classe del progetto europeo. I poteri sono confiscati ai cittadini e ai loro rappresentanti eletti, a vantaggio delle istanze tecnocratiche, come la Commissione Europea, completamente allineate alle politiche neoliberiste e “protette” da ogni controllo cittadino.
A loro servono governi e parlamenti docili ed è per questo che i parlamenti nazionali sono esclusi dai processi di decisione politica, anche per i budget, e in detrimento al fatto che si tratta di competenze di base di un parlamento nazionale. È anche per questo che le autorità locali sono asfissiate finanziariamente. Tutti i voti dei cittadini che hanno chiaramente rigettato la costruzione europea neoliberista sono stati derisi. È la principale ragione di astensione, che aumenta di elezione
in elezione, e della profonda sfiducia che si manifesta fortemente da una dozzina d’anni.

L’UE si costruisce contro la biosfera
L’ecosistema umano è unico. Ogni decisione in materia di produzione, ogni incidente industriale, colpisce il mondo intero. L’umanità intera non può esistere e sopravvivere in questo ecosistema minacciato dalle dinamiche capitaliste. Il capitale il produttivismo camminano mano nella mano: i profitti più grandi hanno bisogno di inquinamento di ogni genere, di danni alla salute umana, la sterilizzazione delle terre, rifiuti… Chiaramente quando i ricchi inquinano di più, sono i poveri che devono pagarne il prezzo e che soffrono i disagi immediati. Così, per preservare l’ambiente, la salute, le risorse naturali e rispondere ai nostri bisogni vitali, è imperativa una rottura con le logiche dei mercati e della massimizzazione dei profitti. Questo implica finalmente una rottura con il funzionamento attuale dell’Unione Europea, che promuove la distruzione dei servizi pubblici, il
regno delle lobbies e dei monopoli privati e dei loro rifiuti catastrofici. Il ritmo degli impatti insostenibili inflitti alla biosfera cresce in maniera costante. Il mercato europeo delle emissioni di carbone – il più grande del mondo – che autorizza le imprese a scambiare il diritto di inquinamento non ha rallentato questo andamento. Al contrario, ha aperto un nuovo territorio per la speculazione che avvantaggia i più grandi inquinatori.
La UE si costruisce contro tutti i popoli del mondo. Quando potrebbe essere un potente strumento di cooperazione volta allo sviluppo, la Ue è capofila delle iniziative di libero scambio che puntano e dominare le altre regioni del mondo. Nella sua corsa al dumping e all’estensione della deregolamentazione, la Ue negozia accordi di libero scambio con le zone dalle industrie sviluppate.
È il caso del progetto d’accordo del Grande Mercato transatlantico con gli Stati Uniti e il Canada che minaccia l’impiego, le piccole imprese, i diritti acquisiti dei lavoratori ma anche la protezione dei consumatori. Stabilisce dei tribunali internazionali utilizzati dalle grandi compagnie private per fare mettere sotto accusa gli Stati e imporre loro dei cambiamenti legislativi o delle multe per aver tentato di proteggere la salute o l’ambiente. Più generalmente, le zone di libero scambio puntano ad aumentare l’esportazione, aumentano le emissioni di carbonio e i costi ambientali, e accelerano lo sfollamento forzato delle popolazioni.

Di fronte alle migrazioni economiche, per le quali la Ue ha pesanti responsabilità con le politiche colonialiste e le guerre imperialiste che sostiene, la scelta attuale è quella dell’Europa Fortezza e del piano Frontex, degli accordi di Schengen che condannano le popolazioni migranti a un’assoluta esclusione, all’imprigionamento nei centri di detenzione, vere zone di non-diritto, o alla morte nelle carrette del mare. La Ue, allineata alla Nato, non agisce per la pace sulla scena internazionale ma al
contrario gioca un ruolo importante per le forze imperialiste.

L’austerità conduce ad ogni abuso. Gli aggiustamenti strutturali in corso conducono alla regressione sociale, alla degradazione delle condizioni di vita di dozzine di milioni di persone e alla riduzione di quello che resta della democrazia. È il cuore del problema. Gli aggiustamenti strutturali sono la risposta anti-sociale alla crisi che non può essere fermata che da un cambiamento decisivo dei rapporti di forza in Europa.
II/ Crisi mondiale : crisi globale, sistemica, crisi di civiltà
La crisi economica si inscrive nella crisi mondiale. La contraddizione tra capitale e lavoro, tra capitale ed ecologia, tra capitale e democrazia, tra capitale e sviluppo pacifista, tra capitale e uguaglianza di genere diventano sempre più visibili. Il capitalismo non può essere umanizzato.
L’umanità tutta intera è oggi davanti a nuove sfide, che richiedono delle risposte globali per superare il capitalismo e il patriarcato, e per permettere l’emergere di un nuovo modello di sviluppo umano sostenibile:
− Affrontare la crisi sistemica della finanza globalizzata
− Proporre un modello economico alternativo al produttivismo e alla “competitività”
− Rispondere alle sfide dello sviluppo: lottare contro la fame e la povertà, rispondere alla crisi
energetica e alimentare, garantire l’accesso all’acqua
− Rispondere alla crisi ambientale, al cambiamento climatico, alla messa in pericolo della
290 biodiversità e degli ecosistemi a causa dello sfruttamento insostenibile: adottare un approccio
ecologico, democratico e sostenibile delle attività economiche
− Lottare contro l’imperialismo, il neocolonialismo e i poteri delle multinazionali, rafforzare
la solidarietà anti-imperialista per difendere la pace, i diritti umani e le libertà, e promuovere un
approccio di sinistra alle questione delle migrazioni basato sul diritto a una vita decente,
sull’uguaglianza dei diritti sociali per le persone che vengono a cercare rifugio o si spostano sul territorio europeo, quale che sia la loro origine culturale, nazionale e sociale, il loro genere, le loro credenze religiose.
− Far vivere dei valori di solidarietà e di uguaglianza dei diritti contro l’individualismo, la xenofobia, i fondamentalismi religiosi e ogni sorta di razzismo e di discriminazione.
− Dividere i poteri, costruire una democrazia reale che rimpiazzi i poteri del gran capitale, dare ossigeno allo spazio pubblico lottando contro l’autoritarsimo, l’anticomunismo e l’antisocialismo.
L’attuale lotta per la fondazione di un nuovo processo di integrazione sociale, politica e economica, a livello regionale, deve essere legata a una dimensione internazionalista nella quale l’affermazione dei popoli del nostro continente è legata naturalmente con i successi delle forze progressiste nel mondo.
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L’Europa ha una responsabilità che oltrepassa le frontiere. L’esistenza di cooperazioni regionali progressiste può essere strumento per la lotta globale. Così la battaglia attuale per la rifondazione della Ue è da mettere in relazione con la dimensione internazionalista del nostro combattimento. La SE intende mettere in opera le battaglie politiche e  le cooperazioni necessarie all’emergere di un nuovo modello di sviluppo.
Negli ultimi anni il mondo è molto cambiato. La globalizzazione, la rivoluzione informatica e l’emergere di nuove potenze come i BRIC hanno creato delle nuove condizioni per le lotte internazionaliste. La rivoluzione informatica offre delle nuove possibilità di condivisione, che sono a volte strumenti per le lotte e per pensare l’economia di domani.
I popoli non si rassegnano di fronte alla degradazione delle loro condizioni di vita. Siamo entrati in un nuovo ciclo internazionale di proteste nelle quali convergono le lotte delle diverse sfere sociali che rimettono in questione gli aggiustamenti strutturali e l’ordine neoliberista. Le esigenze dei lavoratori si uniscono alle esigenze di cambiamento profondo che vengono da quello che è stato chiamato il movimento degli “indignati”. La SE considera che la lotta economica e politica, che rimane centrale, è naturalmente legata alle lotte per la democrazia, la giustizia sociale, per le libertà individuali e collettive, per l’emancipazione delle donne, per una cultura al servizio di tutti e cerca di stabilire un fronte comune per una causa comune: quella della maggioranza sociale dell’Europa.
In questa lotta è importante sviluppare delle cooperazioni con il movimento operaio, le forze di sinistra e progressiste in tutta l’Europa, compresa la Russia e i paesi dell’Est.
Queste mobilitazioni popolari e la crescente coscienza della necessità di uno sviluppo rispettoso dell’essere umano e del pianeta si scontrano con le logiche capitaliste del “vecchio mondo”, e ai loro strumenti di predazione, di guerre, di dominazione.
Gli Stati Uniti e i loro alleati della Nato hanno trovato nelle guerre “preventive”, negli interventi “umanitari”, nello sviluppo delle loro industrie militari e dei loro sistemi di informazione, un modo di preservare la loro dominazione e i loro interessi, in particolare in Medio-Oriente.
Contro i paesi emergenti, i dirigenti attuali dell’Unione europea iniziano i negoziati con gli Stati Uniti e il Canada per la creazione di un Grande Mercato transatlantico. Toccando tutti i settori economici, compresi i più strategici, questo accordo potrebbe rivolgersi al peggio per le economie dei paesi europei e ridurre i diritti dei lavoratori e le norme sociali, ambientali, alimentari dei due continenti. Questo progetto, che si negozia nel silenzio più totale, deve essere combattuto. La SE si impegna a informare e avvisare i cittadini europei e portare avanti una battaglia politica di largo impatto per sconfiggerlo.
La pace e la sicurezza per i popoli sono tra i principali obiettivi della SE, nell’ambito di una posizione anti-imperialista e della ricerca di un nuovo ordine economico mondoale, contro il modello neoliberista e neo-imperialista. Vogliamo il ripudio alla guerra come strumento di relazioni internazionali. L’attribuzione del Premio Nobel per la Pace alla Ue è stato totalmente inappropriato.
Sotto l’egida della Nato, la Ue è stata presente negli ultimi maggiori conflitti internazionali e ha sostenuto le scelte dei suoi alleati imperialisti, soprattutto la politica coloniale e guerriera di Israele in Palestina. Pertanto pensiamo che una cooperazione regionale potrebbe, a condizione di cambiarne gli orientamenti, essere uno strumento di pace, a volte nel suo territorio – facendo pressione sulla Turchia che occupa illegalmente la parte Nord di Cipro dal 1974 e ne cambia continuamente la struttura demografica – come nel mondo, facendo valere il suo ruolo all’Onu e facendo rispettare il diritto internazionale. La Ue potrebbe essere un alleato per tutti i popoli che lottano per la loro autodeterminazione.
I dialoghi delle forze progressiste del mondo intero su una visione alternativa e di lotte comuni è indispensabile. In questa ottica, la SE desidera intrattenere cooperazioni privilegiate.
1. Con l’America latina : anche se il passato coloniale e imperialista dell’Europa le conferisce
una relazione speciale con l’America latina, ci sono delle problematiche simili sui due lati
360 dell’Atlantico. In America latina numerosi Stati hanno saputo resistere di fronte alle politiche di
aggiustamento strutturale del FMI e sono riusciti ad evitare delle tragedie grazie a dei modelli
politici che sono portatori di un’alternativa dall’ambizione socialista promuovendo la
partecipazione popolare e una cooperazione sovranazionale avanzata. Il processo di integrazione
regionale, con l’ALBA per esempio – basato sulla cooperazione e le relazioni orizzontali – che difende le idee di solidarietà e di progresso, è una finestra aperta sulla speranza e un esempio concreto del modello alternativo contro la dominazione neoliberista. Cuba gioca un ruolo positivo e è un punto di riferimento per tutta la regione e per molti militanti di sinistra nel resto del mondo.
Pretendiamo la fine dell’embargo inumano su Cuba che dura da più di 50 anni e la liberazione dei “4”. Ripudiamo la posizione comune della Ue su Cuba. Dobbiamo imparare dalle esperienze degli altri. Abbiamo anche molto da dare negli spazi comuni che abbiamo creato per reinvintare le cooperazioni internazionali progressiste del 21esimo secolo e portare avanti insieme le sfide poste all’umanità intera. La SE desidera perseguire e approfondire i suoi scambi con il Foro di Sao Paolo.
2. Nel Meditteraneo :
Le “rivoluzioni” nel mondo arabo sono state il pungolo che ha dato vita all’ondata di indignazione mondiale del 2011. Hanno dimostrato la potenza dell’intervento popolare e dato speranza ben al di là dei loro paesi. Per alcuni, quello che è successo nel mondo arabo destabilizza l’economia petrolifera, indebolisce i meccanismi di dominazione imperialista della regione e potrebbe aprire nuove possibilità per la lotta del popolo palestinese. Questi processi rivoluzionari non sono terminati. Sono lunghi, non lineari e attraversati da contraddizioni politiche. Il lavoro di dialogo tra le forze progressiste della regione – le tradizionali e le nuove – iniziato dalla SE nell’ottobre del 2012 a Palermo, e proseguito a Tunisi in occasione del FSM, è importante per rafforzare quelli che lottano contro i piani dell’Europa del capitale e della Nato in questo spazio chiave per gli interessi imperialisti nel mondo. Sosteniamo pienamente il diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale e le risoluzioni dell’Onu devono essere rispettate. La maniera in cui i paesi occidentali hanno agito in Medio Oriente, nel caso della Libia, di fronte alla Siria, e interferendo nei processi egiziani, rendono cruciali una migliore comprensione e cooperazione tra le forze politiche
di sinistra dei due lati del Mediterraneo.
La maniera con cui il regime di Erdogan ha represso il movimento popolare di cui piazza Taksim era il simbolo, la maniera con cui mantiene l’occupazione illegale di Cipro e in generale il suo ruolo nella regione, sono inaccettabili. La SE vuole una soluzione pacifica dei conflitti, rispettando le risoluzioni Onu, la democrazia e il rispetto dei diritti dei lavoratori in Turchia così come il
riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e i diritti democratici del popolo kurdo.
La SE continuerà ad agire per il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese a uno Stato e rafforzerà le sue azioni nel momento in cui la colonizzazione israeliana si intensifica pericolosamente in detrimento al diritto internazionale.
3. Con il contienente africano : in conseguenza del passato coloniale e delle nuove forme di colonialismo esercitate dai paesi europei e dalla Ue attraverso gli accordi internazionali, la SE desidera approfondire il suo lavoro con le forze della sinistra africana.
4. Con i BRICs. La SE considera che il ruolo crescente di ciò che si definisce i “BRIC” nell’economia mondiale e sulla scena politica internazionale è cruciale. La SE vuole favorire il dibattito con le forze di sinistra di questi paesi, quelli dell’America Latina (Foro di Sao Paulo),d’Asia e d’Africa (Foro delle nuova sinistra africana), al fine di chiarire le prospettive di un’alternativa mondiale all’egemonia del capitalismo neoliberista.
III/ Cambiare i rapporti di forza in Europa
Il clima di confisca dei poteri e di distruzione dei modelli sociali favorisce la crescita  dell’astensione, la disaffezione e la sfiducia dei cittadini verso la politica e i loro rappresentanti.
Il paesaggio politico in Europa resta dominato dalle forze del consenso neoliberista, e si evolve molto rapidamente. Le forze del consenso neoliberista sono al potere ma il loro sostegno incondizionato al consenso di Washington, ai trattati di Masstricht e di Lisbona; e le loro misure per mettere in atto l’austerità nell’autoritarismo, deve essere sempre più contestato. Difendono ostinatamente gli stessi dogmi e questo si vede. Le corruzioni o gli scandali finanziari fanno parte della loro delegittimazione. In questa Europa in crisi, le aspirazioni di cambiamento crescono, ma anche le repliche. Anche le forze di estrema
destra, populiste e xenofobe, a volte apertamente fasciste o neonaziste, crescono, così come  le ideologie chiaramente sessiste. La questione posta è capire come aprire un cammino
maggioritario alle esigenze di emancipazione, come aprire loro degli sbocchi politici. In questo contesto, il Partito della Sinistra europea, i suoi partiti membri e le organizzazioni con le quali tesse dei legami nelle lotte, hanno un ruolo cruciale da giocare. I cittadini, gli elettori possono cambiare opinione, ma solo se una sinistra alternativa – connessa con importanti mobilitazioni sociali, lotte dei lavoratori e degli scioperanti, i movimenti antifascisti e antirazzisti – esiste e cresce, affrontando così il consenso neoliberista e impedendo la crescita del fascismo. In quanto forze progressiste e antifasciste, il nostro
obiettivo è di aiutare i popoli europei ad essere vittoriosi nella lotta di classe più intensa che attraversiamo dopo la crisi finanziaria del 1929 e la Seconda Guerra Mondiale. Ci consideriamo come uno strumento al servizio dei popoli impegnati nelle lotte contro l’ingiustizia e lo sfruttamento. Perseguiamo la nostra ambizione a costruire un fronte europeo, politico e sociale, contro l’austerità e per l’alternativa di sinistra.
Le lotte contro l’austerità e per la democrazia progrediscono ma si sviluppano in modo disomogeneo. Anche se gli attacchi alla classe operaia sono generalizzati in Europa, la potenza e la portata delle lotte nazionali restano diseguali a seconda dei paesi, della loro storia, della loro cultura politica, sindacale, e secondo lo stato dei rapporti di forza. Questa grande diversità obbliga a importanti sforzi di dialogo e di comprensione delle diverse situazioni. Se le lotte esistono in tutti i paesi, è al sud dell’Europa che le resistenze sono più massicce, con delle convergenze nuove tra i lavoratori precari e i non precari, i giovani e le
persone anziane, i settori pubblici e privati, tra autori di piattaforme politiche alternative. In Grecia, in Spagna, in Portogallo, un clima di lotte e di convergenze ha scandito gli ultimi 4 anni: scioperi generali e sostenuti dalle popolazioni, movimenti sociali settoriali che si uniscono, gli indignati e movimenti di giovani precari. In molti altri paesi, in Francia, in Belgio, in Italia, nel Regno Unito, per esempio, il potenziale di resistenza è alto. Nei paesi nordici, la sinistra si batte contro gli attacchi contro le conquiste dello Stato sociale. Nell’Est e nei Balcani, si rilevano, contro ogni aspettativa, forti movimenti popolari per il potere
d’acquisto, i diritti sociali e i diritti all’energia, nel rispetto dell’ambiente, per la democrazia contro le oligarchi e la corruzione.

Sono stati intrapresi passi verso un coordinamento europeo delle lotte Considerato il livello europeo come un livello essenziale della lotte di classe, l’articolazione delle lotte a livello locale, nazionale ed europeo è cruciale. Durante la crisi sono avvenuti cambiamenti
in seno ai movimenti sociali. Si moltiplicano iniziative di coordinamento e di ricerca di posizioni e azioni comuni delle forze critiche in seno e tra i paesi della UE e dell’Europa. A dispetto delle grandi contraddizioni che la attraversano, la Confederazione Europea dei Sindacati è entrata per la prima volta in contestazione con gli orientamenti della UE: rifiuto unanime del pareggio di bilancio e delle politiche di austerità, sostegno e appello alla mobilitazione. Una tappa è stata segnata il 14 novembre 2012: scioperi generali coordinati al sud, giornate di mobilitazione interprofessionali e azioni di solidarietà in 23 paesi e in migliaia di città europee.
Verso confluenze nuove tra forze sociali e politiche a livello europeo
La sinistra in tutte le sue componenti sta superando i propri ostacoli storici e i suoi limiti per resistere all’offensiva del capitale e formulare un progetto comune per il futuro dell’Europa. Stiamo costruendo un nuovo tipo di alleanza che permette il lavoro e le azioni comuni rispettando le culture, gli spazi e il ruolo di ciascuno. Il processo dell’alter summit, che riunisce movimenti sociali e sindacati e che ha fatto la scelta di aprire il dibattito con le forze politiche, è un passo
rimarchevole. La SE, che cerca la costituzione di un fronte europeo, si impegna a perseguire il processo e ad aiutarne – nel rispetto del suo ruolo – lo sviluppo e la crescita.

La spinta della sinistra d’alternativa, una speranza per la lotta di classe in Europa
La progressione delle forze politiche alternative è anch’essa diseguale a seconda dei paesi. È spesso legata al rifiuto popolare delle misure d’austerità. Le forze legate alle politiche della Troika hanno conosciuto sconfitte elettorali. Il discorso di “compromesso” social-democratico si sviluppa quanto il confronto di classe diventa palpabile. I social-democratici, che partecipano a 17
governi/maggioranze parlamentari in Europa, hanno sperimentato una riduzione progressiva dei loro risultato elettorali. Non rappresentano nessuna speranza, non hanno nessuna visione alternativa per le società e applicano l’agenda neoliberista nel continente. Sostengono il gran capitale e condividono con la destra la concezione neoliberista del mondo.
In questo paesaggio politico, c’è una sinistra alternativa che esiste e che ha una responsabilità
storica di fronte alla destra, all’estrema destra, ma anche di fronte alle rinunce della socialdemocrazia.
La sua caratteristica principale è la sua chiara opposizione ai memorandum. I partiti
membri della SE cercano con tutti i mezzi di cui dispongono, nei loro paesi e a livello europeo, di mettere in scacco le politiche di austerità, compreso prendere in considerazione, quando la questione di potere diventa una realtà concreta, la non applicazione delle politiche di austerità, il rifiuto di firmare un trattato o un accordo intergovernativo come il pareggio di bilancio, e la
disobbedienza ai trattati europei e alle loro conseguenze, sulla base della democrazia e della
sovranità popolare.
Attraverso le sue pratiche e teorie, questa sinistra alternativa permette la convergenza e l’unione di forze politiche diverse. Là dove questi processi di ricomposizione politica arrivano a maturazione, là dove queste forze sono attive nelle lotte e nelle solidarietà e là dove esse propongono un’alternativa all’austerità e difendono le sovranità popolari, le forze di sinistra crescono. Nel caso della Grecia, la crescita è stata fulminante.

IV/ La SE in azione per rifondare l’Europa
Per uscire dalla crisi, delle proposte alternative
Nella crisi si sviluppano ambizioni strategiche diverse degli interessi capitalisti dominanti ed emergenti. L’alternativa della sinistra europea non è rinchiusa nell’agenda delle forze politiche dominanti e degli interessi delle classi capitaliste. Al contrario, punta all’abolizione dei dogmi neoliberisti come condizione dell’emergenza dell’Europa, come spazio geopolitico che contribuisce
a un cambiamento globale verso politiche solidali con le regioni più povere del mondo. Una strategia durevole passa per una nuova regolamentazione mondiale dei mercati finanziari che tenga conto dei cambiamenti attuali e del ruolo degli attori emergenti come la Cina, la Russia e il resto dei BRIC.
1 – Priorità al lavoro, allo sviluppo sociale, ecologico e solidale:
- Produrre in Europa e produrre in un altro modo. Lanciare una dinamica di riappropriazione
pubblica dei settori strategici, nuove cooperazioni e innovazioni industriali, per garantire l’impiego,
510 un alto livello di diritti per i salariati, l’uguaglianza donna/uomo di fronte al lavoro, e applicare la
transizione ecologica per far coincidere i bisogni sociali con i limiti ecologici all’uso delle risorse
naturali.
- Difendere e sviluppare i servizi pubblici. Ci opponiamo alle privatizzazioni dei sistemi di sanità,
di educazione e di tutti i servizi pubblici poiché aumentano ogni forma di discriminazione e le disuguaglianze. Ci battiamo per un’educazione di qualità, pubblica e libera, accessibile a tutti dopo l’asilo nido fino agli stage passando dall’insegnamento superiore e dalla formazione continua. Per noi l’educazione deve servire allo sviluppo personale e alla cultura. Questo non si limita all’acquisizione di conoscenze economicamente utili orientate alla competizione e all’individualismo. La scuola deve permettere l’emancipazione e la co-educazione di cittadini che sitano in piedi e non sottomessi. Vogliamo sviluppare e ricostruire i sistemi di sanità pubblica, assicurandone l’accesso a tutte e tutti. La casa, l’accesso all’acqua e all’energia devono essere considerate come diritti umani fondamentali. Per questo siamo a favore della proprietà e della gestione pubblica dell’acqua e dell’energia.

- Salari minimi in Europa devono permettere una remunerazione decente. Abbiamo bisogno di pensioni minime, anch’esse decenti e escludendo qualunque disuguaglianza  di genere. Occorre ridurre i tempi del lavoro senza ridurre i salari o allungare l’età della pensione, armonizzare i salari e il livello di protezione sociale verso l’alto. Un aumento dei salari e il livello di protezione sociale devono poter essere decisi da un solo paese. Vogliamo sviluppare misure politiche per assicurare una ripartizione equa di tutti i tipi di lavoro, retribuiti o no, come i lavori domestici e di cura tra gli uomini e le donne.
- Agire per la transizione ecologica: promuovere azioni contro il cambiamento climatico, sviluppare le energie rinnovabili e applicare misure di risparmio energetico. Ogni passo verso il progresso sociale deve rispettare il nostro ecosistema. Condividiamo con l’approccio ecosocialista l’idea secondo la quale la biforcazione ecologica è un processo che si inscrive nel lungo periodo che non può essere assicurato dalle grandi imprese e dalle organizzazioni che puntano al massimo profitto nel breve periodo. Questo deve essere una questione di sovranità popolare e di democrazia. Solo i popoli possono definire l’interesse pubblico e garantire una pianificazione ecologica combinando i bisogni sociali, il salvataggio degli ecosistemi e una reale transizione ecologica. Questa implicazione popolare nella transizione ecologica delle nostre società è una parte essenziale della rivoluzione cittadina.
- Di fronte alla sfida della sovranità alimentare, la futura politica agricola e alimentare europea deve essere sostenuta da politiche pubbliche che rispondano ai bisogni umani e alle sfide della sanità pubblica. La nostra ambizione è quella di avere un nutrimento di qualità, sano e variegato, accessibile a tutti. Abbiamo bisogno di una politica agricola che protegga dalla volatilità dei mercati speculativi e dall’accaparramento di terre. Vogliamo un nuovo modello d’agricoltura, equo, sostenibile, che assicuri agli agricoltori dei guadagni decenti che permettano loro di vivere degnamente su tutti i nostri territori; un modello che generi lavoro agricolo con nuovi produttori indipendenti, e che garantisca ai consumatori degli alimenti a un giusto prezzo.
- Emancipazione dei mercati finanziari: mettere l’economia al servizio dell’uomo
- La crisi della zona euro conduce a problemi preoccupanti e a situazioni insostenibili per la
maggioranza della popolazione. C’è un bisogno acuto di cambiamento radicale nelle fondamenta
dell’Unione economica e monetaria. La crisi della zona euro genera dibattiti a proposito della
moneta unica, con alcune proposizioni fatte da alcuni paesi di lasciare o smantellare l’euro. Questi
555 dibatti sono perfettamente legittimi considerato quanto le politiche attuali, le priorità, i criteri e i
risultati della UEM sono ingiusti, antisociali e non democratici. Tuttavia la SE non promette l’uscita dall’euro che non porterebbe automaticamente politiche più progressiste. Non risolverebbe il principale problema: il ruolo dei mercati finanziari e i poteri del gran capitale. Rischierebbe anche di accrescere la concorrenza tra i popoli e di fare esplodere i debiti degli Stati attraverso la pratica della svalutazione competitiva. Quello di cui dunque abbiamo bisogno è una strategia comune
attraverso politiche di bilancio alternative basate su presupposti sufficienti ma anche su un controllo
pubblico e democratico dei settori bancari di ogni paese e della BCE. Bisogna trasformare gli strumenti esistenti in strumenti di cooperazione al servizio dei popoli. Una trasformazione della zona euro, attraverso un cambiamento radicale dell’architettura dell’euro e della cooperazione europea, orientato verso un’economia dei bisogni sociali, deve mettere l’enorme potenziale di
creazione monetaria dell’Europa al servizio della riduzione delle disuguaglianze, del finanziamento pubblico e di un nuovo modo di sviluppo sociale ed ecologico. Questo implica cambiare il ruolo della creazione monetaria in tutta l’Unione europea, soprattutto il ruolo, gli statuti e i compiti della Banca Centrale europea, e più globalmente di cambiare i criteri di utilizzo del denaro delle banche e dei grandi gruppi in tutta l’Europa.
- Nell’immediato, la sinistra europea promuove l’idea di organizzare una convenzione europea sui debiti pubblici, che proporrebbe l’abolizione di una gran parte di questi debiti insostenibili degli Stati sovra indebitati, una revisione delle scadenze e delle condizioni di rimborso con, per esempio, una “clausola di crescita”.
- Sempre nell’immediato, proponiamo di creare un’istituzione europea controllata e amministrata democraticamente con lo scopo di finanziare a bassi tassi, cioè a tasso zero, la spesa pubblica degli Stati membri e degli investimenti di impresa che sviluppino l’impiego, nel rispetto di criteri sociali ed ecologici precisi, con il contributo monetario della BEC (art. 123-2 del Trattato di Lisbona) e le ricette della Tobin tax. Questo potrebbe condurre alla creazione di una banca pubblica europea.
Così potremmo cominciare a rimettere concretamente e radicalmente in discussione l’indipendenza
e i principi della Banca centrale europea così come l’attuale architettura dell’euro e la sua governance. Occorre mettere la BCE sotto controllo democratico attribuendole il potere di essere prestatore di ultima istanza, cioè di prestare direttamente agli Stati, senza le conseguenze antisociali esistenti. Il denaro non deve servire alla speculazione ma alla creazione di impiego, di servizi pubblici, di prodotti utili e alla transizione ecologica.
- Cambiare la fiscalità generalizzando le imposte sul capitale nei diversi paesi. Ci battiamo per
proibire i prodotti finanziari tossici, i paradisi fiscali e per l’abolizione di ogni piano di creazione
delle “zone economiche speciali” sul suolo europeo. I ricchi devono pagare la crisi!
3 – Rispetto delle sovranità popolari e sviluppo della democrazia
Il compito di rifondare l’Europa ha bisogno di un processo capace di portare il modello alternativo
in cui i meccanismi di adozione delle decisioni europee devono essere cambiati attraverso processi democratici, mobilitazioni e pressioni sociali e che non entrano in conflitto con le decisioni nazionali ma permettono al Parlamento europeo dai poteri pieni e integri l’adozione di decisioni a livello europeo.
Un modello simile potrebbe offrire ai cittadini la possibilità di accedere alle decisioni, preservare un’Europa multiculturale rispettando le scelte individuali dei cittadini e i loro diritti universali, un’Europa che riconcilierebbe gli uomini e l’ambiente e potrebbe costituire una nuova “Carta dei diritti fondamentali”.
Attraverso le nostre azioni nelle istituzioni e a tutti i livelli di lotta, locale, nazionale, europea e internazionale, con i movimenti e nei forum, cooperiamo con tutti quelli che lo vogliono, forze di sinistra, democratici, forze anti-austerità: tutti coloro con i quali condividiamo idee e pratiche comuni.
- Riequilibrare i poteri nelle istituzioni: il potere alle assemblee elette nazionali ed europee. Deve essere messo in atto un trasferimento dei poteri della Commissione verso i parlamenti nazionali ed europei. Il ruolo della Commissione deve essere limitato a delle responsabilità esecutive.
- Sviluppare l’intervento popolare e la democrazia partecipativa nelle istituzioni e nelle imprese includendo i referendum, i budget partecipativi. Sostenere la democrazia di genere attraverso differenti azioni e disposizioni come le quote, per avere una rappresentazione realmente ugualitaria tra uomini e donne.
- Una questione particolare è quella delle nuove velleità di separatismi regionali. Dopo il riconoscimento dei diritti storici dei popoli, sappiamo quanto queste questioni siano complesse e a seconda dei territori, di natura molto eterogenea. Da ciò la necessità di un’analisi caso per caso e di garantire un dibattito chiarificatore e di consultazione democratica e pacifica dei popoli coinvolti.

4- La pace e la cooperazione tra i popoli
- Smantellamento della Nato, promozione del disarmo e delle attività anti belliche, eliminazione delle basi militari straniere sul territorio della UE. La SE si oppone fermamente alla guerra e al militarismo. Cento anni dopo la prima guerra mondiale imperialista, consideriamo come un dovere impegnarci nella lotta per la giustizia globale e il disarmo.
- Nuovi rapporti economici e commerciali con il resto del mondo: la sicurezza si costruisce
attraverso lo sviluppo.
- Difesa dei valori di solidarietà, giustizia e uguaglianza con un’attenzione speciale alle violenze
fatte alle donne durante le guerre e le occupazioni militari.
- Abolizione degli accordi di Shengen e del piano Frontex
- Rifiutare il Grande Mercato transatlantico
Le elezioni europee: unire un fronte per uscire dall’austerità e rifondare l’Europa
La SE dà molta importanza alle elezioni europee del 2014. Ci vede, di fronte all’astensione e alla sfiducia dei cittadini, una possibilità di politicizzazione attorno ai problemi europei.
L’attuale composizione del Parlamento europeo è dominata dalle forze del consenso neoliberista. C’è un bisogno urgente di un cambiamento politico. Dobbiamo fare di tutto per mettere in scacco i responsabili della crisi e del suo peggioramento. È dunque necessario rafforzare la sinistra al Parlamento europeo per sostenere il progetto alternativo e le forze che se ne fanno carico, così come di farne promozione sia dentro che fuori il Parlamento.
Il GUE-NGL è il solo gruppo parlamentare che si sia opposto al pareggio di bilancio e il solo capace di portare un’alternativa di sinistra dentro il Parlamento europeo, sia nel merito, proponendo altre scelte politiche, sia nelle pratiche, stando presente nelle lotte e nel rilanciare le richieste che ne sono protagoniste.
Durante questa campagna, la nostra ambizione è di permettere la coalizione dell’insieme delle forze che non vogliono più l’austerità e che cercano soluzioni di uscita dalla crisi.
Queste forze sono numerose ma, lo sappiamo, sono disperse e non convergono sul piano politico. La SE lancia l’appello di favorire ovunque la creazione di liste unitarie e il più ampie possibile contro l’austerità e per un’alternativa di sinistra.
La SE esprime la volontà di un dialogo costruttivo con le forze politiche europee che si oppongono all’ordine neoliberista a partire dalla sua piattaforma programmatica e di avanzare a partire da un quadro comune anticapitalista. Dobbiamo rendere visibile, in tutti i paesi europei e su scala europea, gli obiettivi di rifondazione e di propositi concreti.

Il futuro della SE: un nuovo ruolo da rafforzare
Dopo il congresso di Parigi la SE ha progredito molto.
1- Per una nuova egemonia culturale: C’è molto lavoro da fare per rendere credibile un
cambiamento politico dell’Europa. È un obiettivo prioritario della SE. Si tratta per noi di costruire
un’uscita da sinistra dalla crisi, facendo convergere progressivamente tutte le forze disponibili per
questo. La nostra ambizione deve essere, oggi più che mai, di fare della SE una forza credibile su
scala europea. La nostra strategia si basa su tre pilastri.
a) Essere uno strumento per la convergenza delle azioni della sinistra europea. Una delle attività del
nostro partito europeo, è la solidarietà politica tra i suoi membri e osservatori. Quando i suoi partiti crescono, anche la SE cresce. Quando cadono, deve essere solidale. Per gli anni a venire, vogliamo rafforzare, rendere concrete e sistematiche queste solidarietà. Vogliamo rafforzare il lavoro comune.
Da un punto di vista pratico questo vuol dire: rafforzare il calendario di azioni comuni, fare
campagne europee e favorire l’informazione e la comunicazione alternative.
b) Noi vogliamo continuare a lavorare con i parlamentari europei, nazionali e regionali nel quadro del Parlacon, ma anche con le forze che non fanno necessariamente parte della SE, o che esistono nei paesi europei non membri dell’Unione europea. Perseguiamo ugualmente il lavoro di allargamento del parito fissandoci come obiettivo il rafforzamento dei legami con i partiti del GUENGl non membri della SE in tutti i paesi europei. Vogliamo svolgere un importante lavoro di “veglia” sulle forze emergenti perché ci sono tutta una serie di paesi in cui le forze di sinistra stanno nascendo, o sono in evoluzione, o in ricomposizione.
c) Unire un fronte europeo, un’espressione della confluenza delle forze sociali, sindacali,
femministe, culturali, ambientali e politiche contro le misure antisociali di uscita dalla crisi e per la configurazione di alternative al servizio dei popoli. Con il summit alternativo organizzato a Bruxelles, la partecipazione alle lotte e agli appuntamenti europei dei movimenti sociali (per esempio a Firenze nel 2012), e l’implicazione nei processi dell’Altersummit, la SE ha guadagnato in visibilità presso i movimenti sociali e le organizzazioni sindacali. Vogliamo approfondire la relazione di fiducia e di lavoro comune – ancora fragile – che è nato.

d) Condurre delle azioni, con la rete Transform!, la fondazione politica affiliata alla SE, e con i
cittadini, dai quartieri fino al livello europeo. Se l’iniziativa cittadina europea è stata rigettata dalla
Commissione europea, manteniamo la nostra ambizione a condurre delle campagne popolari e delle
iniziative dirette e coelaborate con i cittadini europei, delle nuove forme di implicazione popolare nella vita politica. La SE esprime il suo impegno a promuovere e rafforzare le reti locali, nazionali e regionali di solidarietà, come strumenti concreti di sopravvivenza per i cittadini poveri, ma anche come strumenti per una nuova coscienza collettiva contro l’ortodossia neoliberista
dell’individualismo, del profitto e del consumerismo.
2 – Di quali inziative abbiamo bisogno per portare a buon fine questo progetto di unificazione?
La SE dopo il suo IV congresso decide:

di organizzare ogni anno un “Foro europeo delle alternative”, riunendo le forze critiche della sinistra politica, degli eletti locali, dei movimenti sociali, delle forze sindacali, degli intellettuali e dei militanti associativi. Questo appuntamento annuale permetterà alla SE di far dialogare l’insieme di queste forze. L’idea è di creare uno spazio politico il più ampio possibile per
approfondire e arricchire le proposte, per rafforzare il peso politico della SE a livello europeo.
Abbiamo in programma, nell’autunno del 2014, di tenere una prima edizione di questo foro, nel nuovo panorama politico uscito dalle elezioni europee.

Di prevedere tutti gli anni una campagna popolare attorno a proposte alternative, che coinvolga i cittadini con forme di partecipazione diretta (voto cittadino, referendum locali…) in modo da lavorare sulla nostra visibilità e su una coscienza europea sui problemi che vogliamo sollevare.

Organizzare degli avvenimenti politici nelle regioni vicine con la partecipazione dei partiti politici della SE e dei differenti paesi.


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