“L’orgoglio di Ferrero: mai con questo centro sinistra”

“L’orgoglio di Ferrero: mai con questo centro sinistra”

di Riccardo Chiari – il manifesto – Piccoli e poveri, i comunisti. E con stile. Unici ad affidare al genio di Frank Zappa (le Little Umbrellas di Hot Rats) il prologo di un congresso nazionale. Unici anche nel volersi male, se dopo una relazione a 360 gradi, Paolo Ferrero osserva: “Eravamo un albero, poi siamo diventati un bonsai, ora siamo uno stuzzicadenti senza radici. Ma il nostro tasso di litigiosità è rimasto quello di prima: i posti dove si parla peggio di Rifondazione sono le nostre riunioni”. Anche per questo dal segretario uscente arriva l’ennesima richiesta di una gestione unitaria, sia pure nella chiarezza della linea politica decisa grazie al voto dei militanti.

Non sarà un obiettivo facile, visto che dietro le polemiche sull’esito di qualche congresso di federazione (Cosenza), la discussione interna alla mozione di stragrande maggioranza (Ferrero-Grassi) può assumere traiettorie anche imprevedibili. Compresa la messa in discussione dello stesso Ferrero, che pure non è stato bocciato dagli iscritti nonostante gli ultimi, amari risultati elettorali. Ed è autore, in due ore di relazione, di un’analisi a tutto campo. Che prova anche a dare risposte sul che fare, offrendo la visione politica di un polo di sinistra alternativo al Pd e alle formule elettorali di centrosinistra. Già a partire dalle prossime elezioni europee. “Un polo da costruire – spiega Ferrero – non mettendo il nostro cappello ma senza dover abiurare, perché siamo comunisti e orgogliosi di esserlo. Quindi una testa un voto, senza accordi di vertice o pattizi”. Quelli che, insieme alle mai risolte ambiguità nel rapporto con il centrosinistra a fortissima trazione Pd, hanno portato secondo il segretario uscente al fallimento sia della Federazione della Sinistra che di Rivoluzione Civile.

Ad ascoltare la relazione i 380 delegati e molti ospiti. Curdi, palestinesi, cubani, cinesi, saharawi e greci. Poi Maurizio Landini della fiom, Piero Bernocchi dei Cobas e Fabrizio Tomaselli dell’Usb. Franco Turigliatto per Ross@ e Marco Ferrando del Pcl. Angelo Bonelli dei Verdi, Nicola Fratoianni di Sel e Cesare Procaccini del Pdci. Sala tutta in piedi, nel minuto di silenzio per Nelson Mandela, e poi attenta per i centoventi minuti in cui Ferrero ha di volta in volta criticato Giorgio Napolitano (“Non è stato garante della Costituzione nemmeno sul tema delle legge elettorale dopo la decisione della Consulta”), e una Unione Europea “che è diventata il contrario di quello che doveva essere l’Europa che abbiamo sognato. Quindi questa Ue va contrastata, e per questo dobbiamo disobbedire ai trattati, al fiscal compact e al pareggio di bilancio e smettere di dire signorsì ad Angela Merkel”.
Sinistra alternativa al Pse in un’Europa che sta distruggendo il welfare. Sinistra alternativa al Pd – e ai suoi alleati – in un’Italia che ha bisogno di seguire una strada opposta a quella attuale per uscire dalla crisi: “Non si può fare l’ala sinistra degli F35. Il Pd sta governando facendo politiche di destra con un ex democristiano come Enrico Letta, e adesso sceglierà il nuovo segretario, probabilmente un altro ex democristiano come Matteo Renzi. Non ha più nulla di sinistra. Per questo tutte le forze di sinistra del paese devono cercare di costruire un polo alternativo e autonomo dal centrosinistra”. Con una traccia di programma già rilevabile nel “Piano per il lavoro”, sui cui Rifondazione raccoglierà le firme per una legge di iniziativa popolare. “La logica è quella di prendere i soldi dove ci sono: dunque una patrimoniale sulle ricchezze superiori agli 800mila euro. Un tetto a stipendi e pensioni sopra i 4mila euro nella pubblica amministrazione. Una maggior tassazione sui redditi più alti, e la lotta, seria, all’evasione fiscale. Poi si tagliano le spese militari come l’acquisto degli F35, e si cancellano altri sprechi come le grandi opere inutili, a partire dalla Tav. Da questi interventi si possono ricavare circa 90 miliardi per l’istruzione, la sanità e l’assistenza. Poi il riassetto del territorio, il recupero del patrimonio archeologico, la ristrutturazione degli acquedotti e una generale riconversione ambientale dell’economia. Con queste politiche si possono creare da 1,5 a 2 milioni di posti di lavoro. Non tutti pubblici, ma tutti per interventi di pubblica utilità, a seconda delle esigenze di ogni territorio.


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