L’università batte Samaras

L’università batte Samaras

di Argiris Panagopoulos – il manifesto

Mondo accademico avanti a oltranza. Il ministro pronto a ritirare il piano chiesto dalla troika

Dopo dodici settimane di sciopero il personale dell’Università di Atene e del Politecnico ha costretto il governo a fare marcia indietro: dei 500 impiegati che si volevano licenziare ora Samaras ipotizza il solo trasferimento di 100 unità in altri uffici a un minor salario. Tutto il mondo accademico è compatto su un punto: nessun licenziamento a danno degli atenei pubblici per garantire meglio la funzione di quelli privati.

Nel frattempo però il governo di Samaras e la troika hanno messo in ginocchio le università greche, ritardando l’iscrizione delle matricole e annullando in pratica gli esami, mentre il personale amministrativo dell’Università di Atene e del Politecnico resiste alle pressioni e continuerà fino a martedì una serie di scioperi prolungati contro il licenziamento della metà degli impiegati. La tenacia del personale e la solidarietà dei senati accademici di tutte le università, dei sindacati, di Syriza e gran parte degli studenti hanno fatto costringere il governo Samaras a trattare e infine ad arrendersi. Il ministro della Pubblica Istruzione Arbanitopoulos sembra essere costretto a una resa incondizionata se non procede ai tanto desiderati licenziamenti, mentre da parte loro e con molta ragione, molti impiegati non si fidano delle promesse del governo.

Ieri le riunioni del personale del Politecnico e dell’Università di Atene si sono svolte in clima di enorme tensione, anche perché i lavoratori hanno chiesto l’annullamento dei vertici del sindacato che avevano trovato positive le proposte del ministro! «Abbiamo resistito con una enorme battaglia contro il massacro dell’Università. L’unica soluzione è tornare tutti nei nostri posti di lavoro per far funzionare le facoltà insieme con i professori e il personale docente. Lo sciopero continua e il ministero mente dicendo che il 50% del personale è tornato al lavoro», insistevano ieri pomeriggio gli impiegati in assemblea, mentre Arbanitopoulos telefonava disperato al rettore dell’Università di Atene Pelegrinis per costringere gli impiegati ad aprire l’ateneo.

Secondo Arbanitopoulos università e politecnico rimangono chiusi illegalmente a causa di una minoranza del personale e di «manipoli» di Syriza e di Antarsya, la coalizione della sinistra extraparlamentare. Per il ministro l’apertura delle istituzione universitarie per permettere agli studenti di partecipare agli esami e non perdere il loro semestre è la pre-condizione per negoziare. Intanto Nuova Democrazia e Pasok hanno votato in fretta e furia una legge che permette agli studenti di partecipare a febbraio e a giugno del 2014 anche alle sedute degli esami saltate e che salteranno ancora se le università non aprono lunedì.

Il giornale dell’armatore Alafouzos, la prestigiosa Kathimerini, ha chiesto ieri in prima pagina la testa di Arbanitopoulos per il solo fatto di aver fatto marcia indietro sui licenziamenti. Il ministro si è difeso sostenendo che ha assunto 454 docenti e ne assumerà altri 400. Anche per Syriza «le dimissioni del ministro rappresentano l’unica soluzione possibile». Anche gli studenti hanno risposto con occupazioni in tante Facoltà di fronte al pericolo che il governo utilizzasse per ennesima volta la polizia per risolvere i conflitti sociali.

Vincendo sulla salvezza delle otto università, la Grecia può ottenere una grande vittoria contro la troika. Grazie a una fermezza così corale, il governo non ha osato aprire gli atenei con i manganelli, lasciando le ingenti forze di polizia schierate fuori dai cancelli.

Clamorosa rimane l’unanime decisione dei membri del senato accademico e dei loro sostituti della grande Università di Salonicco «Aristoteleio» che hanno offerto al rettore le dimissioni in massa pur di ostacolare i licenziamenti del personale amministrativo.

Nel vuoto sono caduti anche i tentativi di forzare gli scioperi attraverso le proteste degli studenti che volevano sostenere gli esami. Perfino l’organizzazione degli studenti di Nuova Democrazia (Dap) si è tenuta lontana dalle richieste del governo.


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