Il complotto honduregno

Il complotto honduregno

di Marco Consolo, responsabile America Latina PRC – liberazione.it – Non c’è pace per il piccolo Honduras e per la sua “democrazia di facciata”. Con una inusuale affluenza alle urne (più del 60%), l’Honduras ha votato la scorsa domenica per eleggere il Presidente, i vicepresidenti, 128 parlamentari e diversi sindaci. Mentre scriviamo questa nota è in atto una “guerra di cifre” sui risultati elettorali e c’è una forte tensione dietro la calma apparente che regna a Tegucigalpa e nelle altre città.
Infatti, mentre continua lo spoglio delle schede (poco più della metà), almeno due partiti dichiarano di disconoscere i risultati elettorali e denunciano clamorosi brogli.
Sia il Partido Libertad y Refundación (Libre) che il Partido Anti-Corrupción (Pac) non riconoscono i risultati parziali emessi da parte del Tribunale Supremo Elettorale (Tse) e sostengono di avere prove di irregolarità commesse, tra l’altro, durante il procedimento di trasmissione informatica dei dati del voto. Il Partido Anti-Corrupción (Pac) ha dichiarato che di 7000 risultati locali, solo 1500 sono verosimili. E Xiomara Castro, candidata della sinistra organizzata in Libre, sostiene di essere in testa di almeno 3 punti su Juan Orlando Hernandez, candidato del governante Partido Nacional, che, viceversa, il Tse dà in prima posizione con il 35% dei voti e che si è già dichiarato vincitore. Il vantaggio di Xiomara Castro sarebbe in base ai dati forniti dai rappresentanti di Libre nei seggi, mentre secondo il Tse avrebbe ottenuto solo il 28%. Al terzo posto si piazzerebbe il candidato del Partido Liberal, Mauricio Villeda, con il 20% ed al quarto Salvador Nasralla, del Partido Anti-Corrupción, con il 15.47.
“Ci stanno rubando i voti e le elezioni” ha sostenuto il Coordinatore Nazionale di Libre ed ex-Presidente Manuel Zelaya, in una conferenza stampa in un hotel di Tegucigalpa. Ed il suo candidato a Vice-Presidente, Eduardo Enrique Reina, ha dichiarato che, in base alle loro informazioni, il Tse ha disposto una auditoria speciale di più del 20% delle schede.
Nessun dubbio invece per l’ex golpista Roberto Micheletti, in buona compagnia dell’ambasciatrice statunitense, Lisa Kubiske, che si è affrettata a riconoscere i dati del Tse, nonostante le proteste espresse da più parti su un insieme di irregolarità che mettono in dubbio le cifre del Tse. Nei giorni scorsi si erano moltiplicate le denunce di possibili brogli, in particolare nella trasmissione informatica dei dati, visto che molti dei seggi erano in zone remote senza accesso alla rete. In queste ore sono riuniti i dirigenti dell’opposizione per valutare le prossime mosse, mentre alcuni degli osservatori internazionali non si sono ancora espressi sulla regolarità del voto e il governo ha smobilitato i centri di osservazione internazionale. La tensione resta alta e le prossime ore saranno decisive.
Come si ricorderà, nel giugno 2009 vi era stato un golpe “parlamentare” contro il legittimo Presidente Manuel Zelaya, un esponente liberale di una potente famiglia. Oltre a prendere alcune misure sociali, Zelaya si era reso colpevole di un’apertura al Venezuela di Chavez con l’adesione all’Alba, di voler sfrattare la mega-base militare statunitense di Palmarola e consultare la popolazione sulla possibilità di dar vita ad una Assemblea Costituente. Decisamente troppo per gli Stati Uniti ed anche per l’oligarchia locale, da sempre abituata a fare il bello ed il cattivo tempo nel Paese.
Dopo la breve parentesi del “liberale” Zelaya, negli ultimi anni Forze Armate e polizia sono state responsabili per le gravi violazioni dei diritti umani e per la loro impunità. Una responsabilità per azione diretta o omissione. Insieme all’ossessione omofobica, è ripresa la repressione di massa, gli omicidi di dirigenti contadini, di giornalisti, di difensori dei diritti umani. Agli effettivi in divisa si sono sommati i paramilitari colombiani negli squadroni della morte al soldo dei latifondisti. Una presenza consolidata nell’area centro-americana. Nel 2012 l’Honduras ha avuto il triste record del paese con il più alto tasso di omicidi al mondo, (86 ogni 100.000 abitanti), di cui l’80% rimangono impuniti e solo il 20% sono investigati. E dal golpe ad oggi, si parla di migliaia di omicidi, molti dei quali sono omicidi politici travestiti da “criminalità comune”.
Non a caso la campagna elettorale del candidato del Partido Nacional al governo, è stata impostata sulla necessità di una crescente militarizzazione contro la criminalità, per garantire “sicurezza ai cittadini”. Viceversa, la candidata di Libre, Xiomara Castro, moglie dell’ex presidente deposto dal golpe, nel suo programma di governo, aveva proposto una totale rifondazione dell’Honduras, a partire dalla convocazione di un’Assemblea Costituente per redigere una nuova Carta Magna.
Sul piano elettorale, per la prima volta nella storia del Paese centro-americano il Partito Libertad y Refundación (Libre) rompe il bi-partitismo tradizionale (Partido Nacional e Partido Liberal) che ha dominato per quasi un secolo. Il nuovo partito, Libre, nasce dopo il golpe del giugno 2009 contro il Presidente Manuel Zelaya ed il suo esilio, unendo movimenti sociali, organizzazioni politiche della sinistra, correnti liberali dissidenti, che cercano di riorganizzare le forze. Dopo il “colpo di Stato istituzionale”, questi settori sono stati protagonisti della resistenza popolare, prima contro la dittatura di Roberto Micheletti (di origini bergamasche), e poi contro Porfirio Lobo, del Partido Nacional, eletto Presidente nel gennaio 2010 in un suffragio molto contestato, ed in continuità con il sistema di potere oligarchico e golpista.
Sul piano sociale, l’Honduras è uno dei paesi più poveri del continente americano: il 39% della popolazione vive in condizioni di estrema povertà. A questo occorre aggiungere la situazione di grave indebitamento con il Banco Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale: la somma del debito estero (4mila milioni di dollari) e interno (3mila milioni prestati da banche nazionali in particolare dopo il golpe) raggiunge praticamente il 40% del PIL del Paese (18mila milioni di dollari). Ma la povertà, come la polvere, va nascosta sotto il tappeto, o al riparo dei riflettori. Ed è così che, a pochi mesi dal golpe, le spiagge caraibiche dell’Honduras sono state lo scenario del “reality” televisivo italiano “L’isola dei famosi”, nonostante le numerose proteste di organizzazioni honduregne ed italiane, ignorate dagli organizzatori. Uno “show” mediatico che ha contribuito a legittimare i golpisti ed a preparare lo sbarco dei nuovi pirati, gli investitori italiani ed internazionali a “caccia del tesoro”.


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