Scuola, ultimatum Ue all’Italia: assumete 137 mila precari entro due mesi
Pubblicato il 22 nov 2013
di Roberto Ciccarelli – il manifesto – La Commissione Europea ha inviato all’Italia un nuovo avvertimento sulla discriminazione degli insegnanti e del personale precario che lavora nella scuola da più di 36 mesi continuativi a proposito del mancato adeguamento dello stipendio al personale di ruolo. Il nostro paese rischia una multa minima di 10 milioni di euro perché dal 1999, quando è stata emanata la direttiva comunitaria numero 70, non ha mai stabilizzato i 137 mila precari della scuola (stima Anief, 130 mila per Flc-Cgil, Cisl e Uil) che hanno lavorato per più di tre anni con le supplenze.
Nella lettera con la quale la Commissione Ue mette in mora l’Italia si legge che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) usa i precari con contratti a termine «continuativi», ad ogni fine di anno scolastico (e comunque alla fine di ogni incarico) li «licenzia», per poi «riassumerli» attraverso il meccanismo della chiamata dalle «graduatorie in esaurimento», oppure con le chiamate dei presi a partire dalla fine di ogni agosto. Un’operazione che si protrae anche per molti mesi. Il problema è che, così facendo, centinaia di migliaia di persone vengono lasciate «in condizioni precarie nonostante svolgano un lavoro permanente come gli altri». La discriminazione di Stato non riguarda solo lo status giuridico, ma anche il reddito. I precari, infatti, guadagnano sensibilmente di meno degli «assunti». Se alla lotteria delle «chiamate» vincono una cattedra piena (cioè 18 ore alla settimana), possono arrivare anche a 1400 euro al mese. L’anno successivo rischiano tuttavia di ricominciare da un reddito anche dimezzato. Considerati i tagli delle cattedre, il riaccorpamento delle classi o degli istituti, e il blocco del turn-over, le cattedre sono diventate in questi ultimi anni sempre di meno, e ai precari non resta che accontentarsi di «spezzoni». In questi casi il reddito diminuisce sensibilmente, poco più o poco meno sulla soglia di povertà. Per la Commissione Ue gli stipendi vanno adeguati perché questi precari «svolgono lo stesso lavoro ma hanno un contratto diverso» rispetto a chi ha già un «ruolo». L’Italia deve rispondere entro due mesi, altrimenti la procedura sarà depositata alla Corte di giustizia europea. Una condanna della Corte costerà 10 milioni di euro, una cifra che potrà aumentare, da 22mila a 700 mila euro per ogni giorno di ritardo. «Dopo la messa in mora dell’Italia in merito alla procedura sul personale Ata della scuola, quello giunto oggi è un ulteriore segnale importante – afferma Marcello Pacifico dell’Anief e segretario organizzativo Confedir – L’equiparazione stipendiale è fondamentale anche ai fini della stipula dei contratti sui posti vacanti, sino al 31 agosto, e verso la stabilizzazione dei 137 mila supplenti nella nostra scuola». Tutti i sindacati sono ormai in trincea contro il ministero e chiedono una soluzione definitiva a questa piaga tutta italiana. Per la Flc-Cgil, che come l’Anief ha promosso un ricorso alla Corte di giustizia europea, il governo «deve mettere in campo un piano pluriennale che consenta la stabilizzazione – afferma il segretario Domenico Pantaleo – andando oltre gli stessi contenuti della legge sull’istruzione approvata in parlamento». Per Francesco Scrima della Cisl la stabilizzazione risolverebbe anche la discriminazione sul reddito dei precari. «Chi è assunto a tempo indeterminato – afferma – può far valere l’anzianità accumulata con il lavoro precario». La Uil attacca il piano triennale di immissioni in ruolo deciso dal ministro Carrozza; «è una soluzione parziale – sostiene – ci sono ancora posti in organico di diritto coperti con contratti annuali reiterati di anno in anno. La soluzione è l’organico funzionale».
Il Miur ha cercato di rivendicare la trasformazione delle graduatorie fisse in graduatorie in esaurimento («per sgonfiare le sacche di precariato»). E sostiene che le 11.542 immissioni in ruolo per il triennio 2014-2016 «contribuiranno a riportare a un livello fisiologico il ricorso ai precari». Che, nel 2016, saranno grosso modo 120 mila. Se l’Europa troverà convincenti queste argomentazioni, la procedura si arresterà. Altrimenti, lo Stato italiano inizierà a pagare.
Sostieni il Partito con una
Appuntamenti