Prove (robuste) di Repubblica presidenziale
Pubblicato il 24 ott 2013
di Dino Greco – liberazione.it – Ormai non si salvano neppure le apparenze. Le riunioni che contano si fanno direttamente al Colle, sotto l’attenta regia del Presidente di una Repubblica sempre più presidenziale. Il vertice di questa mattina al Quirinale verteva sulle riforme elettorali. Oltre al capo dello Stato erano “convocati” i ministri Dario Franceschini e Gaetano Quagliariello, i capigruppo di maggioranza al Senato e il Presidente della Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato della Repubblica, Anna Finocchiaro”. Un incontro dalle modalità quantomeno insolite che ha scatenato una durissima reazione della Lega. Paradossale, ma vero, che a fare volare gli stracci per un confronto che si svolge in una sede impropria, per giunta su una materia di natura squisitamente parlamentare, sia Roberto Calderoli, il padre della famigerata “porcata” che oggi tutti ripudiano e dicono di voler cambiare, ma che sino ad ora si sono tenuta stretta, nella speranza, ciascuno, di poterne trarre vantaggi per la propria bottega.
“Ritengo inaccettabile, inaudito e assolutamente non previsto dalla Costituzione il vertice di maggioranza che di fatto ha convocato oggi il presidente Napolitano al Quirinale”, protesta Roberto Calderoli. “Napolitano – tuona l’esponente del Carroccio – deve essere il presidente di tutti e non spetta certo a lui convocare vertici di maggioranza. Il Senato lavorerà per cambiare la legge elettorale per volontà politica e non per indebite pressioni o sotto ricatto del 3 dicembre (l’atteso giudizio della Consulta, ndr) tenuto conto anche del pronunciamento della Corte europea del marzo del 2012 che ha respinto i ricorsi avversi l’attuale legge elettorale”. Il ministro Franceschini, come spesso gli capita, ha messo sulla vicenda la classica toppa peggiore del buco definendo quello di oggi al Colle “un incontro per fare il punto della situazione” e negando che la presenza del governo alla riunione sia legata a un’iniziativa dell’esecutivo sulla riforma. Io e Quagliariello, poi, “eravamo lì in veste di ministri competenti” – ha poi aggiunto il ministro per i rapporti con il parlamento. Dichiarazione che sollecita una domanda ancora più stringente: cosa erano lì a fare, di preciso, e quali competenze dovevano mettere in gioco le persone convenute in una sede così autorevole? Perché “il punto della situazione” quei signori lo devono fare tra loro, non guidati per mano dal presidente. Ma è dalla sua rielezione a capo dello Stato che Napolitano pensa di essere investito di un ruolo e di poteri straordinari che ormai esercita quotidianamente estendendo la sua giurisdizione su ogni aspetto della politica italiana. Questo, del resto, gli è stato chiesto e questo Lui fa, ridisegnando le coordinate dell’arco costituzionale, blindando il governo delle ‘larghe intese’, riplasmando una legge elettorale maggioritaria che chiuda la competizione elettorale dentro gli insuperabili confini di un bipolarismo, tendenzialmente bipartitico. Napolitano, come si vede, “pratica l’obiettivo”, giorno dopo giorno, passo dopo passo. Al Pd, da tempo libanizzato e succube dell’uomo del Colle, va bene così. Le “colombe” del Pdl, convinte di essere state cooptate nell’Alto Disegno, abbozzano.
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