Il 12 in piazza anche per difendere la salute

Il 12 in piazza anche per difendere la salute

di Ivan Cavicchi – il manifesto -

Il 12 ottobre anche io sarò in piazza del Popolo. Ho una ragione in più per andarci: il governo Letta vuole contro riformare l’art 32 della Costituzione, quindi il diritto alla salute. Questo significa un mucchio di cose brutte. È una operazione ben più eversiva di quella consumata contro l’art 18 e le pensioni ma di cui nessuno parla, neanche la satira.
Potrei elencarvi numeri a non finire per descrivere cosa voglia dire praticamente cancellare il diritto alla salute (abbandono sociale, sofferenze materiali per le persone, maggiore o minore durata della vita,ingiustizie di ogni ordine e grado) ma l’ho già fatto molte volte.
Potrei anche smascherare le speculazioni e le pressioni del mondo assicurativo e cooperativo, cioè di quel capitalismo che si dice di sinistra, dove ad esempio Unisalute ha la maggioranza del mercato dei fondi assistenziali legati a molti contratti sindacali. Ma lasciamo perdere!
Vorrei invece capire perché questa pericolosa sottovalutazione generale. Intanto mi colpisce che anche i materiali per la preparazione della manifestazione sottovalutino la questione. Evidentemente il silenzio della politica non ha fatto rimbalzare la portata del problema. Eppure tutti i valori costituzionali che ispirano la manifestazione (dignità, giustizia, equità, eguaglianza, lavoro, cultura ecc.) sono costitutivi del diritto alla salute. Sono valori che proprio a partire dall’art 32 , con la riforma del 78, sono stati tutti materialmente tradotti nel servizio pubblico che in questi 30 anni però è stato continuamente ripensato e svuotato da ossessive politiche di compatibilità, cioè da politiche deboli e marginaliste. Il loro obiettivo era di adattare i diritti ai limiti economici e il loro principale effetto è stato quello di spingere sempre più persone fuori dall’area del diritto. Questa è la ragione vera perché oggi la spesa sanitaria pubblica in Italia è la più bassa di Europa e quella privata la più alta. Fa accaponare la pelle la teoria di Letta che per abbassare le tasse bisogna controriformare la sanità e quindi tagliare sui diritti. Le Regioni avrebbero dovuto essere le principali garanti dell’art 32 ma sono state un disastro da ogni punto di vista morale, politico, organizzativo, economico. Esse sulla sanità non sono riuscite ad essere «Regioni» cioè all’altezza dei loro sconfinati poteri. Non è un caso se oggi proprio loro sono le vere controparti dei piani di rientro, della spending review, dei tagli lineari . Certo esistono le «eccezioni» ma colpisce che proprio queste oggi tentino sottobanco di scaricare la domanda sulle mutue integrative, di spingere la gente verso il low cost, e comunque di restringere le tutele. Errani, il presidente dell’Emilia Romagna, a nome di tutte le Regioni (nessuna esclusa), sono almeno tre anni che pone il problema di ridefinire le prestazioni alle quali i cittadini avrebbero diritto in ragione dell’art 32 (Lea). Oggi Letta lo asseconda. Questo accade non perché Errani sia un traditore dell’art 32 ma perché lui come tutti gli altri governatori (nessuno escluso)non ha un pensiero riformatore capace di assicurare «compossibilità» tra diritti e limiti… non ha una politica in grado di intervenire sulle anti economicità strutturali del sistema e sulle vaste corruzioni che esso contiene. L’art 32 negli anni ’70 è stato il riferimento delle più importanti battaglie per l’emancipazione (salute delle donne, salute in fabbrica,salute mentale,prevenzione, territorio,umanizzazione delle cure ecc).
Verso gli anni 90 le politiche delle Regioni piano piano imboccano incalzate dalle restrizioni economiche,la strada perdente dell’amministrativismo fino a illudersi con le aziende sanitarie di rendere compatibile i diritti con le risorse disponibili.
Oggi le aziende si sono rivelate un fallimento e il conflitto tra diritto alla salute e risorse è praticamente esploso contrapponendo il Governo alle Regioni e queste alle aziende, per cui non mi stupisce che si tenti la scorciatoia della controriforma.
Il dubbio politico su questa controriforma di cui nessuno parla viene fuori proprio pensando a queste vicende. La sanità perseguitata dal definanziamento con le Regioni prive di una idea riformatrice moderna di salute, sta morendo.
Il silenzio della sinistra riformatrice sembra nascondere l’idea mai confessata che l’art 32 sia praticamente implausibile e che tutto sommato la controriforma per quanto odiosa sistemerebbe ogni cosa cancellando le storiche responsabilità delle Regioni, ma soprattutto mettendo a regime la deriva privatistica. Per tutte queste cose ed altre la manifestazione del 12 ottobre è ancora più importante. Essa deve dire chiaramente no alla controriforma dell’art 32 e chiedere di mettere mano da subito a quelle che nell’appello i suoi promotori, definiscono le «ineludibili riforme ma per attuare la Costituzione, non per cambiarla».
Oggi dobbiamo riprogettare i diritti a partire dai contesti, ma la questione politica e culturale vera è che a sinistra non c’è il riformatore.


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