Aldrovandi, otto anni fa era domenica. Una maledetta domenica
Pubblicato il 25 set 2013
di Elisa Corridoni – liberazione.it – Federico Aldrovandi detto “Aldro” a terra, ammanettato, mani dietro la schiena, faccia sull’asfalto, non respira piú. Due volanti e quattro poliziotti, manganelli rotti per picchiare (ops…pardon… “contenere”) questo diciottenne di ritorno da un locale di Bologna. Un controllo di polizia.
I giornali del 26 riportano la velina della questura: uno sciupón (o come diamine si scrive, “un colpo” insomma).
C’è voluto il coraggio di mamma Patrizia, papà Lino, il fratello Stefano, nonno Germano (che oggi non c’è piú), e di tutti i famigliari e gli amici. E’ servita la mobilitazione di tanti.
Alla fine lo “sciupón”, nonostante i tentativi di copertura, ha preso il nome giusto, anzi i nomi: Luca Pollastri, Monica Segatto, Enzo Pontani, Paolo Forlani, condannati definitivamente per eccesso colposo in omicidio colposo.
Cosa sia realmente successo, cosa abbia scatenato quella furia, non lo sapremo mai.
Aldro non tornerà a vivere. Peró presto questi poliziotti torneranno ad indossare una divisa, con tutto, la pistola e il manganello, proprio come quelli che hanno spaccato sul corpo di Aldro.
Quanto successo non va dimenticato, proprio affinché non accada mai più.
E questi quattro vanno allontanati dalle forze dell’ordine.
p.s.. Per una strana ironia del destino, Federico è rimasto a terra, morto, proprio davanti ad un cartello con su scritto “zona del silenzio”. Oggi quel cartello non c’è più. Ma resta il fatto che l’unica a parlare e a permettere una svolta nelle indagini fu una donna camerunense, Anne Marie. Tutti gli abitanti dei molti palazzi che si affacciano su quello spazio non videro né sentirono nulla. Solo Anne Marie raccontò di chi picchiava e delle grida di Federico che implorava di smetterla.
Come ebbi modo di dire nel gennaio 2006, al giornalista che coraggiosamente portò il caso alla luce, Checchino Antonini, “a Ferrara, la nebbia rende tutto silenzioso”.
p.p.s. Checchino Antonini era giornalista di Liberazione, un giornale di partito (di rifondazione comunista), ma un giornale libero e come ogni giornale degno di questo nome e con giornalisti degni di questo nome faceva inchiesta. Fu grazie a Liberazione che il caso scoppiò, dopo che Patrizia scrisse il suo primo post. Oggi Liberazione non è più in edicola per via dei tagli all’editoria ma anche l’edizione on line rischia di chiudere nell’indifferenza di chi ha scarsa memoria. Anche tra noi.
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