Tutti pazzi per Merkel

Tutti pazzi per Merkel

di Roberto Musacchio – Aiutano a capire il perché la signora Merkel abbia vinto le elezioni in Germania i complimenti che le arrivano da tutta Europa e a 180 gradi. Anche da chi, come Hollande e Letta, dovrebbe stare su un fronte diverso. Si dirà che sono congratulazioni dovute. Ma in realtà traspare qualcosa di diverso. Il riconoscimento di una egemonia che diventa il punto di riferimento obbligato per ogni agire politico. Vale anche per i commentatori e i giornali, progressisti in testa. Per giunta ci si è messo anche il successo, sfiorato, della lista antieuro a dare l’alibi per celebrare i fronti uniti da edificare contro l’euroscetticismo.

Continua così quell’atteggiamento politico che ha portato la Cancelliera a poter conseguire il suo terzo mandato consecutivo. Non c’è dubbio che la nuova lady di ferro abbia saputo ben costruire le ragioni del suo successo. Si è conquistata il ruolo di madre di tutti i tedeschi. Ha narrato la storia di un Paese, la Germania, dedito ed operoso che subiva le conseguenze dei comportamenti non virtuosi  di altri. Che si assumeva anche “generosamente” i propri obblighi “europeisti” ma senza “esagerare” e chiedendo ai “reprobi” di fare i compiti.

Messa in politica, Merkel, ha saputo prendere la direzione di una Europa che si va edificando intorno ad un compromesso tra le borghesie siglato intorno al comune intento di cambiare la natura del vecchio continente dandogli un’anima liberale e liberista e disposte per questo obiettivo a sacrificare, almeno in parte, i conflitti nazionali. E ha saputo governare quello strano impasto che è la Germania unificata, avvalendosi, democristianamente, di tutti i materiali disponibili. Da quelli che arrivavano dall’eredità di Schroeder e delle sue “riforme” liberalizzante a quelli della stessa esperienza dell’Est, soprattutto quelli messi in campo  durante il processo che ha portato alla grande Germania.

E infatti  Merkel conquista un risultato importante anche all’Est che le consente il grande balzo in avanti oltre il 40%. Resta sotto il 26% la Spd, che ha una piccola crescita rispetto al crollo delle elezioni precedenti, avvenute dopo l’esperienza della grande coalizione fatta proprio con la Merkel. Ma il risultato è men che modesto. Ed è il frutto sostanzialmente scontato di una subalternità imbarazzante che ha portato i socialdemocratici a condividere pressoché tutti i provvedimenti presi dalla Cancelliera. A partire da quelli più pesanti per l’Europa come tutte le leggi che hanno edificato l’austerità e la governance chiamata ad imporla. Qui le responsabilità della Spd sono ampiamente condivise dall’insieme delle forze che fanno parte del partito socialista europeo e del gruppo parlamentare europeo dei socialisti e democratici.

Restando in Germania, l’affluenza al voto, ampia, e il successo di Merkel, parlano di un dato che può apparire in controtendenza rispetto alla crisi della politica di cui ampiamente si parla in Europa. Questo elemento va valutato attentamente e nel merito. Nella sua parzialità, in quanto si tratta di un dato maturato laddove, in qualche modo e non certo per tutti, si “approfitta” del corso europeo attuale. Altri dati e sondaggi parlano per l’Europa di un restringersi del consenso ai governi, allargati, dell’austerità. E parlano tra l’altro di buoni risultati in molti Paesi per le forze di sinistra antiausterità ancor più che degli euroscettici. Ma anche nel suo rimarcare il fatto che vince la sola politica in campo, e cioè quella della Merkel, perché altro non c’è.

Per altro lo stesso dato tedesco dice che la Cancelliera  vince prosciugando il suo storico alleato liberale. Se si guarda all’insieme dello scacchiere elettorale, gli spostamenti sono interni ai campi e fuori di essi vanno, in modo ridotto, al partito antieuro e ai pirati, che dilapidano però i precedenti successi regionali. Un discorso specifico va fatto sulla Linke il cui risultato vale molto se si pensa alle condizioni oggettive e soggettive in cui è maturato. Unico partito dichiaratamente antiausterità, laddove l’austerità è stata narrata come il giusto che i tedeschi chiedono ai reprobi. Escluso da ogni alleanza dalla Spd per un miscuglio tra non volontà dei socialdemocratici di affrontare la prospettiva di uno scenario alternativo e rigurgiti di integralismo che portano a considerare nemico un partito nato, in parte, da una scissione; cose cui si somma l’incapacità storica della Spd ad affrontare il tema dell’Est. La Linke ha, peraltro, dovuto affrontare un ricambio di leadership che, come ben sappiamo in Italia, è stato difficile ed ha prodotto contrasti e rischi di rotture. Sta di fatto che aveva fallito molte elezioni regionali e, nei sondaggi, ad un certo punto, era a rischio la stessa permanenza in Parlamento. L’8,6%, terzo partito e l’ingresso, che dovrebbe essere avvenuto, in Assia, sono ottimi risultati.

Che consentono per altro di verificare una realtà numerica un po’ diversa da quella che la celebrata vittoria della Merkel accredita. In realtà Spd, Linke e Verdi dovrebbero avere più seggi della Cdu. Difficile che la Spd faccia oggi quello che ha escluso per anni e in campagna elettorale e cioè intavolare una discussione vera per una alternativa. Ma fuori da questa strada non c’è futuro diverso possibile. Temo però che invece ci sarà una corsa a salire sul carro dei vincitori e a vedere chi  riuscirà a caratterizzare le larghe intese.

Se saranno larghe intese ci sarà un problema ancora più grande dell’oggi. Esse saranno tra un Partito grande e vincente, e con idee, e uno più piccolo, sconfitto e con poche idee. Lasceranno alla Merkel il quadro di comando complessivo, tedesco ed europeo, e di decidere quanta austerità e quanta “compassione” avere. Rappresenteranno il punto di riferimento per esperienze come quella italiana e per tutti quelli che le tifano perché, a loro dire, con la compromissione dei socialdemocratici agevolano l’edificazione della nuova Europa liberale. Renderanno la cosiddetta alternativa dei socialisti e democratici, e dei centrosinistra, in vista delle elezioni europee di maggio, ancora meno credibile di quanto non lo sia già oggi. D’altronde le difficoltà di Hollande, per altro pro guerra in Siria, la sconfitta della Spd ampliano una sequenza dove c’è già il tracollo del Pasok e molto altro.

Combattere la narrazione delle larghe intese, formali e sostanziali, è la condizione indispensabile per affrontare i mali dell’Europa e pensare ad una alternativa. C’è già in moto la “crociata” per una union sacrè contro i “barbari” euroscettici e populisti, in cui arruolare tutti. Servirebbe solo ad assolvere le politiche dell’austerità e le troiKe che, esse si, fanno di questa Europa sempre più una nuova Bisanzio. Ricostruire la politica fuori da Bisanzio, per un’altra Europa, è compito sempre più indispensabile.

 


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