Un Primo Maggio lungo due anni

Un Primo Maggio lungo due anni

di Checchino Antonini -

Dal primo maggio dal 2001 è la più importante manifestazione di precari e, più in generale, una mescola di esperienze storiche e inedite del movimento operaio. Anche stavolta decine di migliaia di persone scenderanno in piazza a Milano per l’Euromayday inventata nell’incontro tra le Rdb e i Chainworkers, tra un sindacato di base (ora Usb) e un collettivo di precari delle grandi catene.

Nel tempo i promotori sono diventati una galassia sempre più vasta e ha preso piede un immaginario sovrastato dalla figura di San Precario come catalizzatore di una pluralità di culture e conflitti nati dalla frammentazione del lavoro e dall’erosione dei diritti nelle forme ereditate dal Novecento. Lo slogan di quest’anno è “Una sola grande opera: reddito per tutti” per criticare la politica delle grandi opere e dei grandi eventi e chiedere un reddito di base per i precari e le precarie. Questo primo maggio inizia un percorso di critica alla grande opera milanese per eccellenza: l’Expo 2015, «uno sperpero di risorse in tempo di crisi. Mentre le risorse pubbliche vengono riversate in un grande evento, i precari e le precarie non incontrano nessuna risposta ai loro problemi», scrivono i promotori che hanno presentato stamattina a Milano la dodicesima edizione della street parade.

La Mayday del 2013 critica l’Expo e chiede un reddito di base incondizionato come diritto per precarie, disoccupate e per chiunque soffra la precarietà. Studenti, migranti, redattrici precarie, infermieri, cassintegrate, operai, insegnanti. Uomini, donne, trans. Insieme, tutti, per rompere la gabbia del ricatto e del bisogno.

La Mayday, perciò, durerà due anni: dopodomani verrà lanciato un percorso che arriverà al primo maggio 2015, giorno dell’inaugurazione dell’Expo. L’esposizione universale significa cemento, commistione mafia-politica, precarietà dell’ambiente e delle nostre vite e speculazione, proprio mentre i soggetti più colpiti dalla crisi vengono abbandonati a se stessi e spremuti fino all’ultimo. «Per questo il grande evento, la grande opera che vogliono i precari non è Expo ma il reddito di base. Abbiamo davanti due anni in cui parleremo di reddito diretto e indiretto, dei legami tra luoghi di vita e lavoro, di nocività e sviluppo. Per due anni fronteggeremo un’Esposizione Universale che incombe sul territorio metrolombardo imponendo immaginari e devastando territori. E parleremo anche delle altre resistenze territoriali esistenti nell’area lombarda, come TEM e Pedemontana.

Perché Expo significa debito, cemento, speculazione e precarietà Perché Expo è un grande acceleratore di opere dannose e opporsi a questo “grande evento” vuol dire opporsi alla crisi e al ricatto del debito che sta strozzando anche la città di Milano e la Lombardia».

Alcuni giorni dopo la parade, il 5 maggio, una serie di collettivi di operatori del sociale (Comitato Indignato o.s.s. di Venezia, Educatoricontroitagli di Bologna, Educatorisenzadiritti di Milano e Monza, Operatori Sociali non Dormienti di Torino, Salvailsociale di Genova, Operatori di Pisa, Collettivo degli Operatori del Sociale di Napoli) si sono dati appuntamento a Milano per discutere di sè, della loro condizione lavorativa sempre più precaria, di un sistema Welfare ormai ridotto all’osso, di una figura professionale, la loro, poco conosciuta e riconosciuta socialmente ed economicamente.

Intanto, prima e dopo l’appuntamento clou, il circuito di San Precario prova a capitalizzare il fatto che, nel caos mediatico, «quasi per incanto, per un breve lasso di tempo, le tematiche del reddito e dei nuovi diritti sono comparse nelle prime pagine dei giornali per poi scomparire in modo altrettanto repentino, manco fossero una cometa». Si tratta di una serie di incontri promossi dall’Accademia precaria per formarsi ai temi del reddito: «Di reddito e di nuovi diritti ne parlano oramai tutti e tutte, cani e porci, ma ribadiamo che l’unico reddito veramente necessario a precari e precarie è quello che permette di rifiutare i lavori peggiori, ovvero di scegliere il conflitto. Per comprendere il Reddito, per prepararsi al big bang, per partecipare al giorno dei conti, per discutere di nuovi diritti e infine, per seguire la cometa che indica la direzione del cambiamento vi invitiamo al ciclo di quattro incontri, interni all’accademia precaria». Oggi si parlerà di “Reddito e comete”, ossia della direzione del cambiamento: dal diritto al lavoro al diritto alla scelta del lavoro, verso i nuovi conflitti. L’8 maggio di “Reddito e conticini: fino a oggi abbiamo pagato noi, da domani chi paga?”.

Seguiranno in un calendario ancora da definire la storia della lotta per il reddito di base e “Reddito e bowling: perchè i nuovi diritti saranno lo strike delle vecchie istituzioni”.

L’Accademia precaria (in via Confalonieri 3) nasce dalla consapevolezza che l’evoluzione tecnologica, la globalizzazione e la precarietà si sono succedute a stretto giro ridefinendo completamente le prassi, le regole, i riferimenti, le istituzioni, le consuetudini, ovvero l’insieme sedimentato dei saperi e delle conoscenze acquisite. Le conoscenze, perciò, non albergano più – secondo i promotori – nelle istituzioni (università, sindacati, partiti, parlamenti) bensì nell’esperienza di chi ha provato a destraggiarsi nel caos rivoluzionario di questi tempi. «E’ per questo che siamo convinti di avere accumulato un insieme di relazioni, informazioni e conoscenze, capaci di indicare un altro orizzonte di civiltà e in grado di sollevare passioni e partecipazione. Vogliamo allargare il nostro confronto a chi ritiene che la produzione di nuova conoscenza abbia bisogno di comunità ribelli, ove la condivisione e la liberazione dei saperi siano una condizione necessaria e vitale e proponiamo due linee di confronto».

globalist.it


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