Italia, una storica svolta neoconservatrice

Italia, una storica svolta neoconservatrice

di Francesco Peloso -

E’ un governo di destra moderato quello appena nato in Italia. La sinistra è stata esclusa, il movimento 5 stelle non è stato nemmeno preso in considerazione e allo stesso tempo, con grave responsabilità, si è autoescluso.

Stiamo assistendo dunque al ritorno del centrismo vecchio stile, forse alla fine del Pd, in ogni caso di sicuro B. non verrà toccato. Gli equilibri di potere degli ultimi vent’anni sono ancora lì e hanno trovato in Napolitano un garante d’eccezione. Non è un bello spettacolo, anche se, per evitare guai eccessivi in Parlamento e soprattutto nel Paese, l’esecutivo non mostra facce particolarmente impresentabili. E tuttavia resta un dato: la maggioranza larga degli italiani non aveva votato per il Pdl e ora se lo ritrova ben presente al governo. E’ un colpo alla vita democratica? In parte certamente sì, non bisogna avere paura di dire le cose come stanno.

D’altro canto, fra inno molti aspetti positivi di questa operazione, va sottolineata l’uscita di scena di un personaggio come il ministro Elsa Fornero, che ha rappresentato la faccia feroce e antisociale del montismo. Anche su questo versante, del resto, Pd e Pdl non potevano permettersi di proseguire su quella linea, pena una perdita di consensi verticale. Ma vedremo, come si dice, i fatti.

La realtà è che si tratta di un governo a tutti gli effetti politico, cioè che non nasce solo per fare la riforma elettorale e poche altre cose, ma per durare. Il che segna il compimento di una svolta neoconservatrice in Italia in cui le destre del Pd e del Pdl si sono unite per dare vita oggi a un governo e forse domani a una nuovo partito o raggruppamento. Non è un quadro allarmante in sé per le istituzioni, ma un fatto che cambia la scena politica e culturale del Paese puntando all’esclusione della sinistra dai centri decisionali. La sinistra, dal canto suo, è chiamata ora a un processo di rigenerazione profondo, di ricostruzione, che tagli i ponti in primo luogo, con i gruppi dirigenti attuali, e torni a rappresentare le istanza dei diritti collettivi, dei giovani lavoratori, delle questioni legate alla’ambente, a una nuova visione europea, a un’economia sociale.

E poi, lo ripetiamo, resta il punto fermo di un welfare che non può essere cancellato in quanto conquista fondamentale delle democrazie europee. Certo, rimane, inevasa anche una domanda di modernizzazione del Paese, delle sue strutture, del suo tessuto imprenditoriale, pure con questo tema la sinistra deve fare i conti e dare risposte reali e percorribili.

Intanto all’economia torna Saccomanni, cioè il proseguimento del montismo con altri mezzi, forse – e ci auguriamo – più temperato, ma di certo non cambierà il volto delle politiche economiche. Non si tratta, come dice Monti, di credere che l’unica strada alternativa al rigore dei conti sia la spesa pubblica senza freni, ma di sapere fino in fondo che la qualità dei servizi pubblici di un Paese in termini di efficienza, di trasparenza e onestà, sono la base sulla quale si costruisce una nazione civile.

globalist.it


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