Magneti Marelli, rabbia infinita

Magneti Marelli, rabbia infinita

Adriana Pollice -
Oggi i lavoratori della Pcma Magneti Marelli sono davanti ai cancelli dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco a fare volantinaggio: sono la maggiore realtà produttiva dell’indotto campano dopo la Fma di Pratola Serra, e rischiano di morire nel silenzio generale, effetto collaterale del piano Marchionne. «La Panda – spiega Vincenzo Chianese, delegato Fiom -, unica produzione rimasta nel napoletano, non ha portato nessuno sviluppo ma è solo lo strumento per cancellarci. Quando sarà rimasta solo la fabbrica di Pomigliano potranno dire, come hanno già fatto con Termini Imerese, che è una cattedrale nel deserto e chiudere pure quella». Ai colleghi del Gianbattista Vico chiedono il blocco dello straordinario in preparazione di uno sciopero che fermi la produzione dell’utilitaria.
Acquisito per una cifra simbolica dal Gruppo Fiat, lo stabilimento partenopeo è l’unico sopravvissuto ai tre che, con Marcianise e Caivano, costituivano il polo Ergom in Campania: 1.080 dipendenti, più una trentina di lavoratori dei servizi, producevano plance, consolle, paraurti e sistemi di alimentazione spaziando dai furgoni alle vetture di lusso. In particolare erano all’avanguardia per lo stampaggio. Con l’avvento di Fabbrica Italia Pomigliano, metà dei lavoratori sarebbero dovuti finire nel perimetro Fip, gli altri riconverti con una nuova missione produttiva che non è mai arrivata. Nel frattempo sono passati quattro anni di cassa integrazione, che a luglio potrebbe finire lasciandoli per strada. Quello che c’era negli accordi è rimasto lettera morta: nel Gianbattista Vico sono finiti in circa 230 a fare componentistica per la Panda (che al 60% continua ad arrivare dalla Polonia), per gli altri il tempo passa tra una riunione in regione e un aggiornamento a data da destinarsi. La scorsa settimana l’ultima: «Un’altra perdita di tempo. Nessun piano industriale, la novità era la possibilità di essere ricollocati in altre aziende. Dei 158 lavoratori assunti, 108 devo provenire dal bacino di operai delle produzioni tessili dismesse della zona. Quello che resta sono poche unità, soprattutto quadri. Se nel 2014 la fabbrica prende il volo…se siamo vivi nel 2014».
Per ora in 120 lavorano a plance e paraurti del Ducato realizzato in Brasile, l’ultima produzione rimasta alla Ex Ergom: due turni per tre giorni, tre o quattro settimane al mese se c’è richiesta. La situazione è talmente esplosiva che persino i sindacati firmatari si sono accodati alla protesta dei lavoratori. Mercoledì scorso sono andati a bloccare per l’intero giorno il varco merci dello stabilimento di Pomigliano: tensione con la polizia che li riprendeva, un operai fermato e poi rilasciato. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha chiarito che il fondo nazionale della cassa integrazione si è ormai esaurito e i lavoratori campani sono stanchi dei piani Marchionne, rimandati a una futura età dell’oro dell’auto. «È il momento che i problemi dell’indotto diventino un affare che riguarda tutta la Fiat, a cominciare dagli stabilimenti dove si produce – prosegue Chianese – Noi, invece, siamo finiti nell’oblio. L’accordo Fabbrica Italia includeva piani anche per la Pcma e per la Fma. Adesso Fip è confluita in Fiat Group Automobiles, ma nel passaggio non si dice più nulla delle nostre strutture». Il nodo, infatti, è lo stesso: tenere in Campania la sola produzione della Panda non potrà bastare per tutto il bacino di lavoratori. Nel napoletano si realizzavano le Alfa Romeo (migrata negli impianti del nord), la Magneti Marelli produceva componenti per la Lancia Ypsilon che si faceva in Sicilia e per l’Alfa 159 che non si fa più. «Una vettura di classe A è poco lavorata e poco rifinita, era chiaro fin dall’inizio che non avrebbe saturato i livelli occupazionali. I sindacati morbidi hanno provato a smorzare la lotta tenendoci nel perimetro della nostra fabbrica, assecondando la politica della regione e della Fiat di dilatare i tempi fino all’epilogo, la rabbia però è troppo forte. Vogliamo che i delegati di Pomigliano vengano alla Pcma a lottare con noi».

Il Manifesto – 19.04.13


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