Corea del Nord: minacce da codice rosso!

Corea del Nord: minacce da codice rosso!

di Franco Frediani -
Qualcosa non torna… Il dubbio si fa largo nella situazione che ogni giorno fa crescere il grado di allerta per le minacce lanciate dalla Corea del Nord all’indirizzo di Stati Uniti e Corea del Sud. Le perplessità nascono dall’incertezza che sembra regnare tra le superpotenze riguardo all’effettivo grado di incisività dei proclami bellici annunciati dal leader nordcoreano Kim Jong-Un. E’ mai possibile che le strutture dell’Intelligence di paesi come Russia, Cina e Stati Uniti non siano in grado di intercettare il livello di pericolosità paventato da questo paese piccolo e isolato, abitato da 24 milioni di abitanti? Oltretutto sembrano assenti anche le ipotetiche ragioni che potrebbero favorire un conflitto bellico in questa parte di regione asiatica… Resta il fatto che la Corea del Nord possiede la bomba atomica! Le cronache sono ormai note. Il conflitto del 1950 non è mai stato ufficialmente chiuso con un vero trattato di pace. In pratica siamo arrivati ad oggi sulla base di un cessate il fuoco, più volte non rispettato, che ha mantenuto inalterata una situazione che fa della tensione e dell’incertezza le sue caratteristiche peculiari. Ma arriviamo ai giorni nostri. La Corea del Nord è un paese molto povero, devastato da continue carestie. A Pyongyang, la capitale, spesso manca l’energia elettrica per tenere accese le luci dei più grandi alberghi. Le condizioni in cui vive la stessa popolazione sono veramente penose. Fattori indubbiamente rivelatori di una situazione che non consente grossi exploit, come quello di sostenere un conflitto bellico dopo aver portato una reale minaccia ad una superpotenza come gli Stati Uniti d’America, anche se, nello stesso momento, potrebbe esser frutto della disperazione che fa da stimolo ad un gesto estremo, dettata (ma non giustificata..) dalla gravità di una situazione difficilmente sostenibile. Resta il fatto che la comunità internazionale si trova con il fiato sospeso. I motivi per temere possibili e gravi sviluppi ci sono tutti: dalla presenza di un esercito che è il quarto al mondo come numero di effettivi (1,1 milioni di soldati) all’escalation degli esperimenti nucleari effettuati in questi anni. Regna però (e qui sta il dubbio mostrato inizialmente) l’incertezza sul grado di pericolosità di questi apparati bellici. Dai primi test atomici effettuati con l’utilizzo del plutonio, sembra che la Corea di Kim Jong-Un abbia “progredito” fino a quelli a base di uranio arricchito (che abbonda nella regione, ndr.). Poco cambia: secondo il Centro studi internazionali e di ricerca, (agenzia apartitica francese) la Corea del Nord dispone di un arsenale di armi di distruzione di massa tra i più grandi del mondo (sembra che Kim Jong-Un possa contare su circa 600 missili Hwasong-5 e 6, con una gittata rispettivamente di circa 300 e 700 chilometri). Di fronte a questo, è logico che la preoccupazione lasci il posto alla spavalderia (anche di chi può contare su sistemi e mezzi altamente più sofisticati). In pratica, diplomazie ed esperti militari si interrogano sulla presenza o meno di una reale “convenienza” che potrebbe spingere la parte Nord della penisola coreana ad impegnarsi in un vero e proprio attacco che scatenerebbe l’inferno nell’intera regione ed oltre. Anche se il tutto si limitasse ad un atto dimostrativo, i danni sarebbero incalcolabili e la ricaduta su ambiente e popolazioni sarebbe altrettanto devastante. L’ago della bilancia resta ancora la Cina, dalla quale la Corea del Nord importa le materie prime fondamentali per la sua stessa sopravvivenza. E’ proprio la reazione del colosso asiatico a far sperare che la situazione non degeneri. La Diplomazia di Pechino ha fortunatamente preso posizione condannando l’operato minaccioso dell’alleato coreano, sia richiamandolo formalmente che sostenendo l’opera moratoria dell’ONU. Cina e Russia non hanno interessi a sostenere o accettare l’epilogo drammatico di un conflitto bellico nella regione asiatica, proprio ai loro confini. L’ipotesi più accreditata potrebbe rivelarsi quella di un vero e proprio bluff, da parte di una Corea del Nord che vorrebbe uscire dall’isolazionismo in cui si ritrova per cercare di dare un momento di respiro ad una condizione socioeconomica interna che si è fatta insostenibile. Una condizione che contrasta con quella della Corea del Sud, che da decenni conta su legami forti con gli stessi States. Il quadro resta comunque di estremo pericolo e di massima allerta, con l’apparato militare americano che ha già dispiegato sull’isola di Guam (dove vivono oltre 10.000 marines) una batteria di Thaad, ovvero, Terminal High Altitude Area Defense, in grado di intercettare ‘al volo’ eventuali missili nordcoreani. Alla speranza che la “questione” coreana possa trovare una soluzione indolore, si aggiunge la preoccupazione per l’ennesimo episodio di un possibile conflitto bellico dalle dimensioni incalcolabili. Ad oggi non esiste una cultura della pace che permetta di bypassare il ricorso alle armi. L’obiettivo di una progressiva riduzione numerica delle armi di distruzione di massa sembra essersi tristemente arenato;  rimanendo purtroppo soltanto una sterile utopia.


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