Cambiare si potrà, discutiamone a Firenze

Cambiare si potrà, discutiamone a Firenze

di Giuliana Beltrame, Emmanuele Curti* -
L’esito elettorale consiglia a tutti una riflessione sulla nostra giovane esperienza.
Il tempo della crisi politica, sociale, culturale ed economica sta mettendo in evidenza i nodi che abbiamo davanti a noi: le forme stravolte della rappresentanza, la incapacità delle classi politiche europee, non solo di quella italiana, ad affrontare il disastro prodotto dall’affidamento agli “spiriti animali” della finanza delle sorti di milioni di cittadine e cittadini, la devastazione di uno spazio pubblico di relazione, non sostituibile dalla solitudine frammentata della connessione virtuale.
Tutto questo diventa sempre più drammaticamente chiaro, così come diventa sempre più importante mettere in campo capacità, intelligenza e passione dando vita ad un nuovo sistema di relazioni e linguaggi.
In questa fase assolutamente nuova dobbiamo ripartire per costruire, consci dell’enorme ricchezza che c’è in questo nostro paese, rappresentata dalle molteplici esperienze diffuse sul territorio, dall’ampia serie di movimenti, saperi, iniziative di resistenza e di lotta al dominio del mercato, e dei poteri finanziari. Tutto questo in nome di una difesa della bellezza contro la devastazione del territorio, di valorizzazione di un’agricoltura buona per chi lavora e per i prodotti che produce; di un sapere non riducibile a valutazione meritocratica ma leva di crescita di consapevolezza critica della cittadinanza; di affermazione di un modello vero dei beni comuni, a partire dalle lotte per la ripubblicizzazione della gestione dell’acqua, contro una logica di privatizzazione sempre più insidiosa e pervasiva e, infine, per ribadire il diritto al lavoro e per un lavoro rispettoso dei diritti della salute e della dignità delle persone, donne e uomini, nativi e migranti.
Questo voto ha manifestato con evidenza il fallimento del governo dei mercati e ha segnalato la richiesta di una rinnovata autentica democrazia dei cittadini, decretando peraltro il fallimento di quello che restava di una sinistra storica. Quei modelli sono vecchi, disusi, incapaci di essere portatori di un’esperienza maturata negli anni. Abbiamo bisogno di forme nuove di un governo dei cittadini ed è necessaria una proposta seria e organica, che esca anche da questa bipolarizzazione partiti/grillini.
Riconoscendo la forza di Grillo e del Movimento 5 Stelle, dobbiamo anche segnalare l’inquietudine che provoca: non solo perché costretto da un liquido rapporto fra mondo virtuale e un leader maximo, ma anche perché immobilizzato a urlare una serie di “no” senza produrre una visione omogenea alternativa di società, sollevando punti che appaiono meri tecnicismi, isolati, senza una coerente visione sociale. Ed in questa disorganicità si annulla la differenza tra destra e sinistra, l’idea stessa di democrazia, la sottovalutazione della radicalità dei diritti civili e sociali, il ruolo del lavoro e del sindacato, le risposte alla crisi sociale, economica ed ambientale.
Bisogna invece lavorare alla costruzione di un tessuto di relazioni, attraverso la presenza nei conflitti come luoghi di elaborazione collettiva per riportare nella dimensione politica l’intera vita di donne e uomini, le loro storie e speranze. Una rete di corpi intermedi che superi l’abisso che oggi separa la società dalle istituzioni (ex)rappresentative, senza cadere nelle forme ambigue di un altro populismo proprietario.
Dove le tante esperienze nascoste di un’Italia che cambia (a partire da comunità come quella dei No Tav) diventino maestre di modelli alternativi. Dobbiamo avviare, con modalità e linguaggi efficaci, un percorso – aperto e inclusivo – di autoformazione e crescita, rimettendo al centro di un dibattito politico sempre più surreale una vera e propria agenda politica: democrazia e Costituzione, Europa e rinegoziazione-ristrutturazione del debito, lavoro e lotta alla precarietà, piani industriali nel segno della riconversione ecologica; beni comuni e cultura/conoscenza; reddito di cittadinanza, nuove forme di welfare.
Sentiamo anche l’esigenza di un progetto che abbia un respiro internazionale per coordinarsi con analoghe esperienze europee (e mediterranee) non solo per opporsi alla sovranità delle banche, all’ossessione del debito e ai nazionalismi riemergenti, ma anche per rifuggire dal mito di una globalizzazione imposta da questo modello e, attraverso il dialogo, costruire nuovi vocabolari culturali e politici.
Un anno fa abbiamo iniziato il nostro cammino, consapevoli della sua necessità: ci siamo anche confrontati con i limiti della corsa alle elezioni verificando che cambiare si potrà solo se si prenderà atto delle responsabilità di una radicale modificazione del concetto di rappresentanza, nel sentirci nuovi soggetti della decisione politica.
Da questa consapevolezza e dalla presa d’atto del cataclisma in cui ci troviamo, il 13 aprile a Firenze, al teatro Puccini, ripartiremo per costruire, attraverso il confronto, nuovi punti di intersezione fra livelli locali, nazionali e internazionali, con la piena consapevolezza del nostro essere rappresentanza in un nuovo cammino comune.
*coordinatori di A.L.B.A.

Il Manifesto – 05.04.13


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