Donne e rivolte: occasione persa. O forse no

Donne e rivolte: occasione persa. O forse no

di Alessandra Mecozzi -
Non poteva esserci inizio migliore per un Forum sociale mondiale già promettente per contenuti e partecipazione. Il primo in un paese arabo, in Tunisia, il primo paese delle rivoluzioni arabe, dal titolo molto significativo Dignità (Al-Karama). Ieri, prima delle 10, l’anfiteatro della facoltà di scienze politiche e giuridiche, nel campus universitario di Al-Manar, era stracolmo di donne, di tutti i paesi, di tutte le età. In più di 1000 hanno raccolto l’invito dell’assemblea “donne in lotta”, lanciato dalle tunisine: «Vogliamo che la nostra presenza nella Tunisia della dignità sia la voce della rivoluzione, non quella di una voce di libertà soffocata».
L’invito a fare un minuto di silenzio per i martiri delle rivoluzioni e delle lotte per la libertà in tutto il mondo ha fermato il frastuono di slogan, canzoni tradizionali cantate con voci potenti da anziane donne nei vestiti tradizionali tunisini, rosso uno argento l’altro. Poi i lavori sono ripresi, dai gradini più alti dove la delegazione del Messico esponeva un grande striscione contro il femminicidio alle prime fila in basso dove le donne saharaoui sventolavano le loro bandiere orgogliose.
L’esperienza della rivoluzione era palpabile. Come ha detto la tunisina che ha introdotto questa straripante assemblea, impensabile solo tre anni fa, è diventata possibile proprio grazie alla rivoluzione. E adesso in una situazione sempre più difficile e complicata, le donne rappresentano l’argine più forte alla controrivoluzione possibile. Ma la pressione, fino alla violenza, contro le donne che vogliono libertà è forte. Obiettivo è costringerle a lasciare lo spazio pubblico. E invece la domanda forte è “la costituzionalizzazione dei diritti delle donne”, dopo aver respinto un arretramento della costituzione che il governo ha cercato di far passare. La questione rimane aperta e anche per questo le tunisine hanno investito così tanto su questo forum. La blogger e vignettista egiziana, la sindacalista marocchina che parla della lotta delle operaie per la giustizia sociale e la democrazia, una protagonista tunisina della rivoluzione, già in prigione nel 2008, che dichiara che la Tunisia è un paese indipendente e che non ha bisogno degli Stati Uniti né del Qatar. Poi parla la femminista del Senegal, per l’autonomia, l’istruzione come condizione fondamentale, il diritto alla partecipazione e alle decisioni politiche. E poi la palestinese subissata dagli applausi che parla della lotte e dello sciopero della fame dei prigionieri politici. C’è davvero un’onda di solidarietà e di emozione.
Per la prima volta, si vedrà in un Forum sociale la Palestina sarà protagonista, per le tante attività, per la marcia conclusiva che le sarà dedicata, coincidendo con la giornata palestinese della terra, per essere oggetto di amore quasi. Chissà se le rivoluzioni potranno ascriversi anche questo merito, di contribuire alla fine dell’occupazione israeliana e alla libertà palestinese, con la forza delle donne e degli uomini, non di una fallimentare politica diplomatica.

Il Manifesto – 27.03.13


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