Una Babele dei diritti entusiasma Tunisi
Pubblicato il 27 mar 2013
di Giuliana Sgrena -
Tunisi ha cambiato immagine. La capitale tunisina sembra tornata alla vita dei giorni che hanno segnato l’inizio della rivoluzione. Soprattutto è tornata la speranza. I tunisini non sono più soli nella loro lotta contro chi vorrebbe cancellare le loro conquiste. L’invasione di migliaia di partecipanti al Forum sociale mondiale è stata ben accolta, apprezzata come un segno di solidarietà, quello che in effetti voleva anche essere. I partecipanti al Forum hanno affollato avenue Burghiba ma anche tutte le altre piazze e strade del centro, alberghi, bar, ma si sono ben mimetizzati con la popolazione locale.
«È qui per il Forum?» ti chiedono i tunisini se ti vedono cercare un indirizzo. Questa accoglienza è già un successo per gli organizzatori.
Alle quattro del pomeriggio l’appuntamento era in piazza 14 gennaio, il giorno della fine della dittatura di Ben Ali, una volta piazza dell’orologio, accanto al sempre contestato ministero dell’interno, tuttora circondato dal filo spinato, ma ignorato per l’occasione. Il corteo, apertura ufficiale del Forum, è partito dalla piazza 14 gennaio per arrivare, dopo cinque chilometri, allo stadio dove un concerto di Gilberto Gil, famoso cantante ed ex ministro della cultura brasiliano, ha concluso la prima giornata.
Il corteo multicolore, multietnico, si è andato componendo e ricomponendo più volte prima della partenza, controllato da un servizio d’ordine preoccupato forse più di apparire efficiente sulla scena mondiale che preoccupato dei pericoli. A dominare la scena sull’onda emotiva e politica dei tunisini era Chokri Belaid, il leader democratico assassinato il 6 febbraio. Giovani e meno giovani, donne e bambini portavano il suo ritratto e urlavano: «Il popolo vuole sapere chi ha ucciso Belaid», altri accusavano Ghannouchi e il suo partito Ennahdha di essere i colpevoli, altri ancora intonavano l’inno nazionale in onore del loro «martire». La moglie, Basma, in testa allo spezzone della Tunsia era la più intervistata, abbracciata, apprezzata. Questa iniziativa potrà servire a fare chiarezza su chi ha ucciso Chokri Belaid? «Certamente – ci risponde – l’attenzione internazionale è molto importante». Speriamo che possa servire. Poco lontano le famiglie dei tunisini “desaparecidos” in Italia mostrano le foto dei loro figli. «Non abbiamo saputo più nulla, non una telefonata, non sappiamo se sono vivi o se sono morti», dicono.
Ma in testa al corteo è una rappresentanza internazionale: tunisine, palestinesi, italiane, e tante e tanti altri, così tanti che non entrano in un cordone. «Lavoro, libertà e dignità», le parole d’ordine.
Il protagonismo è indubbiamente arabo. I tunisini e soprattutto le tunisine sono orgogliose/i del loro protagonismo e questo è indubbiamente il segno di un Forum che si svolge al centro del Mediterraneo e che viene alimentato da quella spinta rivoluzionaria che sebbene debba affrontare forze controrivoluzionarie ha in sé tutte le energie che sembrano assopite sulla sponda nord. La centralità della questione palestinese è sicuramente incoraggiante in questo momento in cui è difficile imporre questo tema sulla scena internazionale. Molto presenti e attivi anche i sahrawi che, a parte qualche contrasto, sembrano aver conquistato alla loro causa il Forum sociale marocchino. Se si dovesse confermare questa spinta al dialogo tra sahrawi e marocchini (certo una parte, ma la questione era sempre stata ignorata anche dalla sinistra del Marocco) sarebbe un’altra conquista da appuntare al Forum di Tunisi.
Siamo solo alle prime battute, alla presentazione dei protagonisti che nei prossimi giorni animeranno centinaia di incontri programmati e non. Una Babele che sembra ritrovarsi su molti punti in comune: dai diritti delle donne, contro tutte le violenze, a quelli per i beni comuni come l’acqua, alla necessità di separare la religione dalla politica. Una questione questa che ci viene sottolineata anche da alcuni tunisini seduti in un bar del centro ai quali abbiamo chiesto un parere sul Forum. Sembra che nessun tunisino sia indifferente a questa invasione: c’è chi è entusiasta, chi curioso (verso i giapponesi tutti vestiti di giallo) e chi nutre speranza in questa contaminazione. Che non può essere a senso unico.
Il Manifesto – 27.03.13
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