Peppecrillo, si fa presto a dire troll

Peppecrillo, si fa presto a dire troll

di Alberto Piccinini -
Lunedì sera tra le 21 e le 23 l’account facebook di Beppe Grillo è stato «attaccato» da un centinaio di troll organizzati, nascosti dietro l’immagine di un altro account relativamente noto ai frequentatori del social network: Siamo la gente, il potere ci temono. Che del grillismo costituisce una specie di selvaggia parodia. Sotto i post visibili a quell’ora (Rosi Bindi, il modello Sicilia, la tav…) hanno fatto la loro comparsa decine e decine di finti commenti del tipo: Peppe sei proprio un grante, ma come fai! sei il nostro dulcie ducie che ci dà la decrescita crammatikale e kulturale, sei un grante, 1000 euri a tutti dove sono i miei 1000 euri ??1?!, fino a coprire praticamente l’intero spazio di discussione. Gli altri frequentatori hanno lasciato fare, salvo tentare qualche incursione sull’account avversario.
Era stato proprio Grillo, giorni fa, a perdere la pazienza contro le «orde di troll, fake, multinick» che infesterebbero il suo sito «al ritmo di due-tremila al giorno» (sito e account Fb di beppegrillo.it sono collegati, ma il secondo è molto meno controllabile del primo). Aveva pure tentato di darne un identikit, sospettando una specie di diabolica strategia dell’odiato pdmenoelle per inquinare l’immagine pubblica del MoVimento. Ottimista, quanto meno. «Qualcuno evidentemente li paga», aveva sibilato. E mentre in un post facebook piuttosto livido chiamava alla caccia all’infiltrato, scagliava il suo definitivo anatema: «Schizzi di merda digitale».
Siamo la gente, il potere ci temono esiste da un anno e mezzo, ben prima del successo elettorale del Movimento 5 stelle. Conta più di 28.000 fan e, mantenendo l’anonimato dei fondatori, mette in scena una parodia spinta dei temi, del linguaggio, dello stile, e in definitiva di quella paranoia complottarda che del grillismo è una componente nascosta ma non troppo. La parodia si costruisce attorno ai luoghi comuni dell’attivismo digitale: Fate girare!, Sveglia!, Firma!, Sapevatelo!, Kasta! Che escono tutte dalla tastiera col punto esclamativo incorporato, e un preziosismo mimetico: il numero “1″ nascosto tra un punto esclamativo e l’altro, è quel che scrivi se nella foga non schiacci il tasto shift.
E poi: strafalcioni ortografici in trascrizione fonetica (a cominciare dal nome di Grillo variamente declinato in peppecrillo o in peppe, che riecheggia chissà perché il vecchio terrunciello di Diego Abatantuono); post gridati a tutte lettere maiuscole in spregio a ogni galateo della Rete; persino l’evocazione di un finto Grillo guru e fondatore del movimento, tale Saverio Trentini. Sono il marchio di questa impresa di comicità collettiva, in crowdsourcing diciamo così. Guzzanti 2.0, se proprio volete. Il resto accompagna la crescita di influenza del M5S: così il grottesco riferimento ai 1000 euro del reddito di cittadinanza o, viceversa, la finta autodenuncia del troll che scrive «ci paga Bersani» (anzi, bersano). Fino alla satira sugli argomenti di giornata: non era difficile ieri imbattersi nella foto di Vito Crimi dormiente in parlamento – pubblicata dal Corsera – commentata da un doveroso: SVEGLIAAA!!!!1!!
Dove l’abbiamo già visto? Dove l’abbiamo sentito? L’uso della parodia e della guerriglia semiologica nella politica italiana ha una sua tradizione lunga e (persino) nobile. Ne fanno parte l’ironia anti-austerità (guarda caso) del ’77 («il lavoro benedici/ viva viva i sacrifici»), e le finte prime pagine de Il Male (ma proprio ieri girava in Rete un finto Fatto Quotidiano col titolo «Gatti addestrati per trollare sul web contro Beppe Grillo»). Ne fanno parte il blobbismo e certa comicità tv anni ’90, che accompagnarono Tangentopoli e la nascita della Seconda Repubblica. Con una rispolverata punk-goliardica. E altro ancora.
A giudicare da qui, i troll che frequentano il blog di Grillo non corrispondono affatto all’identikit che ne dà il fondatore. La manifestazione dell’altra sera, esplicitamente lanciata su facebook con il titolo di «schizzi di merda aggratis» era costruita non sul filo di una qualche perfida razionalità politica, ma sulla cifra del caos. Tutti i commenti erano filo (o pseudo) grillini fino al parossismo e al nonsense. I meglio organizzati erano pronti a postare l’icona di un stronzo fumante rosa modello cartoon. In alternativa si poteva usare il colloquiale inglese poop, sufficientemente iconico. In definitiva, per quel che si può capire (ed è poco) troll potrebbero nascondersi ovunque, anche dietro gli stessi commenti filo-Grillo in Rete, esagerati a bella posta nel linguaggio e nelle intenzioni: una specie di esca per tirar fuori il peggio attraverso il peggio. Qui la torre di Babele del web si dispiegherebbe davvero in tutta la sua vertiginosa altezza.
Con due osservazioni finali. La prima la sottolinea lo stesso Grillo, quando se la prende con «i lerci e sudati copia e incolla» di giornali e talk-show, fatti a partire dai commenti al suo blog per dimostrare ora un tesi ora un’altra a proposito dell’anima vera del Movimento. A ciascuno – a Grillo e ai giornali – le proprie responsabilità: se usato in questo modo, il sistema dei commenti altro non può essere che un pallido feticcio della democrazia. Letteratura se va bene, inconscio a cielo aperto. Terreno fertile per sospetti e complotti davvero vertiginosi.
La seconda osservazione riguarda il giro d’affari dei banner pubblicitari ospitati dal sito e dall’account Facebook di Grillo-Casaleggio, il cui valore è legato al numero di pagine visitate dagli utenti (compresi i troll). Sia Il Sole24 ore che alcuni esperti blogger hanno tentato di fare i conti in tasca alle imprese web del comico, avendo a disposizione cifre di riferimento assai vaghe e concludendo con vaghissima approssimazione che l’attività dei frequentatori dei due siti potrebbe rendere da uno a 10 milioni in pubblicità. Cifre al limite dell’inutilizzabile, ma significative del casino in cui ci siamo cacciati.

Il Manifesto – 27.03.13


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