Il cielo sulle primarie è sempre più cupo: cronache romane

Il cielo sulle primarie è sempre più cupo: cronache romane

di Monica Pasquino -
I posizionamenti, le manovre, gli apparentamenti e le ritirate che si susseguono nella telenovela Le primarie di Roma ogni giorno ci regalano una nuova emozione e procedono speditamente verso il gran finale che decreterà l’autodistruzione dei partiti del centrosinistra e consegnerà la Capitale a un sindaco 5 stelle.
Nel weekend appena trascorso, protagonista del primo colpo di scena è Vendola in carne ed ossa, che si tuffa nel dibattito locale e afferma: “Roma è troppo importante per disperdere energie preziose per la sua rinascita. Dobbiamo vincere e dobbiamo farlo insieme”.

La dichiarazione non ha l’obiettivo di rinsaldare la coalizione contro la destra e i grillini, ma di sancire pubblicamente il patto di ferro stretto con il candidato alle primarie Ignazio Marino (Pd), a scapito dell’altro sfidante David Sassoli (Pd) e dei candidati di SEL in corsa (Luigi Nieri e Gemma Azuni).
Vendola chiede esplicitamente ai suoi candidati di ritirarsi dalle primarie (in realtà lo chiede solo a lui, di lei si dimentica…).
Nieri obbedisce, perché il pericolo che il centrosinistra “perda nuovamente Roma è alle porte” ed è quindi necessario “lavorare per una semplificazione, laddove vi sia un’ampia convergenza di vedute”. E pensare che aveva già presentato i 10 punti del suo programma per Roma, aveva già stampato i manifesti e fatto fare la nuova grafica al sito .

Il richiamo al voto utile e la minaccia che il Pd perda di nuovo il Campidoglio arriva fin dentro le primarie, come se Alemanno stesso fosse tra i candidati del centrosinistra o come se David Sassoli fosse un avatar grillino, pronto a calare la maschera appena incoronato candidato sindaco.
Questo vogliono farci credere. Eppure c’è dell’altro, che preferiremmo non vedere.
Come ha ricordato il candidato indipendente Sandro Medici, spiegando la sua scelta di autonomia durante la conferenza stampa di presentazione della lista Repubblica romana e come ha confessato Alfio Marchini ai microfoni di Otto e mezzo, queste primarie sono un congresso del Pd mascherato: servono alle fazioni del centrosinistra romano per contarsi, non sono un’esercizio di democrazia che rimette ai cittadini la scelta del candidato sindaco.

Ma non solo. Le ultime puntate della telenovela romana mettono in scena l’incontrovertibile e imbarazzante dichiarazione di fedeltà compiuta da SEL nei confronti dell’area del PD guidata da Goffredo Bettini, che da tempo chiede una “sterzata” per assicurarsi la guida del Campidoglio.
Non a caso, Marino è legato a Bettini da tempo, a lui esprime riconoscenza anche nel discorso di presentazione della mozione al Congresso del Pd del 2009, quando i candidati segretari erano Bersani, Franceschini e lo stesso Marino.
Le logiche di schieramento, al momento, prevedono dalla parte dell’europarlamentare Sassoli, l’ex capogruppo al Consiglio comunale di Roma del Pd e neoparlamentare, Umberto Marroni. Ma non è escluso che anche quest’ultimo, dopo la decisione di Sel, decida di puntare su Marino.

Negli ultimi giorni, altro brutto colpo di scena è la stretta attorno a Marino dei sopravvissuti di Rivoluzione civile (esclusa Rifondazione comunista) e, soprattutto, di pezzi dell’antagonismo romano. Anche loro dipingono il medico come ideale candidato di sinistra – fatto impossibile da spiegare se non in un’ottica di ricollocazione politica dovuta a puri interessi personalistici.
Marino, oltre ad essere sostenuto da una figura pesantissima dell’apparato romano, com’è Bettini, è storico alleato anche di Pietro Ichino, uomo tanto di sinistra da aver lasciato il Partito Democratico per assumere la guida della lista per l’Agenda Monti (elezione del Senato in Lombardia).
Nel Congresso del 2009 Ichino dichiara il suo appoggio alla mozione di Marino che ha con lui “molte consonanze sia sul versante della riforma del diritto del lavoro sia su quello della riforma delle amministrazioni pubbliche” e “una piena coerenza con la strategia del Lingotto”.

Si tratta di quella strategia, inaugurata da Merchionne per portare nel nostro Paese le condizioni di lavoro dei paesi emergenti e l’abbassamento delle tutele e dei salari, altrimenti “non si può reggere alla competizione internazionale”.
A non suicidarsi nella telenovella delle primarie di Roma è solo Gemma Azuni, l’altra candidata di SEL, consigliera uscente che ha proposto e vinto il ricorso contro la vendita di ACEA e ha messo in crisi la giunta Alemanno per due volte sulla rappresentanza femminile.
Azuni ha raccolto 8566 firme per candidarsi alle primarie, un record, ma non sono bastate a ingraziarsi la dirigenza locale di SEL.
Ieri la candidata ha convocato una conferenza stampa nel suo comitato elettorale per dichiarare che la sua battaglia di democrazia e di genere continuerà, sottolineando che “l’assemblea provinciale di Sel ha sostenuto le due candidature [Nieri e Azuni] e la richiesta di ritirarle non è passata dal partito per un ulteriore condivisione”.
Sotto il cielo cupo delle primarie romane, è quasi impossibile non tifare per lei.

da Huffingtonpost.it


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