Relazione alla Direzione
Pubblicato il 6 mar 2013
di Paolo Ferrero -
Innanzitutto voglio esprimere il profondo ringraziamento per i compagni e le compagne di Rifondazione Comunista che sono state la spina dorsale della campagna elettorale di Rivoluzione Civile. L’intelligenza e la generosità dei compagni e delle compagne di Rifondazione Comunista deve essere sottolineata perché il risultato elettorale brutalmente negativo non cancella l’importanza e l’indispensabilità di questa comunità.
La discussione che dobbiamo aprire a tutto campo dopo l’insuccesso elettorale deve quindi innanzitutto coinvolgere tutti i compagni e le compagne, perché questa comunità politica rappresenta il principale patrimonio da cui ripartire.
Per questo ritengo necessario che la segreteria nazionale rimetta il proprio mandato al Comitato Politico nazionale: è un atto dovuto dopo una sconfitta così pesante per aprire una discussione vera a tutti i livelli, non un segnale di scarico di responsabilità o peggio ancora di fuga.
Su questa base mi pare necessario che il Congresso che dobbiamo fare sia preceduto da un percorso di analisi, inchiesta e discussione che coinvolga tutti i compagni e le compagne e tutti coloro che al di fuori di Rifondazione sono interessati alla costruzione di una sinistra antiliberista in Italia.
In altri termini ritengo che non abbiamo bisogno di una resa dei conti all’interno del gruppo dirigente – che sarebbe un atto distruttivo del partito – ma di aprire una straordinaria fase di discussione che ridefinisca il ruolo dei comunisti nell’attuale fase politica. Il centro della nostra attenzione deve essere la ridefinizione di una proposta politica all’altezza dei problemi, scavando, analizzando, discutendo, in un percorso che riconsegni il destino del partito a tutti gli iscritti e le iscritte. A Rifondazione Comunista serve una proposta politica forte, non una rissa: da questo punto di vista il metodo è sostanza e il percorso che sceglieremo sarà decisivo per determinare la qualità del risultato.
La riunione della Direzione di oggi che sarà seguita dal Comitato Politico Nazionale del 9 e 10 marzo – che propongo di riunire in forma aperta con la partecipazione di tutti i segretari provinciali – è quindi un primo passo di questa discussione e la mia introduzione lungi dall’avere velleità di completezza, è solo un primo contributo in tal senso.
a. Com’è evidente le elezioni ci consegnano un quadro politico terremotato rispetto alla situazione precedente e con enormi difficoltà a dar vita ad un governo stabile. Ho citato molte volte Weimar per descrivere la situazione italiana, questo riferimento è tanto più corretto oggi. Oltre al bipolarismo è la Seconda Repubblica che è crollata in questa tornata elettorale. A partire da questo dato vorrei sottolineare due elementi. In primo luogo il voto è stato contro il sistema politico, per certi versi contro l’Europa e contro l’austerità. In particolare va sottolineato come l’assenza di un conflitto di classe generale – con una enorme responsabilità del sindacato – ha consegnato appieno il disagio sociale al tema della lotta al sistema politico e ai privilegi della “casta”. Così nelle elezioni ha vinto Grillo che ha rappresentato in pieno queste istanze, ha perso meno di quanto previsto Berlusconi, mentre è stato punito chi ha rappresentato le politiche dell’austerità (Monti) e chi più di tutti si è fatto carico nell’anno scorso della stabilità del quadro politico per realizzare quelle politiche (PD). Il terremoto non è quindi “neutro” ma sia pure in forme confuse esprime un disagio profondo verso le politiche di austerità. La seconda considerazione è che non dobbiamo scambiare questo terremoto con una rivoluzione. Non ci troviamo davanti all’apertura di una nuova fase ma all’esplicitarsi e all’aggravarsi della crisi organica della seconda repubblica e delle politiche neoliberiste. Dalle elezioni non emerge una alternativa ma l’amplificazione e l’evidenziazione della crisi organica del sistema, politico in primo luogo. Per questo la situazione politica è destinata a grande instabilità ed allo scontro di varie proposte politiche. Dalla proposta del PD di un dialogo con Grillo, alla proposta di Berlusconi di un governo di larghe intese finalizzato ad una riforma elettorale in senso presidenzialista, alle tentazioni della Lega Nord di usare la presidenza delle regioni del nord per praticare un vero e proprio scardinamento dell’assetto istituzionale del paese. Le variabili che si possono determinare sono molte e chiederebbero una relazione apposita per essere analizzate, cosa che non può essere fatta qui oggi. Analizzeremo meglio questa situazione in CPN.
b. La lettura delle elezioni come ulteriore elemento di crisi del sistema piuttosto che come fuoriuscita da questa crisi la si vede bene guardando alle caratteristiche del vincitore di queste elezioni, al partito di Grillo. Grillo non propone una piattaforma organicamente alternativa al neoliberismo. Grillo da voce ed amplifica ogni disagio sociale, lo riconduce sempre al tema della casta e del sistema politico occultando ogni radice di classe del disagio medesimo. Grillo fa leva sul senso comune di massa così come è stato prodotto da un ventennio berlusconiano e lo contrappone al sistema politico. Nella contrapposizione tra popolo e “partiti” vi è la cifra politica del successo di Grillo: sufficiente a scardinare un sistema in crisi, non a ricostruire una nuova realtà. Per questo credo che Grillo rappresenti un punto di passaggio della crisi più che il suo esito definitivo. Da questo punto di vista Grillo è indubbiamente un effetto – non neutro ma un effetto – piuttosto che una causa della deflagrazione del sistema o una soluzione alla stessa. Il punto non è la demonizzazione di grillo ma la comprensione della ragione del suo successo al fine di riformulare in modo efficace la nostra proposta politica di alternativa al neoliberismo e al capitalismo.
c. In questo contesto abbiamo il pesante insuccesso della lista Rivoluzione Civile. Qui occorre a mio parere discutere bene per vedere i problemi e correggerli per il futuro. A questo riguardo vi propongo solo tre considerazioni, una di natura strategica e due di natura tattica. Innanzitutto occorre confrontarsi se è stato giusto perseguire l’obiettivo di una lista di sinistra autonoma dal centro sinistra. Io ho sempre pensato e continuo a pensare di si. Penso che abbiamo fatto bene a posizionarci duramente contro il governo Monti, a dar vita alla manifestazione del 12 maggio contro il governo Monti ed a operare affinché la FdS diventasse il punto di coagulo di una alternativa di sinistra. Purtroppo dopo la manifestazione del 12 maggio la scelta degli altri soggetti della Federazione della Sinistra di inseguire il PD, hanno pesantemente indebolito questa prospettiva. Nonostante questo abbiamo continuato a cercare un percorso unitario a sinistra con la manifestazione No Monti day del 27 ottobre sia con Cambiare si può che da ultimo con Ingroia. Nella discussione che dobbiamo aprire mi pare sia necessario dare un giudizio chiaro sul percorso che abbiamo fatto e se confermiamo o meno l’obiettivo che abbiamo perseguito in questi anni e mesi. Su questo dobbiamo essere chiari. In secondo luogo è evidente che il modo in cui siamo riusciti a dar vita a Rivoluzione Civile è stato piuttosto abborracciato. Una parte delle forze che hanno dato vita a RC lo hanno fatto per necessità più che per convinzione e data la scarsità di tempi non vi è stato alcun percorso democratico nella costruzione delle liste. In terzo luogo penso però che le elezioni le abbiamo perse in campagna elettorale. La lista aveva una potenzialità di voto ben maggiore del 2% e tutti coloro che hanno fatto campagna elettorale lo hanno toccato con mano. Nella chiarezza che il superamento della soglia da parte di Rivoluzione Civile non avrebbe magicamente risolto tutti i problemi, voglio però dire con chiarezza che si poteva fare meglio. Per non citare che due problemi, la scarsa presenza dei temi sociali nel profilo complessivo della lista ed un continuo tentennamento nei confronti del PD che non ha permesso la definizione di una identità forte della lista. I limiti di impostazione e gestione della campagna elettorale hanno pesato molto: Chi votava PD votava per il meno peggio, chi votava Grillo votava per bastonare il palazzo, non siamo riusciti a comunicare chiaramente a cosa serviva il voto a Rivoluzione Civile. Io penso cioè che il risultato elettorale negativo non era iscritto nella presentazione della lista Rivoluzione Civile – pur con tutti i suoi limiti – ma sia stato il frutto di una incapacità di dare il senso compiuto di alternativa che pure nel programma di Rivoluzione Civile era assai ben espresso. Questo è a mio parere il punto politico centrale su cui occorre riflettere e scavare: la capacità di dotarsi di una cultura e di una proposta politica in grado di reggere a livello di massa il nodo dell’utilità di una sinistra antiliberista nel nostro paese.
d. In questo contesto, in cui la crisi è entrata in una fase ancora più acuta, mi pare necessario ragionare da dove ripartire per costruire una sinistra anticapitalista all’altezza del livello dello scontro. Non si tratta di una discussione burocratica ma piuttosto di ragionare sui nodi fondanti il senso della nostra militanza comunista qui ed ora. Lo dobbiamo fare tenendo d’occhio le scadenze politiche ravvicinate ma soprattutto aprendo un dibattito di fondo. Dobbiamo arrivare ad un Congresso che ci aiuti a fare un passo in avanti a partire da una ipotesi politica forte. Io penso che dobbiamo ripartire da due elementi: in primo luogo Rifondazione Comunista, che deve innovare profondamente le modalità di funzionamento e di organizzazione, ma che rappresenta oggi – pur nelle difficoltà – la principale risorsa per la costruzione di un polo della sinistra di alternativa in Italia. In secondo luogo la necessità di riprogettare in modo unitario ed innovativo un percorso di aggregazione della sinistra antiliberista che raccolga tutti coloro che sono disponibili a questa prospettiva, a partire da coloro che la condividono all’interno di Rivoluzione Civile. Credo cioè che dobbiamo aprire un percorso di analisi inchiesta e discussione per mettere a nudo le insufficienze che ci hanno caratterizzato e precisare meglio il nostro progetto. Lo dobbiamo fare in una discussione larga, che coinvolga tutto il mondo della sinistra antiliberista, dobbiamo aprire uno spazio pubblico di discussione su questo. In particolare vedo alcuni nodi che devono essere discussi a fondo. In primo luogo dobbiamo capire meglio la realtà sociale nella sua articolazione attuale. Troppo spesso parliamo della società in modi generici e prive di determinazioni reali. Pensiamo solo alla realtà giovanile per non fare che un esempio. In secondo luogo dobbiamo fare un salto di qualità nella proposta politica per quanto riguarda la crisi, di cui siamo in grado di descrivere gli effetti ma non di avanzare proposte chiare, a partire dal nodo del rapporto con l’Europa. In terzo luogo il tema della ridefinizione del rapporto tra la società e la politica intrecciato con il tema della crisi della politica. In questo ambito affrontare il nodo specifico del rapporto tra il nostro partito e la società, della ridefinizione del ruolo di un partito comunista oggi. Basti pensare all’intuizione del partito sociale che è diventata solo molto parzialmente un terreno di azione concreta.
Ho citato questi punti politici da affrontare non perché li ritenga esaustivi ma perché ritengo necessario che dobbiamo partire dalla sconfitta elettorale per fare un salto di qualità nell’analisi, nella proposta politica e nella capacità di innovare, non chiuderci in noi stessi.
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