Il conflitto geopolitico
Pubblicato il 5 mag 2014
di Mario Agostinelli – sbilanciamoci.info
L’industria nucleare avanza e l’unica altra tecnologia su vasta scala è quella dello shale gas. Due soluzioni insostenibili
Geopolitica contro biosfera: questo il nodo del conflitto tra fossili e rinnovabili, con l’economia e la politica che provano a rimuovere dal dibattito l’esaurimento delle risorse e il mutamento climatico in corso. La sottovalutazione del debito verso la natura e un’ideologia che giustifica la disuguaglianza sociale con la contabilità del debito monetario corrente, reiterano un modello energetico centralizzato, fondato sulla combustione delle riserve fossili, sulla requisizione in bacini artificiali di enormi masse d’acqua, sulla fissione di materiale radioattivo in impianti a difficile controllo. Al contrario, il favore dei cittadini e dei popoli, la disponibilità di tecnologie che usano efficientemente fonti naturali, il diffondersi di una cultura scientifica che supera il meccanicismo e il riduzionismo, nonché l’insediamento di una consapevole organizzazione di democrazia territoriale, rendono possibile una rivoluzione energetica, che consiste, in particolare, nell’accesso decentrato e cooperativo alle fonti rinnovabili locali. Attorno a queste due opposte soluzioni si esercita il conflitto tra il governo del mercato dell’energia – inteso come prodotto di proprietà di una combinazione tra Stati, imprese multinazionali, strutture militari – e il diritto all’energia come bene comune.
Se prevalesse il modello decentrato e cooperativo, l’organizzazione della mobilità andrebbe riconsiderata, il ricorso a un sistema agricolo e di alimentazione slegato dai cicli naturali perderebbe ogni convenienza, lo stesso ciclo di vita di merci non riusabili o riciclabili andrebbe riprogettato. Perciò, a fronte di una svolta di enormi proporzioni, le potenze politiche ed economiche che si dividono il mondo stanno forzando nella direzione di una riduzione dei costi del gas (shale gas) e della ripresa del nucleare. Eppure, queste ultime sono entrambe soluzioni insostenibili dal punto di vista della salute, dell’ambiente, del controllo democratico.
Per cogliere la svolta che si vorrebbe imporre con l’estrazione e la vendita del gas di scisto, basta riflettere sul peso che nella vicenda ucraina assumono le grandi risorse estraibili in quella regione con la tecnica del fracking, con la conseguente concorrenza alle condotte che portano all’Europa gas convenzionale dalla Russia interna ed estrema.
Per quanto riguarda la progettazione nel mondo di una nuova, rilevante potenza dalla fonte nucleare – sfuggita a molti osservatori – basterebbe tener d’occhio il rapporto inverso tra disarmo atomico e proliferazione del nucleare civile. Una tentazione, quest’ultima, che torna a ispirare le politiche industriali delle potenze mondiali. Con 70 reattori in costruzione in tutto il mondo e altri 160 o più programmati a venire durante i prossimi 10 anni, l’industria nucleare globale sta avanzando con forza. In effetti, la maggior parte dell’aumento della capacità prevista (oltre l’80 per cento), sarà concentrata nei paesi che già utilizzano il nucleare e posseggono arsenali atomici. E la geopolitica degli eserciti è uno dei motori di questa ripresa.
La Cina si sta imbarcando su un enorme aumento della capacità nucleare a 58 GWe entro il 2020, mentre obiettivo dell’India è di aggiungere ai quelli già in funzione da 20 a 30 nuovi reattori entro il 2030. A livello commerciale, infine, tre grandi alleanze tra occidentali e giapponesi si stanno rafforzando: Areva, impresa francese, con Mitsubishi Heavy Industries, giapponese; General Electric degli Usa con Hitachi, giapponese; Westinghouse degli Usa ma controllata per il 77 per cento da parte di Toshiba, giapponese. Molti dei reattori della Cina utilizzano tecnologia proveniente dal Canada, da Russia, Francia e Stati Uniti, mentre la Cina assiste paesi come il Pakistan nello sviluppo dei loro programmi nucleari. La Russia è attiva nella costruzione e nel finanziamento di nuove centrali nucleari in diversi paesi. La Corea del Sud sta costruendo un progetto nucleare da 20 miliardi di dollari negli Emirati Arabi Uniti. Mentre il sentimento popolare si concentra sulle energie rinnovabili, nucleare e shale gas sono le uniche tecnologie prontamente disponibili su larga scala, compatibili con l’attuale sistema centralizzato imposto dalle corporation, finalizzati a creare dipendenze tecnologiche ed economiche in una gerarchia sempre più statica.
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