Effetti collaterali

Effetti collaterali

di Roberto Romano – il manifesto
Il governo Renzi odia la spesa pub­blica, ama lo stato minimo, il mer­cato, la fles­si­bi­lità e tutto l’armamentario della teo­ria eco­no­mica libe­ri­sta. Ogni misura o inter­vento passa dal taglio alla spesa pub­blica. Volete 80 euro al mese a par­tire da mag­gio, la famosa quat­tor­di­ce­sima? Allora taglio un valore cor­ri­spon­dente di ser­vizi pub­blici. La misura vale 6,6 mld di euro per il 2014, che a regime diven­tano di 32 mld di tagli. Quindi il governo pro­gramma un appro­fon­di­mento della spen­din review, cioè una ulte­riore stretta della spesa pub­blica. Tagli mirati e attenti ai biso­gni dei cit­ta­dini? La spesa sani­ta­ria si riduce? Gli inve­sti­menti dimi­nui­scono? I salari del pub­blico impiego non saranno ade­guati? Gli inca­pienti? Effetti col­la­te­rali. Aspet­tiamo con curio­sità il decreto del 18 aprile e que­sta volta Renzi non potrà elu­dere il tema come ha fatto durante la con­fe­renza stampa.

Nei pros­simi giorni valu­te­remo meglio il Def (docu­mento eco­no­mico e finan­zia­ria), ma il sospetto è quello di un taglio aggiun­tivo di spesa rispetto a quelli già programmati.

Se i cal­coli sono cor­retti, i tagli potreb­bero rag­giun­gere i 42 mld di euro. Sotto trac­cia c’è il fiscal com­pact e la ridu­zione di un ven­te­simo del debito pub­blico ecce­dente il 60% del rap­porto debito/Pil. La recente cre­scita del debito è una­tan­tum, legata al paga­mento dei debiti pre­gressi e al con­tri­buto ita­liano al fondo salva stati europeo.

Se il Pil cre­scesse del 2% risol­viamo il pro­blema (Padoan). Pec­cato che la cre­scita, per il 2014, sarà dello 0,8%. L’effetto macroe­co­no­mico delle misure, su cui il governo sta ancora ragio­nando come ha comu­ni­cato il pre­si­dente del Con­si­glio, è di qual­che deci­male, e non potrebbe essere diver­sa­mente. Se con­so­li­diamo l’avanzo pri­ma­rio, cioè una ridu­zione secca della domanda effet­tiva, la spesa pub­blica, una ridu­zione della domanda di ser­vizi pub­blici e di lavoro equi­va­lente, signi­fica ridurre la domanda aggre­gata di non meno di 40–50 mld di euro.

Il defi­cit è coe­rente con il pro­gramma di rien­tro deli­neato dal governo Letta. Per il 2014 il defi­cit sarà del 2,6% e del 2% nel 2015. Nel 2016 sarà rag­giunto il pareg­gio di bilan­cio strut­tu­rale, come impo­sto dall’infelice modi­fica della costi­tu­zione fatta dal Governo Monti.

Nel frat­tempo cre­sce la disoc­cu­pa­zione. Ci vuole tempo per vedere gli effetti delle misure del job act. Imma­gino di quanto possa cre­scere il lavoro a tempo deter­mi­nato. La cre­scita è stata del 164%, la più alta a livello euro­peo. In tutta one­stà non vedo molti altri spazi di crescita.

Un appunto. Non c’è trac­cia di poli­tica indu­striale. Il primo job act almeno faceva finta di trat­tarla. Ma la realtà ha supe­rato di molto la fantasia.


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