Arriva il Def delle forbici

Arriva il Def delle forbici

di Antonio Sciotto – il manifesto

In busta paga. Stasera la presentazione del piano economico del governo Renzi. Gli 80 euro arriveranno dalla «spending review». Confermate le privatizzazioni già annunciate da Letta: 10-12 miliardi l’anno

La corsa del Def è a pieno ritmo e dovrebbe arre­starsi – per met­tere un primo punto fermo – que­sta sera alle 18: il con­si­glio dei mini­stri varerà il docu­mento di eco­no­mia e finanza per il 2014, insieme al Pnr (pro­gramma nazio­nale di riforme), la misura che dispone lo stan­zia­mento per gli ormai famosi 80 euro in busta paga. L’esecutivo in serata ha fatto sapere che si deve «dif­fi­dare» delle anti­ci­pa­zioni, e che si dovrà aspet­tare, per cono­scere con cer­tezza il piano, la con­fe­renza stampa di Renzi, pre­vi­sta alle 19,30.

In ogni caso, ieri le agen­zie dif­fon­de­vano il testo della bozza: anche se c’è ovvia­mente tempo per cam­biarlo fino a que­sta sera. I soldi per gli 80 euro dovreb­bero venire dalla spen­ding review. Il taglio Irpef, dice il Pnr, sarà di «10 miliardi a regime». «I lavo­ra­tori dipen­denti sotto i 25 mila euro di red­dito lordi, circa 10 milioni di per­sone – con­ti­nua il testo – avranno un ammon­tare di circa 1.000 euro netti annui a per­sona, attra­verso coper­ture con la revi­sione della spesa».

«Circa 10 miliardi – si legge ancora nel testo fil­trato ieri – saranno desti­nati a incre­men­tare a par­tire dal 2015 l’aumento del red­dito dispo­ni­bile di lavo­ra­tori dipen­denti e assi­mi­lati (co​.co​.co.) in modo da bene­fi­ciare, in par­ti­co­lare, i per­cet­tori di red­diti medio-bassi. Già a par­tire da mag­gio 2014, in via tran­si­to­ria i dipen­denti che per­ce­pi­scono oggi 1500 euro men­sili netti da Irpef con­se­gui­ranno un gua­da­gno in busta paga di 80 euro mensili».

Ancora, nel docu­mento di riforme si annun­cia «un taglio Irap per le aziende di almeno il 10% attra­verso il con­tem­po­ra­neo aumento della tas­sa­zione sulle atti­vità finan­zia­rie». Ma su que­sto fronte saremmo solo agli inizi, visto che «è inten­zione del governo ridurre in maniera sostan­ziale la tas­sa­zione sul lavoro dal lato delle imprese non appena vi saranno le risorse necessarie».

Segue la spie­ga­zione del prov­ve­di­mento: «È neces­sa­rio – scrive il governo – dare ossi­geno alle imprese e alle fami­glie ridu­cendo il cuneo fiscale e aumen­tando il red­dito dispo­ni­bile soprat­tutto per le fami­glie mag­gior­mente segnate dalla crisi, con effetti posi­tivi sui con­sumi e sulla cre­scita». «La ridu­zione dell’Irpef si giu­sti­fica quindi – spiega il Pnr – non solo per la valu­ta­zione eco­no­mica e la soste­ni­bi­lità sociale del pro­cesso di risa­na­mento, ma anche per la ridu­zione delle ine­gua­glianze e della povertà della popo­la­zione lavorativa».

Il dop­pio fine che si dà l’esecutivo è quindi quello non solo di rilan­ciare l’economia e soste­nere i con­sumi in quello che si annun­cia comun­que come un anno ancora dif­fi­cile per la ripresa e l’occupazione, ma anche di dare un segnale sul fronte delle disuguaglianze.

Sul fronte del rap­porto con l’Europa, il governo con­ferma l’impegno di tenere il defi­cit sotto il 3%, pur chie­dendo mag­giore fles­si­bi­lità per muo­versi den­tro quelrange: L’Italia – si legge nel Pnr – intende per­se­guire le riforme strut­tu­rali, che ten­gano anche conto «delle rac­co­man­da­zioni della Com­mis­sione euro­pea» e che siano legate «a misure di tipo imme­diato neces­sa­rie per ridare fidu­cia al Paese, con­so­li­darne la cre­di­bi­lità e gua­da­gnare più spa­zio e fles­si­bi­lità sui conti pub­blici, pur all’interno del limite del 3% e man­te­nendo saldo l’impegno al pareg­gio di bilan­cio nel medio termine».

Una mag­giore fles­si­bi­lità pare di poter capire che si chie­derà anche sul fronte del debito e del fiscal com­pact, come si sa tema cal­dis­simo per la cam­pa­gna elet­to­rale euro­pea: «Sarà man­te­nuto il disa­vanzo sotto il 3%. Si valu­terà con la Com­mis­sione Ue la migliore stra­te­gia com­pa­ti­bile con le riforme per garan­tire la regola del debito e del pareg­gio strut­tu­rale di bilan­cio». E, su que­sto fronte, la faranno da padrona le privatizzazioni.

Si annun­cia un piano di dismis­sioni di beni e azioni pub­bli­che di «12 miliardi per il 2014 e di 10–12 miliardi per cia­scuno degli anni 2015–2016-2017, pari a circa lo 0,7% del Pil». Si con­fer­mano i nomi del piano che già fu di Letta: ver­ranno ven­dute par­te­ci­pa­zioni di «Eni, STMi­croe­lec­to­nics, Enav, Sace, Fin­can­tieri, CDP Reti, Tag (Trans Austria Gastlei­tung GmbH), Grandi Sta­zioni — Cento Stazioni».

Sugli sti­pendi di mana­ger e dipen­denti pub­blici lo stesso pre­mier Renzi ieri ha detto ai gior­na­li­sti: «Aspet­tate di sapere e sarete con­tenti». L’idea sarebbe quella di limare ulte­rior­mente la soglia mas­sima annuale, abbas­san­dola dagli oltre 300 mila euro del pre­si­dente della Corte di Cas­sa­zione ai 270 mila euro del pre­si­dente della Repubblica.


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