Renzi, lo scolaro dell’austerità

Renzi, lo scolaro dell’austerità

di Marco Bascetta – il manifesto
Quando si pre­tende di non essersi sot­to­po­sti ad alcun «esame» è ben strano, poi, van­tarsi di essere stati pro­mossi. Eppure non si parla d’altro che di via libera e sema­fori verdi, di inco­rag­gia­menti e aper­ture di cre­dito (politico,beninteso), di fidu­cia e di apprez­za­menti. Pochi eventi si pre­stano al dila­gare della reto­rica più vacua quanto gli incon­tri tra capi di stato. Una cor­tina fumo­gena die­tro la quale può celarsi di tutto, com­preso, assai fre­quen­te­mente, il nulla. Che però deve essere abil­mente con­fe­zio­nato per poi ser­virlo come si deve alle rispet­tive opi­nioni pub­bli­che. E chi sosterrà mai che all’austerità non debba essere affian­cata la cre­scita? Niente meno che un «asse italo-francese» si sarebbe coa­gu­lato intorno a que­sta solenne bana­lità. Che le regole «decise da tutti» deb­bano essere rispet­tate da tutti sarebbe poi il fon­da­men­tale, «impres­sio­nante» punto di incon­tro tra Roma e Ber­lino. E così, la sim­pa­tica bene­vo­lenza della «donna più potente del mondo», si tra­sforma in una meda­glia da appun­tare sul petto del «più gio­vane pre­mier che l’Italia abbia mai avuto». Fatto sta che Angela Mer­kel non è affatto la «zarina d’Europa», ma sem­pli­ce­mente la por­ta­voce di una costel­la­zione di inte­ressi nazio­nali e sovra­na­zio­nali oggi vin­centi. E Mat­teo Renzi, un poli­tico che, sia pure in posi­zione meno com­pe­ti­tiva, si ada­gia pie­na­mente in que­sta costel­la­zione. Si ha un bel decla­mare reto­ri­ca­mente che i vin­coli impo­sti dalla ren­dita finan­zia­ria sono det­tati in realtà da una nobile (e patriot­tica) «respon­sa­bi­lità verso i nostri figli», ma l’ultimo rap­porto Ocse sta lì a ricor­darci che indi­genza e distru­zione di risorse atta­na­gliano il pre­sente senza pre­di­sporre alcun futuro, emar­gi­nano i figli senza garan­tire i nipoti. Che all’interno dell’Unione euro­pea e della moneta unica debba con­ser­varsi, mal­grado le nume­rose vit­time che dis­se­mina sulla sua strada, un regime di aspra con­cor­renza tra gli stati mem­bri è la pre­messa che nes­suno deve per­met­tersi di met­tere in discus­sione. E infatti nes­suno lo fa.

L’Unione euro­pea e la moneta unica vanno sal­va­guar­date, ma a patto di man­te­nere intatti i rap­porti di forza e le posi­zioni di pri­vi­le­gio che oggi det­tano le poli­ti­che con­ti­nen­tali. Non­di­meno diversi ele­menti sug­ge­ri­scono di addol­cire i tratti più ruvidi dell’ideologia disci­pli­nare euro­pea. In primo luogo le molte nuove sul fronte orien­tale, lad­dove gli inte­ressi di Ber­lino (e in subor­dine quelli del resto d’Europa) non sem­brano affatto coin­ci­dere con quelli ame­ri­cani e abbi­so­gnano quindi di una più coesa poli­tica comune. In secondo luogo la pre­ve­di­bile avan­zata delle forze euro­scet­ti­che e anti­eu­ro­pee, tanto nei ric­chi paesi del nord quanto in quelli stan­go­lati dalla crisi dell’area medi­ter­ra­nea, alle pros­sime ele­zioni per il par­la­mento di Stra­sburgo. Seb­bene, conti e pro­ie­zioni alla mano, le forze nazio­na­li­ste , spesso divise e incom­pa­ti­bili tra loro, non saranno in grado di osta­co­lare seria­mente la mag­gio­ranza libe­ri­sta filoeu­ro­pea, il loro suc­cesso potrà essere ampia­mente speso sui diversi sce­nari nazio­nali. Ed è un insuc­cesso elet­to­rale a casa pro­pria ciò che Renzi, come del resto molti altri, teme più di ogni altra cosa. L’Europa deve dun­que essere dipinta come un qua­dro favo­re­vole alla pro­pria poli­tica dome­stica e non come una dimen­sione che dovrebbe tra­scen­derla, come un ter­reno pro­prio di azione poli­tica. Così il discorso si riduce mise­re­vol­mente a quel che Ber­lino con­sen­ti­rebbe di fare all’Italia e quel che no, con buona pace di qua­lun­que idea dell’Europa a venire. L’immagine da tra­smet­tere è que­sta anche se poi si è solo chiac­chie­rato di calcio.


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