«Renzusconum», l’idolatria della governabilità

«Renzusconum», l’idolatria della governabilità

di Gianni Ferrara

Legge elettorale. Con il progetto di Renzi e Berlusconi la sovranità sarà capovolta, diverrà sudditanza a un capo assoluto. E la tragedia della democrazia si rappresenterà con la farsa dell’elezione

In un Paese civile, un evento senza pre­ce­denti nella sto­ria degli stati, come la decla­ra­to­ria di inco­sti­tu­zio­na­lità del sistema di ele­zione del Par­la­mento – cioè della legge che san­ci­sce la forma di stato e ine­ri­sce alla forma di governo — avrebbe deter­mi­nato, imme­dia­ta­mente e senza alcuna esi­ta­zione, lo scio­gli­mento imme­diato delle assem­blee elette con quel sistema. Con l’assoluta sicu­rezza della legit­ti­mità del sistema elet­to­rale col quale sareb­bero state elette le nuove Camere, stante la for­tuna di disporre di un mec­ca­ni­smo elet­to­rale di risulta costi­tu­zio­nal­mente cor­retto e imme­dia­ta­mente uti­liz­za­bile, depu­rato com’è delle dispo­si­zioni illegittime.

Siamo, invece, in Ita­lia. Ci tocca quindi con­sta­tare che le due Camere del Par­la­mento restano, spa­val­da­mente, in carica. Per giunta si appre­stano a rifor­mare addi­rit­tura la Costi­tu­zione e intanto a prov­ve­dersi di un altro sistema elet­to­rale. A pro­porlo sono stati due per­so­naggi ambe­due sprov­vi­sti di potere pro­po­si­tivo legale. Uno per­ché con­dan­nato per truffa a danno dello stato e inter­detto dai pub­blici uffici, l’altro per­ché era tito­lare di una carica che lo ren­deva incom­pa­ti­bile col man­dato par­la­men­tare. Ambe­due in preda all’ossessione di acqui­sire, eser­ci­tare e incre­men­tare potere per­so­nale, anche cal­pe­stando norme e prin­cipi. Ma non basta. Ad inte­grare la deva­sta­zione giu­ri­dica, poli­tica e morale che sta attra­ver­sando la nostra Repub­blica, si aggiunge il tipo di sistema elet­to­rale che pro­pu­gnano i due usur­pa­tori dei diritti dei com­po­nenti delle due Camere. Sistema che ripro­duce sfac­cia­ta­mente le inco­sti­tu­zio­na­lità già accer­tate dalla Corte, le rive­ste e le imbel­letta con sgua­iata volgarità.

Chi scrive, tut­ta­via, resta imper­ter­rito difen­sore del par­la­men­ta­ri­smo. Al punto da sognare un’estrema impro­ba­bi­lità. Pur se nomi­nati e non eletti, è dal voto alle liste che con­te­ne­vano i loro nome che i depu­tati e i sena­tori in carica deri­vano i poteri che spet­tano ai mem­bri del Par­la­mento. È dal voto delle elet­trici e degli elet­tori, pur se con sistema truf­fal­dino, è dal corpo elet­to­rale, pur se com­presso e rese­cato, è in nome di quel poco che forse resta ancora della sovra­nità popo­lare che i depu­tati e i sena­tori seg­gono sugli scanni delle Aule delle due Camere. Potreb­bero per­ciò riscat­tarsi dall’essere stati nomi­nati e non eletti, potreb­bero, per una volta, libe­rarsi dal dovere di ubbi­dire a chi li ha inclusi nelle liste e sen­tirsi obbli­gati invece a rap­pre­sen­tare «la Nazione senza vin­colo di man­dato» rifiu­tando di appro­vare una legge elet­to­rale pro­get­tata da chi ha usur­pato il loro potere fon­da­men­tale di pro­po­sta oltre che di appro­va­zione delle leggi.

Una legge elet­to­rale che si basa su due nega­zioni, due vio­la­zioni dei prin­cipi ele­men­tari dello stato rap­pre­sen­ta­tivo e della demo­cra­zia. Uno è il prin­ci­pio della libertà di voto, quindi di sce­gliersi chi votare come pro­prio rap­pre­sen­tante. È men­zo­gna vol­gare asse­rire che si è liberi di sce­gliere in caso di lista bloc­cata. Lo si sarebbe sol­tanto… votando per una lista avver­sa­ria a quella pre­fe­rita con il can­di­dato pre­fe­rito col­lo­cato però in una posi­zione di asso­luta impro­ba­bi­lità di elezione.

L’altra nega­zione è quella occul­tata dalla ido­la­tria della gover­na­bi­lità, della sta­bi­lità, della per­so­na­liz­za­zione del potere, tutto a un uomo solo, e di altre misti­fi­ca­zioni della poli­to­lo­gia domi­nante e distrut­tiva del prin­ci­pio di egua­glianza. Si deno­mina «pre­mio di mag­gio­ranza». Ne va sma­sche­rata la verità con forza e con­ti­nuità per com­bat­tere il capo­vol­gi­mento indotto nel senso comune di una verità ele­men­tare. È falso nel nome, nella sostanza e nell’effetto. Non pre­mia affatto una mag­gio­ranza, vani­fica quella vera. Il prin­ci­pio di mag­gio­ranza, come tutti sanno, pre­sup­pone il rag­giun­gi­mento della metà più uno dei voti espressi. Il «pre­mio di mag­gio­ranza» non lo si con­fe­ri­sce a chi que­sti voti li ha acqui­siti (che oltre­tutto non avrebbe biso­gno) ma a chi non li ha acqui­siti. Lo si con­fe­ri­sce , quindi, a una mino­ranza, quella che ottiene un solo voto in più di cia­scuna altra mino­ranza. Il «pre­mio» si tra­duce quindi in un pri­vi­le­gio per una delle mino­ranze rispetto a tutte le altre. Pri­vi­le­gio che com­porta com­pres­sione di voti e sot­tra­zione di seggi a quella che risul­terà essere la mag­gio­ranza reale, vera, per­ché com­po­sta dalla somma delle liste votate, esclusa la mino­ranza pri­vi­le­giata. Col ren­zu­sco­num una lista che ottiene il 37% dei voti, rag­giunto magari con altre liste della coa­li­zione che non hanno rag­giunto la soglia del 5% dei voti, un<CW-26>a lista quindi che potrebbe aver con­se­guito solo il 30% dei voti o anche meno, otter­rebbe il 53% dei seggi sot­traen­doli alla rap­pre­sen­tanza dei due terzi degli elet­tori. Non è l’unica vio­la­zione di ogni logica ele­men­tare del ren­zu­sco­num. Ce ne sono altre come le «soglie» di entità esor­bi­tante che per­ciò vani­fi­cano i voti di milioni di elet­tori che non si rico­no­scono in nes­suna delle due aggre­ga­zioni sup­po­ste come mag­giori. Soglie che ope­rano selet­ti­va­mente al primo scru­ti­nio, ma scom­pa­iono nel bal­lot­tag­gio per riser­varlo all’esclusivo domi­nio di tali aggregazioni.

Si sostiene che que­ste illo­gi­cità pla­teali, que­ste stor­ture aber­ranti, si ren­dono neces­sa­rie per assi­cu­rare la gover­na­bi­lità anche se sacri­fi­cano l’eguaglianza. Un prin­ci­pio fon­dante (il mas­simo secondo Costi­tu­zione) dovrebbe rece­dere a fronte di un obiet­tivo che, al di là del costo altis­simo in ter­mini della stessa tol­le­ra­bi­lità demo­cra­tica, è tutt’altro che certo e comun­que non sicu­ra­mente vir­tuoso. Lo dimo­stra l’esperienza disa­strosa del governo Ber­lu­sconi, che dal 2008 al 2011 dispo­neva di una mag­gio­ranza enorme e ha por­tato l’Italia sull’orlo del default. Si sostiene anche che la sera dell’elezione gli elet­tori e le elet­trici devono «sapere chi li governa». Mai idio­zia così truf­fal­dina fu con­ge­gnata. Averla prima inven­tata e poi dif­fusa ha deter­mi­nato il rove­scia­mento tra­gico del senso dell’elezione tra­smu­tan­dola in scelta di colui dal quale si sarà gover­nati, come dire, se … da Fran­cia o da Spa­gna si otterrà il «magnare». L’elezione non sarà più diretta alla scelta del rap­pre­sen­tante delle domande, dei biso­gni, dei pro­getti di chi com­pone il corpo elet­to­rale cui spet­te­rebbe la sovra­nità. La sovra­nità sarà capo­volta, diverrà sud­di­tanza a un capo asso­luto. La tra­ge­dia della demo­cra­zia si rap­pre­sen­terà con la farsa dell’elezione.

Prima di appro­vare que­sta legge ci pen­sino i par­la­men­tari della Repub­blica. Chissà. Potreb­bero cogliere l’occasione per rive­larsi tali.


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