Alleva: Attenti all’accordo

Alleva: Attenti all’accordo

di Piergiovanni Alleva - dirit​ti​so​cia​lie​cit​ta​di​nanza​.org

L’accordo inter­con­fe­de­rale 10 gen­naio 2014, in tema di rap­pre­sen­tanza sin­da­cale e sistema di con­trat­ta­zione col­let­tiva, suscita non poche per­ples­sità per alcuni suoi con­te­nuti peri­co­losi per la libertà sindacale.

Il giu­di­zio cri­tico nulla toglie al fatto posi­tivo che l’ accordo volta pagina rispetto al sistema anti­de­mo­cra­tico pre­ce­dente, dove un sin­da­cato mino­ri­ta­rio poteva con­clu­dere con que­sta un con­tratto gra­dito alla con­tro­parte dato­riale , che sarebbe dive­nuto di fatto l’unico appli­cato, anche se i lavo­ra­tori fos­sero stati con­trari e avrebbe scac­ciato dall’azienda gli altri sin­da­cati dis­sen­zienti, anche se più rap­pre­sen­ta­tivi tra i lavoratori.

Tale depre­ca­bile “dit­ta­tura della mino­ranza” è stata supe­rata. Ven­gono rico­no­sciuti due impor­tanti prin­cipi : ogni sin­da­cato che possa van­tare il 5% di rap­pre­sen­tanza ha diritto di par­te­ci­pare alle trat­ta­tive nego­ziali; i con­tratti col­let­tivi, sia nazio­nali che azien­dali, sono validi solo se di mag­gio­ranza, ossia se con­clusi da sin­da­cati che, anche per som­ma­to­ria, rap­pre­sen­tino più della metà dei lavo­ra­tori, ovvero, a livello azien­dale, ove esi­sta una rsu, dalla mag­gio­ranza dei mem­bri della stessa.

Si pro­spetta però il peri­colo che si cada all’opposto nella “dit­ta­tura della mag­gio­ranza”, la quale fini­sca con emar­gi­nare ed imba­va­gliare i sin­da­cati che, per ragioni di merito, sono rima­sti mino­ranze e non hanno voluto fir­mare gli accordi.

1. L’accordo‚ pur non impe­gnando giu­ri­di­ca­mente nei suoi con­te­nuti i sin­da­cati auto­nomi non fir­ma­tari, può risul­tare una “con­ven­tio ad esclu­den­dum” con­tro di loro.

Le imprese ade­renti a Con­fin­du­stria hanno con­tratto l’ impe­gno di trat­tare sulla base di una piat­ta­forma mag­gio­ri­ta­ria di sin­da­cati che abbiano almeno il 51% di rap­pre­sen­tanza e non potreb­bero con­clu­dere un accordo con i sin­da­cati auto­nomi pre­sen­ta­tori di una piat­ta­forma riven­di­ca­tiva di mino­ranza o privi del requi­sito minimo di rap­pre­sen­tanza. Ne discende che quell’accordo com­porta impli­ci­ta­mente un patto di esclu­sione pre­ven­tiva nei con­fronti di altri sin­da­cati. La Corte costi­tu­zio­nale, con la sen­tenza n. 231/2013 ha già messo in guar­dia con­tro la ille­git­ti­mità dei patti impli­citi o espli­citi di esclu­sione degli altri sindacati.

2. In secondo luogo, nell’accordo sono state inse­rite nuove pre­vi­sioni dirette con­tro le mino­ranze sin­da­cali interne e cioè anche rap­pre­sen­tate da sin­da­cati ade­renti alle Con­fe­de­ra­zioni firmatarie.

Infatti il nego­ziato per il con­tratto nazio­nale si svolge sulla piat­ta­forma pre­sen­tata dai sin­da­cati che,nel loro insieme, abbiano il 51% di rappresentatività.

Sem­bre­rebbe una inno­cua regola pro­ce­du­rale, visto che comun­que per par­te­ci­pare alle trat­ta­tive basta il 5%, e che comun­que l’ipotesi di accordo deve essere appro­vata dai lavo­ra­tori. Si tratta invece di una norma grave che costi­tui­sce una sorta di aggi­ra­mento della sen­tenza della Corte costi­tu­zio­nale. Que­sta ha sta­bi­lito che pos­sono costi­tuire rap­pre­sen­tanze sin­da­cali azien­dali anche i sin­da­cati che, pur non avendo sot­to­scritto l’intesa finale,abbiano però par­te­ci­pato al nego­ziato. Men­tre nel testo dell’accordo si intende che abbia par­te­ci­pato al nego­ziato solo il sin­da­cato che abbia con­tri­buito a for­mu­lare la piat­ta­forma riven­di­ca­tiva maggioritaria.

Con­si­de­riamo il set­tore metal­mec­ca­nico, del com­mer­cio e di tutti gli altri che hanno cono­sciuto l’esperienza degli “accordi sepa­rati”, che ven­gono di fatto ora premiati.

Ad es. la Fiom è il sin­da­cato di mag­gio­ranza rela­tiva, ma è pos­si­bile che tutti gli altri sin­da­cati si alleino tra loro e pre­sen­tino una piat­ta­forma diversa che arrivi al 51% di rap­pre­sen­tanza. La Fiom ha diritto di par­te­ci­pare al nego­ziato per­ché ha più del 5% di rap­pre­sen­tanza; ma poi­ché la piat­ta­forma su cui si tratta è per lei inac­cet­ta­bile, non sot­to­scrive l’intesa finale; e allora, non avendo con­tri­buito alla piat­ta­forma su cui si è nego­ziato l’accordo, si inten­de­rebbe “non par­te­ci­pante al nego­ziato” e per­de­rebbe anche il diritto di costi­tuire o man­te­nere le rsa.

Pur­troppo anche la Cgil sem­bra non essersi accorta dell’insidia, pro­ba­bil­mente a causa della segre­tezza e della man­canza di con­di­vi­sione che hanno avvolto i lavori di pre­pa­ra­zione dell’accordo.

3. Con riguardo alla con­trat­ta­zione azien­dale, biso­gna rile­vare cri­ti­ca­mente una sorta di “par­la­men­ta­riz­za­zione costrit­tiva” dell’attività di rap­pre­sen­tanza sin­da­cale, nel senso anzi­tutto che la legit­ti­ma­zione all’attività nego­ziale azien­dale appar­tiene alla rap­pre­sen­tanza sin­da­cale uni­ta­ria e i con­tratti ven­gono appro­vati a mag­gio­ranza dei suoi mem­bri; e fin qui lo schema è accettabile.

Non è accet­ta­bile la suc­ces­siva pre­vi­sione, secondo cui le clau­sole dell’accordo azien­dale, anche se peg­gio­ra­tive, deb­bano valere per tutti i lavo­ra­tori, senza che abbiano la pos­si­bi­lità di pro­nun­ciarsi su di esso con un refe­ren­dum, ed inol­tre sotto pena di san­zioni risar­ci­to­rie pecu­nia­rie alle orga­niz­za­zioni sin­da­cali che hanno par­te­ci­pato alle ele­zioni delle rsu, ove assu­mano qua­lun­que ini­zia­tiva di dis­senso – essen­zial­mente lo scio­pero – con­tro il con­tratto così concluso.

L’oppressione della mino­ranza è allora evi­dente. Un sin­da­cato anche lar­ga­mente mag­gio­ri­ta­rio tra i lavo­ra­tori, ma non mag­gio­ri­ta­rio in asso­luto : o resta al di fuori dalle ele­zioni delle rsu e dallo stesso con­tratto , e così si con­danna all’impotenza ;oppure , se par­te­cipa alle ele­zioni e poi intende mobi­li­tare i lavo­ra­tori con­tro il con­tratto azien­dale che i suoi eletti nelle rsu, restando in mino­ranza, hanno rifiu­tato, si espone ad azioni repres­sive e risar­ci­to­rie della con­tro­parte datorial

Biso­gna mutare il ful­cro del sistema, indi­vi­duando la fonte legit­ti­mante della disci­plina nego­ziale ad effi­ca­cia gene­rale nella volontà dei lavo­ra­tori da loro diret­ta­mente espressa, mediante referendum,sull’ipotesi di accordo siglato dalla mag­gio­ranza dei mem­bri delle rsu.

4. In quarto luogo, l’accordo inter­con­fe­de­rale acco­glie lar­ga­mente e acri­ti­ca­mente l’impostazione dato­riale rela­tiva al diritto di scio­pero fino alla sua vir­tuale eliminazione.

La clau­sola di “esi­gi­bi­lità” del con­tratto col­let­tivo è un non senso giu­ri­dico ed una banale tau­to­lo­gia, per­ché nel diritto civile un accordo è di per sé esi­gi­bile nei con­fronti della con­tro­parte che lo ha sottoscritto.

Il fatto è però che nella nostra Costi­tu­zione è pre­vi­sto il diritto di scio­pero, che è pro­prio un “diritto di lotta”, ossia il diritto dei lavo­ra­tori asso­ciati di con­trad­dire i con­tratti anche vigenti, chie­den­done un muta­mento favo­re­vole o rifiu­tan­dosi di lavo­rare alle con­di­zioni esi­stenti, rite­nen­dole ingiuste.

Quanto alla distin­zione tra respon­sa­bi­lità dei sin­da­cati, ai quali dovreb­bero essere chie­sti risar­ci­menti dei danni ove orga­niz­zino scio­peri di pro­te­sta, e l’ immu­nità dalla san­zione per i lavo­ra­tori che vi abbiano par­te­ci­pato, si tratta di una con­creta ipo­cri­sia, per­ché il rap­porto tra sin­golo e orga­niz­za­zione è comun­que fisio­lo­gico, giac­ché una pro­te­sta spon­ta­nea non coor­di­nata dal sin­da­cato, avrebbe vita breve e minima incidenza.

A que­sto punto, ci sem­bra neces­sa­ria quella discus­sione vera tra lavo­ra­tori e qua­dri sin­da­cali che finora è man­cata. Que­sto con­tri­buto è fina­liz­zato ad aiu­tare la discussione.


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