Il suicidio dopo il «confino»

Il suicidio dopo il «confino»

di Adriana Pollice – il manifesto

Fiat. Giuseppe De Crescenzo, operaio a Pomigliano, in cassaintegrazione dal 2008, si è impiccato nella sua casa

Lo hanno tro­vato ieri impic­cato nella sua abi­ta­zione di Afra­gola. Giu­seppe De Cre­scenzo, 43 anni, sepa­rato, due figli, si è sui­ci­dato senza lasciare un’ultima let­tera con cui spie­gare i motivi del gesto estremo. A Pomi­gliano d’Arco lo cono­sce­vano tutti, era un atti­vi­sta sin­da­cale del Sl Cobas. Solo qual­che giorno fa aveva par­te­ci­pato a un’assemblea. I com­pa­gni lo ricor­dano in una delle tante foto ai pic­chetti fuori la fab­brica Fiat con il car­tello «Ope­raio depor­tato al reparto con­fino di Nola gra­zie a un accordo sindacale».

Pino, come lo chia­ma­vano tutti, era in cassa inte­gra­zione a zero ore dal 2008, da quando lo tra­sfe­ri­rono dall’allora fab­brica Alfa Romeo al reparto Wcl (mai entrato in fun­zione) all’interno dell’interporto di Nola. Si tratta di quello che tutti cono­scono come il reparto con­fino: il Lin­gotto ci spedì 316 dipen­denti, quelli con ridotte capa­cità lavo­ra­tive o i più con­flit­tuali, sulla carta per creare il polo della logi­stica, sul modello Toyota, per tutti gli sta­bi­li­menti del cen­tro­sud (Cas­sino, Melfi, Val di San­dro, Pomi­gliano…). Nei fatti nes­sun lavo­ra­tore della logi­stica è stato tra­sfe­rito a Nola e ogni fab­brica ha tenuto la pro­pria divi­sione. E’ evi­dente che per i lavo­ra­tori del Wcl non c’è nes­sun piano Fiat sul tavolo, solo un tirare a cam­pare in attesa della dismis­sione, con la cig rin­no­vata di anno in anno. Ogni volta che si avvi­cina la sca­denza scatta la paura di finire in mobi­lità e poi dritti per strada. La cig in corso ter­mina a luglio, una man­ciata di mesi, per gente con un’età tra i 35 e i 60, che soprav­vive da sei anni con 800 euro al mese e la quasi cer­tezza di non tro­vare più un lavoro stabile.

«Siamo allo stremo — rac­conta Mimmo Mignano, col­lega di Pino De Cre­scenzo e atti­vi­sta del comi­tato Cas­sain­te­grati e licen­ziati Fiat -, dieci giorni fa abbiamo occu­pato la sede della Uilm di Pomi­gliano, siamo saliti su un tra­lic­cio a 30 metri, poco distante dalla fab­brica, fac­ciamo pic­chetti ai can­celli ma nes­suno ci ascolta. Qui non è più que­stione di rin­no­vare la cig, il tema è che siamo pra­ti­ca­mente per strada e non ce la fac­ciamo più. Paghiamo affitti da 450 euro al mese per case fati­scenti, siamo alla mise­ria». Sgo­menta la Fiom: «E’ insop­por­ta­bile che una per­sona decida di farla finita per la dispe­ra­zione di vivere un forte disa­gio sociale, aggra­vato da una lunga con­di­zione di cas­sain­te­grato — com­menta Fran­ce­sco Per­cuoco, respon­sa­bile pro­vin­ciale del set­tore auto per la Fiom di Napoli -. Que­sta tra­gica morte non può pas­sare inos­ser­vata, come avve­nuto per altri ten­ta­tivi di sui­ci­dio tra i lavo­ra­tori, che solo per pura fata­lità non hanno avuto lo stesso dram­ma­tico epi­logo». Il clima a Pomi­gliano è teso. Il car­tello all’ingresso con­ti­nua a reci­tare zero infor­tuni ma l’estate scorsa è morto un ope­raio nello sta­bi­li­mento. Quin­dici giorni fa un addetto agli impianti si è fatto male e venerdì un ope­raio dello stam­pag­gio si è squar­ciato la mano, stando alle voci che arri­vano dal Giam­bat­ti­sta Vico.

Eppure nella fab­brica Fiat di Pomi­gliano nei piani alti tira aria di festa. Si sta pre­pa­rando una grande ker­messe per domani, c’è chi dice che arri­verà per­sino Ser­gio Mar­chionne. Motivo, un incon­tro dei ver­tici azien­dali o la riu­nione dei con­ces­sio­nari d’Italia (que­ste le indi­scre­zioni che girano), si dice pure che ani­merà la gior­nata Gigi D’Alessio. Intanto arri­vano pol­trone e maxi­schermi per alle­stire il set. Per­ché secondo il Lin­gotto lo sta­bi­li­mento Vico è l’esempio riu­scito della cura Mar­chionne: i sin­da­cati con­flit­tuali cac­ciati dalla fab­brica, il con­tratto rivi­sto al ribasso, gli ope­rai ter­ro­riz­zati sulle linee costretti a subire lavate di capo davanti al reparto. La chia­mano effi­cienza e bassa con­flit­tua­lità, hanno per­sino fatto venire i giap­po­nesi a con­fe­rire la meda­glia d’oro per il World class manu­fac­to­ring, il pro­cesso indu­striale e orga­niz­za­tivo seguito per pro­durre la Panda. Che metà della forza lavoro non sia mai rien­trata in fab­brica non è rile­vante. «Attual­mente — con­clude Per­cuoco — è tor­nato al Vico una sola Rsa della Fiom nel reparto di logi­stica e non può rag­giun­gere i col­le­ghi sulle linee. Pra­ti­ca­mente è mar­cato a vista dalla vigi­lanza. Tutti gli altri, me com­preso, siamo in cassa inte­gra­zione nono­stante le sen­tenze di reintegro».


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