Una lista europea contro il fiscal compact

Una lista europea contro il fiscal compact

di Alfonso Gianni – il manifesto

L’appello per Tsipras alla Commissione europea ora ha bisogno della raccolta di firme per la presentazione della candidatura. Poi tra Pse e Gue sarà dialogo

Il tempo stringe eccome. Entro la prima decade di aprile vanno pre­sen­tati i sim­boli per le pros­sime euro­pee, e le liste dei can­di­dati con le firme sot­to­scritte una set­ti­mana dopo. Ma non è un’impresa impos­si­bile, se si vuole dare vita a una lista di cit­ta­di­nanza, ovvero «pro­mossa da movi­menti e per­so­na­lità della società civile, auto­noma dagli appa­rati poli­tici» (peral­tro assai fra­gili, visto che par­liamo di quelli della sini­stra radi­cale) come dice l’appello fir­mato, tra gli altri, da Bar­bara Spi­nelli. Le spe­ranze che le regole su quo­rum e firme cam­bino, gra­zie al ricorso pre­sen­tato dagli stessi avvo­cati che hanno sep­pel­lito il vec­chio Por­cel­lum, sono esi­gue, visti gli intenti della ine­dita quanto antica cop­pia Renzi-Berlusconi, espli­ci­tati nella mostruosa riforma elet­to­rale nazionale.

Ciò che può sem­brare un osta­colo, la rac­colta di firme auten­ti­cate, può invece essere l’occasione affin­ché que­sta lista prenda effet­ti­va­mente corpo gra­zie alla pas­sione e all’attivismo di chi inter­preta uno spi­rito demo­cra­tico e di sini­stra lar­ga­mente dif­fuso nel nostro paese, ma male o per nulla rap­pre­sen­tato, e che comun­que tra­va­lica lar­ga­mente i con­fini della sini­stra alternativa.

Non si tratta di con­trap­porre una ine­si­stente purezza della società civile (ter­mine sul cui reale signi­fi­cato il dibat­tito è aperto almeno dai tempi di Gram­sci) al tor­bido cielo della poli­tica, ma di pren­dere atto (e l’indagine di Demos di pochi giorni fa aiuta) che la crisi di cre­di­bi­lità della poli­tica e delle attuali rap­pre­sen­tanze è gene­rale e non rispar­mia nes­suno, nem­meno le buone inten­zioni. Del resto due fal­li­menti elet­to­rali (liste Arco­ba­leno e Ingroia) messi a con­fronto con il suc­cesso — senza pre­ce­denti per ampiezza — nei refe­ren­dum sull’acqua e sul nucleare, devono pure inse­gnare qualcosa.

Per costruire un nuovo spa­zio poli­tico euro­peo non basta la sini­stra radi­cale, che peral­tro, par­ti­co­lar­mente da noi, sconta un ritardo cul­tu­rale evi­dente su que­sto tema. C’è biso­gno di un vasto schie­ra­mento senza pre­giu­di­ziali ideo­lo­gi­che, ma costruito su un pre­ciso pro­filo pro­gram­ma­tico in favore di un’Europa fon­data sul rifiuto delle poli­ti­che eco­no­mi­che che fin qui hanno aggra­vato la sua crisi e quindi sulla revi­sione radi­cale dei trat­tati e della governance, a comin­ciare dalla can­cel­la­zione del fiscal com­pact e ciò che da esso deriva, come la costi­tu­zio­na­liz­za­zione del pareg­gio di bilan­cio nel caso ita­liano. Il richiamo a Tsi­pras ha que­sto valore e significato.

Cer­ta­mente un appello è un appello, non può essere un pro­gramma arti­co­lato, ma può con­te­nere le discri­mi­nanti fon­da­men­tali su cui costruirlo. In que­sto caso ci sono e ben evi­denti sia sul piano delle poli­ti­che eco­no­mi­che che delle scelte di schie­ra­mento poli­tico, evi­den­ziate dal rifiuto delle poli­ti­che delle lar­ghe intese.

Que­sto è indub­bia­mente un punto cru­ciale e con­tiene un giu­di­zio nega­tivo sugli orien­ta­menti attuali delle prin­ci­pali social­de­mo­cra­zie euro­pee. Solo qual­che anno fa, prima della vit­to­ria di Hol­lande in Fran­cia e del rin­no­va­mento della lea­der­ship nella Spd, si poteva nutrire qual­che spe­ran­zosa attesa. Il qua­dro attuale è impie­toso. In Fran­cia Hol­lande ha ope­rato, dopo avere tran­gu­giato il fiscal com­pact fin dall’inizio, una vigo­rosa virata verso il cen­tro, aprendo alle age­vo­la­zioni fiscali alle imprese, pun­tando su un alleg­ge­ri­mento dei loro oneri e sulla ridu­zione delle spese pub­bli­che, in modo non dis­si­mile da quanto avviene in Spa­gna o nel nostro paese. In Ger­ma­nia la Spd di Gabriel ha sì con­trat­tato con la Mer­kel qual­cosa sul piano interno, ma al prezzo di lasciare mano libera alla can­cel­liera per la poli­tica euro­pea, che pre­ci­sa­mente rischia di fare implo­dere l’intera Unione. Ciò che visto da Kiev è un mirag­gio, per Atene e non solo resta così un incubo. Uno spa­zio inter­me­dio tra Schultz e Tsi­pras non esi­ste: è un’illusione, se non un esca­motage. La pos­si­bi­lità di un dia­logo suc­ces­sivo è invece ovvia­mente aperta e sarà tanto più frut­ti­fero quanti più con­sensi riscuo­te­ranno le liste Tsi­pras nei vari paesi.

Non si rico­strui­sce la sini­stra a colpi di liste e di sca­denze elet­to­rali. Una lista non è il nucleo di un nuovo par­tito, ma nep­pure un tram. Hanno fatto bene gli esten­sori dell’appello a pre­ci­sare che, pur non essendo la lista che pro­muo­vono una filia­zione del Par­tito della sini­stra euro­pea, gli eletti sie­de­ranno nel Gue, lo stesso gruppo par­la­men­tare di Tsi­pras, dando così una con­ti­nuità coe­rente alla loro azione. Lo stesso valore discri­mi­nate del rifiuto del fiscal com­pact, che la social­de­mo­cra­zia euro­pea nelle sue varie decli­na­zioni ha pro­mosso e accettato.


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